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Donna non si nasce lo si diventa

Ricordiamo alcuni titoli: L’invitata, I Mandarini, Memorie di una ragazza perbene, La forza delle cose, Una donna spezzata, A conti fatti.

Donna anticonformista, passionale e innamorata la scopriamo così nelle lettere che indirizza a Nelson Algreen 1947-1964. Quando appare Il Secondo Sesso il femminismo di massa ancora non era in atto, seppure in un secondo momento ne abbraccia le convinzioni, quello che preme soprattutto a Simone de Beauvoir è l’avvenire e l’esistenza della donna, non una brutta copia dell’uomo fabbricata da lui.

Da maggio a luglio 1948 la rivista Les temps modernes, diretta da Jean-Paul Sartre e da Simone de Beauvoir, pubblica tre estratti di un’opera dal titolo generico: “La donna e i suoi miti”. Appartengono alla terza parte del primo volume del: Secondo Sesso. Salta immediatamente agli occhi di come vengono rappresentate le donne nei romanzi di: Montherland, Claudel e Breton. L’analisi si dimostra severa, il tono tagliente, e le critiche spesso virulenti non si fanno attendere. Allo scrittore americano Nelson Agreen, con il quale è legata, Simone scrive: “(Il secondo sesso) è un’opera importante, mi ci vuole ancora un anno almeno per portarlo a termine, voglio che sia veramente di qualità. Mi fa piacere che la parte pubblicata nei Tempi moderni abbia mandato su tutte le furie un buon numero di uomini: si tratta di un intero capitolo consacrato ai miti aberranti che gli uomini conservano a proposito della donna, e ad una poesia completamente istupidita, che le dedicano. Sembrano essere stati colpiti in un loro punto sensibile.”

Nel giugno del 1949 il primo volume del Secondo sesso viene pubblicata dalle edizioni Gallimard. Il secondo segue nel mese di novembre e ovviamente la critica esterna si scatena.

“Non si nasce donna: lo si diventa, possiamo leggere nelle prime linee del primo capitolo. Nessun destino biologico, psichico, economico riesce a definire la figura che riveste nel seno della società la femmina umana: è l’insieme della civiltà che elabora un prodotto intermediario tra il maschio e l’uomo castrato in seguito denominato femmina”.

Oramai, non si tratta più di evocare solamente dei fatti e di sottomettere all’analisi le forme di mito letterario, ma colpire nel cuore le rappresentazioni collettive. La frase serve anche da pietra angolare nel pensiero femminista della seconda metà del XXe secolo, e quello che enuncia partecipa ad una vera rivoluzione concettuale.

Già nel 1946, Simone de Beauvoir, comincia a considerare un libro sulla “condizione femminile” laddove la sua coscienza si manifesta brutalmente e sulla quale intende pronunciarsi mossa da un sentimento di urgenza. La dominazione dell’uomo sulla donna deve essere analizzata, criticata, smossa da ogni luogo dove si manifesta, il pensiero in tutte le sue varianti, in ogni punto di vista. La biologia, la storia, la filosofia, il pensiero politico, l’antropologia vengono messe alla ribalta per poi fare un processo a questa dominazione, d’altronde cita spesso la parentela della donna con l’operaio, o con quella del Nero americano che le appare evidente- la comparazione verrà spesso ripresa.

“Volendo parlare di me, mi sono accorta che dovevo descrivere la condizione femminile. Tentai di mettere ordine nel quadro che avevo davanti, a prima vista incoerente: in ogni caso l’uomo si poneva come il Soggetto e considerava la donna come un oggetto, come l’Altro. Mi misi ad osservare le donne e andai da una sorpresa all'altra. E’ strano e stimolante scoprire d’un tratto a quarant’anni, una visione del mondo che salta immediata negli occhi ma che prima non si vedeva”.

Simone riesce a formulare in filosofia il rapporto che struttura da millenni la relazione tra uomo e donna: l’uomo vede, la donna viene vista; l’uomo è soggetto, la donna è oggetto, altro, seconda, irremediabilmente; l’uomo è cultura, la donna è natura, prigioniera della sua condizione fisica, di quel ventre che la sottomette al suo destino, quello della maternità. Nel corso della storia senza dubbio, varie voci femminili si sono elevate e continuano tuttora, per protestare contro questa condizione che crea la dominazione di un sesso sull'altro, o per rivendicare dei diritti, civili e politici quando questi vengono meno.



