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Edda "odia i vivi"

Stefano "Edda" Rampoldi, ex cantante dei Ritmo Tribale, band di culto della scena rock italiana dei primi anni '90, è tornato con "Odio i vivi", secondo album solista, uscito a due anni di distanza da "Semper Biot". Dieci brani elaborati, in un intreccio di elettricità ed orchestrazioni, testi visionari e torbidi, una voce che urla, geme e divora fin nelle viscere chi la ascolta; un disco a metà tra oscurità e redenzione, intenso, torbido, violentemente emotivo. Un disco di stupefacente intensità ed agonia, allegoria ed espressione del dolore immedicabile, emblema di un'impietosa ed inevitabile sofferenza.

Ad accompagnarlo, oltre a Walter Somà (coautore dei brani), Alessandro "Asso" Stefana (chitarra elettrica, organo), Stefano Nanni (arrangiamenti orchestrali), Francesco Arcuri ("strumenti giocattolo"), Mauro Nottolini (trombone, tromba, flicorno) e Sebastiano De Gennaro (batteria). 

RocKontiki, San Benedetto del Tronto, OperO Events - Seduta per terra, a gambe incrociate, assisto al suo concerto. La voce violenta, che ti lacera dentro, l'enorme e luminosa luna piena che in alto veglia muta e il mare di una domenica di inizio giugno a fare da palcoscenico. Oscurità, espiazione, kharma, vita e morte, eros e fango. Il lungo inabissarsi nell'angoisse de vivre, l'autodistruzione, l'assenza prolungata dalle scene, il faticoso ricostruirsi costruendo ponteggi, l'ossessione per le donne e per il sesso, la musica come anestetico, il tentativo di uscire dalle tenebre mostrando il proprio dolore agli altri… Vulnerabile, autentico, ironico e nichilista, ecco Edda e la sua visione del mondo, descritta con l'ironia pungente che lo contraddistingue e fa da contraltare alla sue insicurezze e fragilità, alle amare riflessioni esistenziali. 

Le differenze tra "Semper Biot" e "Odio i vivi" sono notevoli, il tuo primo album solista era acustico, poco elaborato, spoglio (non a caso "semper biot" in milanese significa "sempre nudo") nel secondo il sound abbina elettricità e suoni classici, le canzoni sono rivestite da archi e ottoni, c'è un'alchimia di suoni particolare.

Sicuramente non volevo fare un altro disco come Semper Biot, in quel momento non volevo avere una band, nonostante fossero passati dieci anni dai Ritmo Tribale non me la sentivo; adesso posso dire di avere una band, questi musicisti sono dei gioielli. In realtà non potrei dire che sono la mia band perché equivarrebbe ad affermare che Jimi Hendrix suona per te, mentre sono io a suonare per loro. Questo disco è diverso rispetto al primo perché il produttore, Taketo Gohara, voleva fare un esperimento: usare l'orchestra, quindi suoni classici, ed abbinarli ad un disgraziato come me che suona una musica molto sgangherata. Io inizialmente temevo che potesse venir fuori qualcosa di simile all'album che ha fatto adesso Vasco Rossi o che hanno fatto con le canzoni di De Andrè, mettono l'orchestra e a me così avrebbe fatto veramente schifo. Poi ho capito che non sarebbe stato così, il risultato finale mi piace, è un esperimento molto ben riuscito di Taketo, il merito è tutto suo. Quel magma sonoro che senti dentro lo ha fatto lui…noi, anzi loro, lo hanno suonato ed io l'ho cantato.

Non è cambiata la presenza di Walter Somà e Taketo Gohara come principali collaboratori. Come li hai conosciuti?

Walter Somà lavorava nella comunità in cui ero finito per disintossicarmi; siccome una volta disintossicato non me ne andavo più via… in realtà col tempo è nata un'amicizia. Invece Taketo è venuto fuori grazie alla mia casa discografica, la Niegazowana Records, che cercava qualcuno; lui si è proposto e come fai a dire di no a Taketo? Impossibile tirarsi indietro di fronte ad un nome come il suo!

