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Dipendenza e marijuana: cure e legislazione

Il 25 Giugno 2011 alle ore 10.00, in una sala della biblioteca “Scarabelli” di Caltanissetta si è svolta l’interessante presentazione del nuovo libro del Prof. Tullio Scrimali, Il Vincolo della dipendenza – Un modello cognitivista e complesso per le dipendenze patologiche e la loro terapia, edito da Franco Angeli Editore. E’ intervenuto alla presentazione il Dott. Giuseppe Nicosia, già Autore del libro Leone bianco Leone nero – La legge non è uguale per tutti, edito dalla LG Edizioni, nel quale narra in forma romanzata la sua esperienza nel carcere Malaspina di Caltanissetta per avere coltivato marijuana per uso personale. L’evento è stato organizzato dalla “PluriVersità Nissenae dal Centro Clinico ALETEIA (CE.CL.A.), e moderato da un rappresentante dalla Libera Pluriversità Nissena, Fabio Mirisola.

Il Prof. Tullio Scrimali, Medico e Specialista in Psichiatria, Psicologo, Psicoterapeuta e Professore Aggregato di Psicologia Clinica presso l’Università di Catania e Kore di Enna e Direttore del Centro Clinico ALETEIA, proiettando sullo schermo gli specchietti riassuntivi degli argomenti del suo libro, si chiede innanzitutto se era necessario un altro libro sulle dipendenze patologiche. Egli pensa di sì, poiché il suo modello scientifico e clinico (di orientamento cognitivista, costruttivista e complesso) per descrivere le dipendenze patologiche e la serie di protocolli terapeutici e riabilitativi da lui stesso elaborati, sono qualcosa di innovativo. Il Prof. Scrimali dice che le dipendenze in sé sono una caratteristica evolutiva propria di tutti i mammiferi, molto utili ai fini della sopravvivenza, della riproduzione e della conservazione della specie. Attraverso il meccanismo della gratificazione situato nel sistema limbico, attività importanti per la sopravvivenza e la riproduzione come lo sfamarsi e il sesso, sono rese molto attraenti. L’equilibrio però è fondamentale affinché le dipendenze risultino veramente utili, altrimenti possono tramutarsi in qualcosa di negativo se non distruttivo. E’ ovvio che senza la naturale e sana dipendenza (o gratificazione) dal cibo, dal sesso e dalle relazioni affettive, una specie non sarebbe in grado di sopravvivere. Il problema sorge quando tali dipendenze sono notevolmente squilibrate e innaturali diventando patologiche. Se ad esempio, afferma il Professore, specie ad una certa età, si ricorre spesso ai Bunga Bunga e alle escort minorenni per soddisfare le proprie pulsioni sessuali, si capisce che c’è una dipendenza sessuale patologica, che deve essere curata.

Nel suo libro Scrimali affronta il problema delle dipendenze relazionali, da sostanze, da comportamenti (gioco d’azzardo patologico, shopping compulsivo) e i disturbi dell’alimentazione. L’esagerata dipendenza dal cibo crea i disturbi alimentari quali la bulimia e l’anoressia; le dipendenze affettive patologiche possono sfociare in drammi familiari e sociali anche di grave rilevanza penale ed altrettanto quelle dalle droghe pesanti. Alla base c’è la fragilità dell’individuo moderno che si forma in un contesto sociale spesso schizofrenico, dove diviene vittima dei bombardamenti mediatici-commerciali che lanciano modelli di comportamento deleteri. Modelle super magrissime e per contro pubblicità martellanti di alimenti ipercalorici; reclame di oggetti di consumo appetibili e spesso inarrivabili; ma anche appositi sistemi di gioco o scommesse, che sovente sfiorano l’azzardo, per addivenire a una condizione sociale che sia in grado di poter soddisfare i molteplici desideri creati artificialmente dai media (le probabilità di vincita però sono nell’ordine di uno su un miliardo), ecc... Un tempo si viveva dell’essenziale, la società dei consumi invece ci detta che il lusso è una condizione fondamentale.

Anche per talune sostanze stupefacenti spesso il problema è l’esagerazione. Da tempi immemorabili le foglie di coca venivano masticate come uno stimolante naturale per superare le fatiche quotidiane; oggi la polvere di cocaina è quasi uno status symbol, alimentato ancor di più dal piacere del proibito, il cui consumo è sempre più in espansione e viene sniffata prevalentemente da individui insicuri e con scarsa autostima per superare le molteplici difficoltà esistenziali sopraggiunte con la modernità e che devono affrontare ad armi impari dato il loro scarso patrimonio psicologico, affettivo e spirituale. Qui il professor Scrimali proietta sullo schermo i recentissimi dati della Committee on Drug Dependence, dove si vede che in dieci anni il consumo mondiale degli oppiacei è aumentato del 34,5%, quello della cocaina del 27% e quello della cannabis del 10%, a riprova che la politica proibizionista e fortemente repressiva riguardo alle sostanze stupefacenti è stata ed è totalmente fallimentare, come lo fu negli anni Venti in USA quella sulle bevande alcoliche, dove i consumi continuarono clandestinamente e l’unico risultato che si raggiunse fu l’impinguamento delle tasche della malavita.

