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E gli USA divennero una grande "socialdemocrazia"

Il tanto vituperato George W. Bush, profittando del fatto di essere ormai agli sgoccioli del suo secondo mandato, e di non dover più rendere conto a nessuno, ha in buona sostanza ammesso che il Liberismo economico, per come lo abbiamo conosciuto sui libri, non esiste più.


Bush ha infatti messo a segno quella che potrebbe essere ricordata dagli storici come la decisione più importante del suo doppio mandato presidenziale, ben più della guerra preventiva o addirittura della reazione all’11 settembre.


Tra gli impegni del dottorato e quelli della tesi, non ho potuto commentare la più importante decisione di politica economica mai presa da un Presidente statunitense dai tempi del New Deal di Franklin Delano Roosevelt. E il paragone è solo storico, perché la decisione di Bush è quantitativamente superiore a quanto FDR fece spendere alle casse statali. Qui avete un riassunto di tutte gli interventi dello Stato federale americano nell’economia del Novecento.

Il tanto vituperato George W. Bush, profittando del fatto di essere ormai agli sgoccioli del suo secondo mandato, e di non dover più rendere conto a nessuno, ha in buona sostanza ammesso che il Liberismo economico, per come lo abbiamo conosciuto sui libri, non esiste più.


Bush ha infatti messo a segno quella che potrebbe essere ricordata dagli storici come la decisione più importante del suo doppio mandato presidenziale, ben più della guerra preventiva o addirittura della reazione all’11 settembre.

Non solo Bush ha deciso di far spendere al Tesoro americano la mostruosa cifra di 700 miliardi di dollari per evitare un nuovo 1929 (anzi, una crisi ben peggiore, con ogni probabilità), ma soprattutto ha ipotizzato la creazione di un nuovo ente federale (leggete: statale) con il compito di acquistare le azioni il cui valore è crollato, comprate in modo non oculato da quelle banche e da quelle finanziarie private che, teoricamente, in un sistema di libero mercato capitalistico, dovrebbero essere responsabili in solido delle proprie scelte finanziarie ed economiche.

Praticamente, il nuovo ente, funzionerà come una sorta di immensa rete di salvataggio sotto al (non più) libero mercato statunitense. Qualcosa di molto vicino al modo socialdemocratico di intendere il mercato, dove alla fine di tutto è comunque previsto un intervento statale ad aggiustare le cose più gravi. Questo non significa davvero che gli USA siano entrati nel socialismo democratico, dal momento che continua a mancare quel welfare state tipico delle nazioni socialdemocratiche. Significa però che l’intervento (pesantissimo) dello Stato in economia è una barriera caduta per sempre anche da parte dei politici Repubblicani.


Non finisce qui: la Federal Reserve ha anche acconsentito al cambio di fisionomia giurdica della Goldman Sachs e della Morgan Stanley, che per questo periodo di transizione, nel tentativo di evitare la bancarotta, passeranno dall’essere banche d’investimenti a holding in grado di prendere in prestito fondi federali della stessa Federal Reserve.

Chissà che coccolone sarà preso al povero senatore Repubblicano del Kentucky, Jim Bunning, il quale, quando il Ministro del Tesoro, il Repubblicano Paulson, aveva salvato giorni fa le due finanziarie Freddie and Fannie, aveva ululato: "Paulson si comporta da socialista e dovrebbe dimettersi!" E ora che Bush ha compiuto davvero un gesto da socialista, cosa farà Bunning? Chiederà asilo in Svizzera?

Tra poche ore, oggi, il Congresso statunitense, a maggioranza Democratico, voterà in favore del provvedimento presentato dal Presidente. Ma nel frattempo, il ruggito socialista degli Stati Uniti si fa internazionale: "We are talking very aggressively with other countries around the world and encouraging them to do similar thing," ha dichiarato il Ministro Paulson in un’intervista alla ABC News TV e ha aggiunto "I believe a number of them will." La prima nazione a poter seguire gli USA lungo questa strada socialdemocratica potrebbe essere proprio il Canada del Conservatore Harper, attualmente pure in campagna elettorale per le elezioni politiche anticipate del prossimo 14 ottobre.

E naturalmente, i risultati delle elezioni politiche negli USA e in Canada rischiano di cambiare radicalmente, davanti a tutto questo. Se la decisione "socialista" di Bush è stata subito approvata da Obama e dal Democratic Party, McCain l’ha invece criticata. La cosa ha fatto ancora una volta invertire i sondaggi, e ora è il candidato Democratico a essere in testa. In generale, l’americano medio è terrorizzato dalla situazione economica e vuole soprattutto vedere all’opera politici che sappiano prendere decisioni forti e anche fortissime pur di evitare la più grande crisi economica di tutti i tempi.

In Canada, invece, la rielezione dell’attuale Premier Conservatore, Harper, non pare essere in pericolo, sebbene forse anche questa volta non riuscirà - di poco - a ottenere una maggioranza assoluta in Parlamento, prendendo il 38% dei voti in un sistema maggioritario a turno unico. La partita, a quanto sembra, si giocherà tutta in Ontario e nel Quebec, dove per la prima volta i Conservatori sembrano orientati a sconfiggere i loro avversari Liberali e Quebecchesi proprio nei loro feudi. Per i Liberali sarebbe una sconfitta cocente, che pagherebbe per intero l’attuale leader, Stephane Dion, giudicato dalla maggioranza dei canadesi come "indeciso" e "inaffidabile". Ottimo invece l’exploit dei Verdi, che dovrebbero raggiungere il 10% e saranno penalizzati dal sistema elettorale, buonissima l’affermazione del Partito Neo-Democratico (Socialdemocratici) che dovrebbe aggirarsi poco al di sotto del 20%. In discesa clamorosa il Partito quebecchese (sul 7%, ma tutto preso in Quebec, e quindi potenzialmente foriero di seggi più di quanto possa fare l’NDP) e malissimo anche i Liberali, attorno al 22%.

Ma Harper ha già governato due anni e mezzo facendo sostanzialmente ciò che le opposizioni gli consentivano di fare. Si appresta a continuare così?

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