La scrittura dei tuoi testi è sempre piuttosto scarna, come nasce? Ho letto che ti capita di usare la tecnica del cut up, apri delle pagine a caso nei libri e prendi ciò che ti ispira e in cui riconosci qualcosa di te.

Un tempo facevo così, adesso ascolto un po' di Radio Maria… no, scherzo, si tratta di tutte cose che mi colpiscono, magari sentite in giro. I testi vengono dopo la musica, comincio a cantare una melodia e automaticamente vengono fuori le parole. Quando crei una melodia sei in uno stato emotivo particolare, un po' come un orgasmo, perché in quel momento il tuo coinvolgimento ti smuove dentro delle cose. Un tempo cercavo le parole su un libro, adesso vengono fuori quasi automaticamente, all'inizio può sembrare che non abbiano un senso compiuto ma a livello di subconscio ce l'hanno e piano piano si forma il testo.

Hai un modo di cantare e una voce molto particolare, a volte non è facile distinguere le parole, non sempre risultano scandite; nonostante ciò le canzoni arrivano dritte allo stomaco di chi le ascolta.

Mi ricordo che ascoltavo Bennato da ragazzino o i primi dischi di Pino Daniele e certe cose non le capivo perché non capisco il napoletano. Al tempo stesso mi colpivano a livello emotivo.

Sei scomparso dalle scene per tredici anni dopo aver lasciato i Ritmo Tribale. Cosa ti ha spinto a tornare?

Io ho rovinato la vita ad un gruppo, ho troncato la mia e la loro carriera in un momento in cui avremmo potuto benissimo andare avanti; ancora oggi non so spiegare esattamente cosa mi sia successo. Sono ritornato a cantare perché ad un certo punto stavo meglio, probabilmente si tratta di un'illusione ma cantando mi sento un po' meglio, poi dura quello che dura. E' un modo di giocare con l'illusione che però non ha degli strascichi, non ha effetti collaterali così devastanti, anche se non è uno scherzo neanche suonare, entri pur sempre in una dimensione che ha il suo rovescio della medaglia come le altre. Lavorare magari ti aliena e ti trasforma in uno schifo di persona, ma anche vivere esclusivamente di musica potrebbe diventare ad un certo punto un po' rischioso. E' molto difficile avere un equilibrio nelle cose. Passata l'adrenalina del live hai la vita reale. Purtroppo faccio un lavoro abbastanza pesante che mi occupa un sacco di ore, non sono neanche più un bambino, ho quasi cinquant'anni e sono sempre più confuso. Se a vent'anni essere confusi ci poteva anche stare, a cinquanta è diverso.

La musica riesce a riempire dei vuoti, funge un po' da anestetico? E' un modo per esorcizzare l'angoscia di vivere?

Esorcizza delle angosce ma te ne crea delle altre; è la coperta ad essere un po' corta, se la tiri da una parte ti scopri dall'altra. Però spero di continuare a farla, nella mia stanzetta o ai concerti; l'importante è non abbandonare questo mezzo. Quando suono sono contento, oggi è domenica e sto bene; di solito la domenica soffro come un cane, sto malissimo, la accomuno probabilmente a tutta una serie di paranoie che quel giorno della settimana non riesco a tenere a bada, finché non rischiano di scoppiarmi in mano. Oggi invece, nonostante sia domenica, è stata una bellissima giornata. Si tratta di energie, quando sei sul cavallo di una buona energia stai a posto. 

Come riesci a conciliare il tuo lavoro di operaio col fare musica? Costruire ponteggi rappresenta una sorta di espiazione dopo aver cercato a lungo di distruggerti con l'eroina?

