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Droga dello stupro e carcerazione preventiva

Una riflessione sul sistema giudiziario e sulla carcerazione preventiva, prendendo spunto da un fatto di cronaca.

«Droga dello stupro? Nessuna traccia»; svolta nel caso del festino in Valdera

Si tratta di un fatto strettamente locale, ma riguarda la vita e la libertà di due persone e, soprattutto, è una rappresentazione di come funziona la giustizia in Italia.

La notizia è di pubblico dominio, quindi mi posso permettere di esprimere la mia opinione.

Nessuno aveva assunto quella droga, né i presunti stupratori né la presunta vittima. Lo provano le analisi dei capelli. Non so (nessuno lo sa se non i protagonisti) se i due ragazzi che sono in galera da quattro mesi siano colpevoli o no, ma è evidente che la notizia fa crollare come un castello di carte la maggior parte della teoria accusatoria. 

Io sono un garantista ad oltranza, lo ammetto. 

Sono anche contrario in linea di principio alla carcerazione preventiva, resto dell’avviso che in un paese civile nessuno sia colpevole e nessuno meriti di finire in galera prima di un giusto processo nel quale venga provato, al di là di ogni ragionevole dubbio, le ragioni dell’accusa.

Purtroppo, a mio parere, in Italia il potere dei PM è eccessivo. Di fatto possono disporre a loro piacimento della libertà e della vita delle persone. La custodia cautelare talvolta viene perfino utilizzata come forma di “tortura” per ottenere confessioni.

In Italia il 40% dei detenuti non sconta una condanna definitiva, è in galera in attesa di processo. Un dato sconvolgente, che dimostra l’inefficienza del sistema giudiziario italiano se confrontato col 23,7% della Francia, col 15,3% della Germania, col 19,3% della Spagna, col 15,3% dell'Inghilterra, col 28,5% della media dei Paesi del Consiglio d'Europa.

Il bello, si fa per dire, è che oltretutto la custodia cautelare ci costa uno stonfo: ogni giorno che un innocente passa dietro alle sbarre costa 250 euro ai contribuenti, in totale circa mezzo miliardo all'anno.

Sostanzialmente si può dire che, in Italia, abbiamo un sistema che è rigoroso e punitivo a priori ed altrettanto inefficiente, ingiusto e lassista a posteriori. Molti detenuti in custodia cautelare che non sappiamo se sono colpevoli, e d’altra parte non abbiamo alcuna certezza della pena per i delitti conclamati. Insomma: troppi delinquenti in libertà e troppi innocenti in galera che, dopo il giudizio, verranno assolti. Per molti cultori del diritto la carcerazione preventiva, che con eufemismo viene definita custodia cautelare, è un obbrobrio giuridico che dovrebbe essere, quantomeno, ridotto al massimo, solo nei casi di conclamata pericolosità sociale, pericolo di fuga o inquinamento delle prove.

Elementi che, a mio parere, non sussistevano nel caso specifico di cui si parla.

Perfino per Papa Bergoglio la carcerazione preventiva è una «pena occulta» se diventa condanna anticipata a fronte solo di «sospetti più o meno fondati». Dopo le analisi dei capelli, le probabilità che i due ragazzi che sono in galera siano innocenti sono quantomeno elevate. 

A questo punto ci dobbiamo porre delle domande: perché questa analisi non è stata fatta subito, prima di mettere in galera gli indagati? In attesa delle indagini non si poteva ricorrere, meno invasivamente, alla misura degli arresti domiciliari? E ancora: se nessuno ha assunto la droga, e nel contempo nei bicchieri la droga pare sia provato ci fosse, la logica porterebbe a pensare che, nei bicchieri, qualcuno ce l’abbia messa dopo. Chi? Perché? Se i ragazzi risultassero innocenti dopo essere stati massacrati dalla pubblica opinione e da alcuni giornali, chi li ripagherà del male che hanno subito? Continueranno ad essere additati come possibili stupratori anche se risultassero innocenti? 

Ma soprattutto: i due ragazzi resteranno ancora in galera? 

Questo articolo è stato pubblicato qui

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