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 Home page > Tribuna Libera > E al governo c’è sempre Berlusconi

E al governo c’è sempre Berlusconi

Casualmente – come accade la maggior parte delle volte – una mia amica mi fa leggere una pagina di un libro:

Ho undici anni. È il mio esame di quinta elementare. Sto per cominciare una penosa esibizione musicale: Yesterday con una pianola. Sudo freddo. Mi blocco. Sol-Fa-Fa. Sento gli occhi di tutti addosso. Al governo c’è Berlusconi.

Sono maggiorenne, finalmente tutto può cambiare, o forse niente. Sdraiato sulla spiaggia di Sabaudia, la mia testa è sulle gambe di una ragazza, è già notte fonda, è da poco estate, forse ci prendiamo un malanno. Al governo c’è Berlusconi.

È un pomeriggio di dicembre, la signora-commissario mi dice: torniamo alla scuola guida. Faccio per prendere una strada, però è quella sbagliata. Ma che fa, va contromano?, chiede stizzita la signora-commissario. Penso di essermi giocato la patente. Al governo c’è Berlusconi.

La prima volta? L’esame di maturità? La visita di leva (un attimo prima che fosse abolita)? La laurea cosiddetta triennale? Governi Berlusconi II, III, IV. Mi sento costretto a concludere che niente di decisivo nel la mia vita fin qui è accaduto senza che ci fosse, da qualche parte, Silvio Berlusconi.

Questa non è una cosa bella, né brutta. È una cosa vera.

Il libro in questione: “Dove eravate tutti” di Paolo di Paolo.

Casualmente proprio oggi che su tutti i giornali e i tg rimbalza la notizia che Berlusconi si arrende e con “travaglio” (ogni riferimento a persone esistenti o a fatti realmente accaduti è puramente casuale) dà la fiducia al governo. Cosa mi colpisce di più?

Partiamo dalla ovvia considerazione che quando penso a Silvio non posso non paragonarlo ad un novello Highlander, immortale ed eterno…ad un gatto nero dalle 7 e passa vita…ad un redivivo Faust che ha venduto anima e corpo a Belzebù! E la lista di associazioni potrebbe essere ben più lunga e poco adulatoria.

Ma oltre Silvio c’è di più… per riprendere un ritornello famoso. Quello che davvero mi lascia senza parola è l’assoluta staticità. Per 20 anni e più tutto fermo e immobile (se si escludono le leggi ad personam & similari). Anni di governo in cui non si è costruito nulla. Tutt’altro. Si è distrutto anche quel poco che c’era. L’Italia è diventata un paese che si regge sulle macerie: lavoro in crisi, disoccupazione alle stelle, dissacrazione della scuola, delle università e di ogni strumento di cultura; sanità allo sfascio, economia che fa i conti con uno spread sempre più impazzito e una giustizia che non sa fare “giustizia”.

Anni di governo in cui si è giocato al rimpastone: stesse persone che si scambiavano ministeri e cariche. Un rimpastone che ha coinvolto persone incompetenti, indagate e perfino condannate. Si è tagliato su tutto tranne su quello che davvero andava tagliato. Giochi di potere e di soldi, che poco hanno riguardato, in realtà, gli interessi del bel paese. Giochi che hanno coinvolto - e continuano a coinvolgere - tutti, indistintamente.

Perché se è vero che un cittadino medio “campa” con uno stipendio medio di 1200 euro e deve pure “faticare” per guadagnarselo, oltre a pagarci le tasse ovviamente, loro piangono miseria, si cumulano stipendi, hanno rimborsi spese da capogiro e tutto senza neanche presenziare in Parlamento per far finta di meritarselo. E fanno anche di più: si assicurano pensioni d’oro dopo qualche anno di legislatura e varano decreti che istituiscono fondi per parlamentari in crisi.

Anche se è un’ipotesi assurda che loro possano perdere il "posto", non sono certo “assunti”, non rischiano il licenziamento per fallimento dell’azienda, non hanno vincoli contrattuali, nessun cartellino che conti le assenze ingiustificate. I soldi per certe cose li trovano sempre, per altre pure. Basta alzare qualche tassa tipo l’Iva, istituirne delle nuove come l’Imu, far pagare i contribuenti che non possono evadere…

E il bello che la famosa staticità di cui parlavo prima è contagiosa assai. Perché? Perché tutti noi siamo fermi a guardare! E vi assicuro che qui non siamo al cinema, non è un film quello che vediamo. Loro non sono attori.

È semplicemente la nostra peggiore realtà.

 

 

Foto: Ciupix/Flickr

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