Quando sono uscito dal cancello della comunità di recupero in sella alla mia bicicletta non sapevo dove andare a cercare lavoro. L'ho trovato a 35 km di distanza; sai, ho preso la patente solo tre anni fa, ora guido anche il camion, cosa che mi spaventa più di stare sui ponteggi; così, ogni giorno, dopo dodici ore di lavoro, percorrevo 35 km con la mia bici. Trentacinque all'andata, in discesa, e trentacinque al ritorno, in salita. L'ho scelto come una forma di austerità, quasi una punizione, avrei potuto studiare nella vita ma non riuscivo nonostante mi impegnassi. Provenire da una famiglia che ha i mezzi e non provare a studiare era quasi un sacrilegio, visto che c'è tanta gente che è costretta a fare grandi sacrifici pur di studiare. A me invece veniva data la possibilità di farlo su un piatto d'argento, il problema era che studiare non mi interessava; quindi sono finito a fare un lavoro abbastanza pesante. Un tempo lo si faceva per i soldi, adesso non ci si arricchisce neanche con i ponteggi, è rimasto solo un lavoro duro. Come tutti i lavori duri è alienante, ti porta via tantissimo tempo, dodici ore al giorno, anche se richiama quasi una forma di yoga, l'ashtanga yoga, che è quello che si fa con le posizioni. Metti il tuo corpo in posizioni che sono anche faticose, ciò che mi stressa però non è tanto la fisicità del lavoro, bensì l'ambiente. Quando fai yoga, nonostante la fatica, accarezzi la tua mente, invece lì viene violentata. Siamo noi il problema, è una guerra tra poveri, oltre al padrone che non è esattamente uno stinco di santo, ci siamo noi, gli schiavi di noi stessi. Non ho trovato un ambiente in cui ci si aiuta, si è solidali, si tratta di persone che provengono da situazioni molto più difficili della mia, per cui per loro avere un lavoro è già tanto.

I tuoi genitori come vivono il fatto che tu sia un cantante?

Io ho avuto un rapporto difficile con i miei genitori anche se ho fatto di tutto per essere un bravo ragazzo e non deludere le loro aspettative, sapevo cosa un genitore si aspetta da un figlio e avrei voluto a tutti i costi dar loro questa soddisfazione, ma non ci sono riuscito. Adesso certamente è un momento più allegro rispetto a quando mi drogavo. Da anziani si diventa quasi degli extraterrestri, oggi sono un po' più tranquilli visto che ormai stanno partendo per un altro mondo, così sono un po' più tranquillo anch'io. 

Ti posso girare una domanda che tu stesso hai rivolto a Walter Somà in un'intervista? Anche tu, come lui, sei vegetariano… come possono convivere questi due lati di te, l'estremo rispetto verso la vita degli altri e l'aver quasi distrutto la tua vita?

Anche quando mi drogavo non ho mai mangiato carne, rinunciarci non è mai stato così complicato; volersi bene, accettarsi invece è sempre stato difficile. A volte a queste situazioni si può dare un altro tipo di lettura, nella cultura indiana ad esempio, certi problemi come la tossicodipendenza, la follia o una malattia nascono da un karma negativo. Mi si potrebbe obiettare che una malattia non si sceglie, ma neanch'io mi sono scelto quella situazione mentale da deficiente che mi ha portato a drogarmi; quindi, con tutto il rispetto per le persone malate, a volte potrebbe trattarsi di debiti karmici che hai con la vita precedente, che paghi con una situazione difficile che ti fa soffrire tanto; io invece di avere l'epatite ho avuto sei anni di tossicodipendenza. Non so, è un modo diverso di dare una spiegazione, non è stata certamente una bella passeggiata.

Perché odi i vivi?

Perché i vivi muoiono, perché la morte, la malattia, la vecchiaia e la nascita sono dei problemi. Se non ci fossero queste quattro cose avremmo risolto i nostri problemi, non so come si possano evitare allo stato attuale della realtà, ma senza di loro credo che si starebbe un gran bene.

Mi sembra che il filo conduttore di "Odio i vivi" sia la pulsione verso la vita e la pulsione verso la morte, l'Eros e il Thanatos, è giusto?