Tuttavia non è la storia del prototipo femminista ad interessarle, né il bilancio delle rivendicazioni sociali e politiche che hanno inciso la prima metà del XXe secolo. La radicalizzazione del suo proposito sta in una convinzione d’ordine esistenzialista: l’esistenza precede l’essenza; in questa prospettiva, non c’è una “natura” femminile, non ha senso riferirsi a delle “essenze” femminili. Perciò mette in moto una critica dei discorsi già esistenti (biologia, psicanalisi, materialismo storico), critica della storia a dimostrazione che “gli uomini hanno sempre detenuto tutti i poteri concreti” dalle rappresentazioni in letteratura (quei famosi “miti” veicolati da immagini contraddittorie, quello della mamma e della puttana, della santa e della donnaccia, della donna sublime e della donna dannata), fino a quello delle “età” della donna, nella sua infanzia, l’adolescenza e della sua iniziazione sessuale, le attitudini adottate nelle quali ci si aliena (il narcisismo, l’amore, il misticismo), un appello infine volto all’affrancamento, l’indipendenza, accompagnato dall’auspicio di vedere un giorno regnare non un’ugualianza nella differenza, alibi e ritornello facile, ma un’ugualianza veritiera, ontologica.

La forza del Secondo Sesso risiede nel denunciare il carattere sociostorico attaccato alla nozione “donna”. L’originalità del libro sta nell’interrogare nello stesso modo sia le scienze umane che la letteratura, poi nel fatto di “divenire donna”, dall’infanzia alla vecchiaia con una riflessione ampia nel campo della fenomenologia. Il coraggio di una tale opera, nella quale l’autrice si implica in prima persona, non mancherà di scandalizzare le donne e gli uomini, sia i lettori di destra e sia quelli di sinistra.


Non esiterà ad applicare alle donne l’epigrafe di Sartre, “metà vittime, metà complici” vale a dire la connivenza malsana che le lega consenzienti a chi le domina.

“C’è una giustificazione, un compenso supremo che la società ha sempre concesso volentieri alla donna: la religione. Ci vuole una religione per le donne, come ce ne vuole una per il popolo, esattamente per le stesse ragioni: quando si condanna un sesso, una classe all’immanenza è necessario il miraggio di una trascendenza. L’uomo ha tutto il vantaggio nell’addossare a un Dio la responsabilità dei codici che egli stesso crea”.

“Più una donna è giovane e sana, più il suo corpo nuovo e lustro sembra votato a una freschezza eterna, meno le è necessario l’artificio; ma bisogna sempre dissimulare all’uomo la debolezza che lo insidia. E, poiché ne teme il destino contingente, poiché la sogna immutabile, necessaria, l’uomo cerca sul viso della donna, sul busto, sulle gambe, la geometria di un’idea. Nei popoli primitivi, l’idea è solo quella della perfezione del tipo popolare; una razza che ha le labbra tumide e il naso piatto plasmerà una Venere con le labbra tumide e col naso piatto; più tardi si applicano alle donne i canoni di un’estetica più complessa. In ogni caso, più i tratti e le proporzioni di una donna sono il frutto studiato di una lunga preparazione, più l’uomo ne è felice; poiché in tal modo ella sembra sfuggire alla metamorfosi delle cose naturali. Si finisce dunque in questo strano paradosso, che, desiderando vedere nella donna la natura, ma una natura trasfigurata, l’uomo vota la donna all’artificio”.

"La femmina è femmina in virtù di una certa assenza di qualità", diceva Aristotele. "Dobbiamo considerare il carattere delle donne come naturalmente difettoso e manchevole"; S.Tommaso ugualmente decreta che la donna è "un uomo mancato", un essere "occasionale". Proprio questo vuol simboleggiare la storia della Genesi in cui Eva appare ricavata da un osso "in soprannumero da Adamo". L'umanità è maschile e l'uomo definisce la donna non in quanto tale ma in relazione a se stesso; non è considerata un essere autonomo.

"L'uomo può pensarsi senza la donna: lei non può pensarsi senza l'uomo". Lei è soltanto ciò che l'uomo decide che sia; così viene qualificata "il sesso", intendendo che la donna appare essenzialmente al maschio un essere sessuato: la donna per lui è sesso, dunque lo è in senso assoluto. La donna si determina e si differenzia in relazione all'uomo, non l'uomo in relazione a lei; è l'inessenziale di fronte all'essenziale".

Riferimenti presi da: Le Deuxième Sexe, Editions Gallimard.

Commenti all'articolo

  • Di Virginia Visani (---.---.---.96) 2 febbraio 2011 16:28
    Virginia Visani

    E’ una bella cosa aver ricordato ( a noi veterofemministe) e fatto presente alle giovani d’oggi una delle pagine più belle scritte da SdB. Sono pagine che hanno davvero aperto gli occhi su che cosa significhi essere donna ed hanno dato l’avvio a una serie di studi e riflessioni che tuttora fanno fatica ed entrare nel nostro vissuto. Però... quello da cui SdB metteva in guardia e cioè "la donna fatta a misura d’uomo dall’uomo stesso" è purtroppo pienamente avvenuto. Si potrebbe dire "E’ l’emancipazione Bellezza!": tante donne, ragazze emancipate che emulano il modello maschile.
    Bisognerebbe ripartire da qui, dall’osservazione attenta e senza pregiudizi di ciò che sta accadendo per ridare alla donna la dignità di essere umano, consapevole e con pari dignità nei confronti dell’uomo, ma un uomo degno di questo nome.

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