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Dopo le elezioni: possibile un governo Monti bis

E' quel che si ricava da un'intervista rilasciata da Bersani a "La Repubblica" a cui è opportuno prestare attenzione.

In particolare a quel: “La prospettiva è quella di un'alleanza di governo tra forze progressiste e moderate” che dice chiaramente, per quanto chiaro può dirlo un politico, come l’obiettivo del PD sia quello di governare il paese assieme al terzo polo.

Si tratta di una prospettiva assolutamente realistica, anche alla luce dei sondaggi, e di una scelta, forse difficile per una parte della democratica, sicuramente fatta nell’interesse del paese; la diminuzione dello spread di questi giorni non significa la guarigione dell’Italia, solo la sua uscita da una situazione d’immediato pericolo, e resta le necessità di una serie di riforme che potranno essere realizzate solo se a farlo sarà un governo dotato della più ampia maggioranza possibile.

Una altro paio di affermazioni del Segretario del PD completano il quadro di quel che potrebbe essere il futuro della nostra politica.

Bersani, infatti, con sano realismo (e questo, quando si ricorda d’averlo, è certo una della sue doti), si dice disponibile a rinunciare alla propria candidatura alla Presidenza del Consiglio, automatica ai sensi dello statuto del suo partito; ovvio che una tale scelta favorisca la formazione dell’alleanza di cui sopra e, ancora, che sia una presa di coscienza del fatto che, al di là dei limiti personali che forse egli stesso si riconosce, proprio il suo essere alla guida di un partito, che per quanto possa essere oggi di maggioranza relativa (sempre stando ai sondaggi) gode della fiducia di solo un quarto dei cittadini, lo renda inadatto a compiere quelle scelte, ormai ineludibili, che, comunque, scontenteranno larghe fasce delle nostra società.

Preso atto che un nuovo governo Monti, secondo Bersani, non è da escludere, “quello che conta è che si determini una maggioranza politica. Il tasso tecnico dei governi non è la questione principale”, basta tirare le somme: se si riesce a convincere Monti a continuare (e non è detto) sarà lui, che il Segretario piddino lo dica esplicitamente o no, a dover cercare di far ripartire l’Italia, dopo averla salvata.

Inutile dire che molti della sinistra più radicale torceranno il naso e che tutti a destra avranno gli stranguglioni. Un’alleanza, ovviamente aperta a chi tra gli altri vorrà starci (penso alla IDV) tra PD e terzo polo, con Monti candidato premier, vincerebbe le prossime elezioni a mani basse e molto, nel Paese prima che nella politica, non potrebbe che cambiare; un rischio mortale per i nostri sempiterni bigotti che, per un motivo o per l’altro, fanno della difesa dello status quo l’unica loro ragione d’esistere. 

Detto questo, e dopo aver costato che, purtroppo, sul tema Tav Bersani non riesce ad andare oltre la solita aria fritta (si fa perché si è deciso di farla. E’ troppo sapere in base a quali numeri, dato che quella decisone fu presa in base a previsioni clamorosamente sbagliate, si insiste in quello che sembra un pessimo investimento?), come pure che, data la composizione della maggioranza che sostiene l’attuale Governo, resteranno tali, per il momento, i suoi pii desideri per quanto riguarda la giustizia e la Rai, non resta, specie a me che l’ho spesso criticato, che dar ragione al Segretario del PD quando, nell’unica nota polemica nei confronti di Monti contenuta nell’intervista, afferma che “i partiti non sono tutti uguali”: Monti non avrebbe potuto ottenere alcun risultato, specie considerando le isterie e le paranoie delle varie anime del PdL, senza il leale sostegno offerto fin qui dal PD al suo governo.

E’ qualcosa di cui il Presidente del Consiglio sicuramente si darà conto e su cui dovrebbe riflettere, quando, rivaluterà, come spero, la sua decisione di abbandonare la politica alla fine del proprio mandato: dimostra nei fatti che l’alleanza prefigurata da Bersani (e un democristianissimo come Monti riconoscerà da dove arrivi; il suo essere la traduzione per il nuovo millennio del “compromesso storico”) può funzionare e non solo dal punto vista della contabilità elettorale.

Una soluzione che pare l’unica praticabile, quasi una scelta obbligata, a chi guardi alla realtà della nostra politica; perlomeno se si vuole che il paese inverta la rotta e non prosegua nella deriva “sudamericana” dell’ultimo ventennio.

Una scelta che non piace al compagno Massimo “Navigator” D’Alema: quasi una garanzia che sia quella giusta. Dice l’intelligenza più sopravvalutata dagli italiani: “un governo Monti dopo le elezioni del 2013 sarebbe una resa della politica”.

Massimino, sapessi quanti anni fa si è arresa, la nostra politica. Da quando ha anteposto altro al bene dell’Italia. Ricordi “le televisioni non sono un problema” e “Mediaset è una grande risorsa del Paese”?

Bene, lì la nostra politica era già prigioniera di guerra. Peccato che tu non te ne rendessi proprio conto. Mai pensato di cambiare mestiere?

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