Sì, esattamente la pulsione verso l'eros. Ho quasi una compulsione nei confronti del sesso che poi potrebbe essere visto come un modo per esorcizzare la morte, è la non accettazione della sofferenza.

Freud nella sua opera "Al di là del principio del piacere" ha affermato che il piacere si pone al servizio delle pulsioni di morte, sei d'accordo? Qual è il tuo rapporto con la libido e con la sessualità?

Io ho un rapporto con la sessualità molto strano, è sicuramente una necessità fisica, chimica, quindi qualsiasi modo mi aiuti ad appagarla va bene. Allo stesso tempo soffro di una disforia post coitale, cioè una volta raggiunto l'apice ho un rigurgito, provo una vertigine, una sensazione di vuoto. Se mi masturbo non ho problemi perché sto con me stesso; ma quando sto con una persona, se avessi un bottone da schiacciare per farla sparire lo farei, senza odiare nessuno, proprio perché dopo questa sublimazione chimico-fisica, cioè la forte sensazione dell'orgasmo, ripiombo dentro una situazione che mi spaventa. Penso di aver capito quello che diceva Freud, nel mio caso penso che funzioni così. In fondo siamo chiusi in una gabbia dalla quale cerchiamo di uscire col sesso e per cinque-sei secondi ci riusciamo, nel momento in cui liberiamo l'energia, poi però ci schiantiamo di nuovo contro il muro.

In Odio i vivi molte canzoni sono dedicate a ritratti femminili e ne portano anche il titolo, Emma, Anna, Marika, Tania. Che rapporto hai con le donne, esistono quelle di cui parli?

Esistono sì, sono state quasi tutte mie fidanzate in questo anno. Io non riesco a stare con una donna sola, ho paura, non ce la faccio, per cui cerco sempre di portare un'altra persona nel rapporto, potrebbe anche essere un suo fidanzato, non è una questione di orge; ti faccio un esempio, se guido e sono solo ho paura, se ci sei tu con me sono tranquillo. In questo caso dobbiamo essere in tre, o in quattro, cinque, sei, sette…io conosco due casi come me, uno è Pupo che ha due mogli e l'altro era Vittorio De Sica. Io comunque non mi fermo a due, ma quando le mie donne diventano consapevoli di ciò mi lasciano, all'inizio ci provano, poi non riescono ad accettarlo anche perché con te oggi l'ho spiegato bene, con loro il problema è anche quello di riuscire a far capire cosa intendo, perché in realtà non so esattamente cosa ho in testa, forse una holding, una comune, qualcosa del genere.

Sono almeno lusingate del fatto che tu abbia dedicato loro delle canzoni?

Penso che gli faccia piacere, però in certi momenti mi hanno odiato per tutto quello che è successo, per tutti questi "tradimenti", per cui altro che canzoni, sai dove me la mettono la canzone!

In Anna canti "l'amore diventa merda dopo due settimane, i miei amici hanno figli e io ho sempre fame". Hai mai pensato all'idea di avere un figlio?

Io non sento l'esigenza di fare figli perché la realtà così com'è non mi piace, non vorrei mai avere un figlio che dovrà poi andare a scuola, lavorare, soffrire…sono sicuro che se facessi un figlio non sarebbe mai come me e mai vorrei che lo fosse, per me la vita è una cosa difficile e problematica, non vorrei mai regalare a nessuno una vita e neanche togliergliela naturalmente. Non mi sembra una bella giostra. Per quanto riguarda l'amore penso, come ti dicevo prima, che per funzionare almeno bisogna essere in tre o in quattro, cinque…sennò in due vai in corto circuito; in fondo mi basterebbe anche il triangolo.

Come immagini la tua morte? 

Io l'aspetto, l'aspetto. Se mi dicessero che domani muoio, mi dispiacerebbe per la musica, ma per il resto…se mi chiedessero di scegliere tra altri dieci anni di ponteggi o la morte, ci metterei subito la firma, direi "fammi morire", sperando di riprendere da un'altra parte. Io non ho paura della morte perché spero di tornare in una situazione migliore, tutto quello che sto facendo in questa vita è cercare di migliorare come uomo, come anima. Poi, se non dovesse esistere niente, tanto morire si doveva, non sto parlando di Paradiso, bensì di reincarnazione. Da quello che mi hanno detto, per finire nel mondo spirituale devi essere un po' spirituale… ora, morto di figa come sono, con tutti i problemi che ho, non credo che il paradiso sia ciò che mi aspetti e probabilmente mi annoierei anche. Mi toccherà rinascere un'altra volta, spero comunque di trovarmi su un altro pianeta o in una situazione storica che mi permetta di andare in alto e non in basso, di evolvermi un po'. Ho questa illusione che forse Krishna mi farà questo regalo.

Come ti piacerebbe rinascere?

Se dovessi rinascere sulla terra, mi piacerebbe rinascere ancora musicista, magari un po' più bravo.

Montale ha scritto che "la vita oscilla tra il sublime e l'immondo, con qualche propensione per il secondo". Sei d'accordo?

Io non la trovo sublime la vita, ho più una visione leopardiana, di una natura matrigna. Sì, puoi avere dei momenti sublimi, tuoi, ma basta che ti guardi un attimo accanto per accorgerti che altri non ce l'hanno; la vita è un'eterna sofferenza. Io parteggio per quelli che mi hanno spiegato che questa è una valle di lacrime anche se è un'espressione cristiana che non mi piace; è un oceano di sofferenza, diciamo così, con un lessico che si avvicina di più a quello Hare Krishna; quello che Montale chiama "sublime" io potrei tradurtelo con "una goccia d'acqua nel deserto" e me ne sciacquo veramente le palle. Anche se tante cose mi danno emozioni belle, il sesso, la musica...dentro c'è un'angoscia esistenziale fortissima.

Quindi cos'è per te la felicità?

La felicità non è la mancanza della sofferenza, ma deve essere una felicità esponenziale, cioè deve iniziare e diventare sempre di più, sempre di più; come quando ti droghi e ti entra l'eroina in vena, i primi trenta secondi stai per esplodere, sale, sale, sale…dicono che nel mondo spirituale sia questa la sensazione che provi; come un orgasmo, quando arriva lo senti, poi cede, la felicità deve avere una partenza orgasmica ma che non finisce più. Il resto non conta nulla. 

Nel video di Odio i vivi c'è la presenza di una pornostar, la Venere Bianca. 

E' bello quel video perché è un piccolo documentario. Io volevo apparire il meno possibile, come in copertina, visto che non mi piaccio; per questo ho messo quelle enormi tette, volevo qualcosa che mi piacesse. L'idea è del regista, Fabio Capalbo, la proposta mi è piaciuta molto perché è legata al sesso. Lei è una pornostar, quindi è energia sessuale; vive il sesso con una libertà che è la stessa con cui lo vivo io, fatto da lei diventa artistico, fatto da me è visto semplicemente come quello di un povero perverso, un segaiolo. La Venere Bianca vive questa energia senza ipocrisia, in realtà quello che fa lei lo facciamo tutti, io, mia mamma, tu… un pompino in casa non è diverso, ma siamo tutti castrati forse da una religione che non ha niente a che fare con la spiritualità. Sì, il cattolicesimo è un tentativo, però a volte meglio non farli certi tentativi, meglio lasciar perdere. 

Hai detto che la tua faccia non ti piace, per questo non l'hai messa sulla cover di Odio i vivi, ma ho visto le foto che ti sono state scattate per la copertina della rivista Blow up, sono bellissime.

A me fan cagare, sembro il povero Lele Mora! Dal vivo non sono bello, ma neanche in foto… è una situazione un po' castrante, speriamo nella prossima vita!

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