La terapia e la riabilitazione per le dipendenze in generale, elaborata dal Prof. Scrimali, non è né repressiva né impositiva. Il trattamento viene concordato col paziente che viene avvertito riguardo ai progressi che non possono essere lineari bensì altalenanti ma comunque costanti se c’è l’impegno da parte sua. Non possiamo obbligare, dice il professore, ad esempio la ragazza anoressica a subire l’alimentazione forzata con le cannucce e le flebo, perché poi quando ritorna a casa ricade nella patologia. Si concorda con lei la terapia e soprattutto si lavora sul disagio psichico alla base della dipendenza o del disturbo alimentare.

Il Dott. Giuseppe Nicosia, laureato in Scienze Naturali, Educatore alimentare e Responsabile Regionale dell’ASCIA (Associazione per la Sensibilizzazione sulla Canapa Autoprodotta in Italia), come già detto Autore del libro Leone bianco Leone nero – La legge non è uguale per tutti, racconta in breve la sua disavventura giudiziaria. Nell’Ottobre del 2008 viene arrestato perché scoperto a coltivare canapa (60 piante). "Nonostante sia consapevole che coltivare marijuana è vietato in Italia, dichiara agli inquirenti di aver violato la legge perché stanco di acquistare a caro prezzo e di scarsa qualità un prodotto naturale, il cui acquisto per strada fa accrescere il potere economico delle criminalità organizzate.

L’assurdo normativo italiano sulle sostanze stupefacenti, pesanti e non, è che la dose per uso personale non è soggetta a persecuzioni penali ma, al massimo, a sanzioni amministrative. Quindi, essendo la coltivazione vietata, si garantisce un vero e proprio monopolio ai fornitori illegali. Ascoltando i dati forniti (il tabagismo fa 3 milioni di morti l’anno nel mondo, l’alcolismo 1,4 milioni, mentre per marijuana non è morto mai nessuno), sorgono spontanee delle domande: perché il tabacco e le bevande alcoliche, sostanze, come abbiamo visto, realmente dannose e creatrici di dipendenza, non sono proibiti (tranne per i minorenni, ma quale commerciante si rifiuta di vendergliene?) e sono addirittura pubblicizzati e anzi lo Stato ne ha il monopolio? Perché poi la legge Fini-Giovanardi equipara droghe pesanti e leggere in quanto a pericolosità e dipendenza, col risultato di sovraffollare carceri e strutture di recupero dalla tossicodipendenza, quando io come tanti altri fumatori sappiamo per esperienza, dice il Dott. Nicosia, che fumare marijuana non dà alcuna dipendenza? Sono stato 51 giorni rinchiuso in carcere senza soffrire alcuna crisi di astinenza. Ne ho fatto uso", continua il Dott. Nicosia, "per oltre 15 anni, ma non mi pare di esserne stato danneggiato dal punto di vista fisico e cognitivo: mi sono laureato, lavoro, faccio sport e conduco una vita sana, e in carcere ho scritto pure un libro!"

Continua lo scrittore: “Io non ho scritto il mio libro e non sono qui a presentare il libro del Prof. Scrimali per dichiararmi pro-marijuana bensì pro-verità. Il sottotitolo del mio libro, infatti, La legge non è uguale per tutti, vuole gettare una luce, intanto sulla triste situazione del mondo carcerario italiano, che ha fallito nel suo intento di recuperare e reinserire socialmente il detenuto quando ha finito di scontare la sua pena, se il 70 % ritorna a delinquere, ritrovando fuori tutte le difficoltà sociali ed economiche che lo avevano indotto a violare la legge. E poi, a proposito di legge uguale per tutti, la mia esperienza mi ha convinto che non è affatto così”. Nicosia paragona successivamente il suo caso in cui il Magistrato di Caltanissetta, Dott.ssa R. Giunta (Difensore Avv. D. Tipo), lo ha condannato a 3 anni di detenzione e 14.000 € di multa e quello di Giancarlo Cecconi (Segretario Nazionale dell’ASCIA) che è stato assolto nel 2008 dal GUP di Grosseto Dott. Pietro Molino, dopo il ritrovamento, nel suo terreno, di un campo con 79 piante di canapa (marijuana) da lui coltivate. Il giudice ha accolto la tesi sostenuta dalla difesa, rappresentata dall’Avvocato Carlo Alberto Zaina, tendente a sottolineare i caratteri peculiari della vicenda, quali la particolare autonomia e organizzazione, non annessa a persone incriminate o comunque criminali.

Nel 2010 Cecconi viene nuovamente arrestato perché trovato a coltivare altre 15 piante di marijuana in fioritura più qualche altra in crescita. Questa volta, dopo appena un giorno di reclusione, viene condannato a 5 mesi e 10 giorni di condanna (pena sospesa), a € 2.000 di multa più le spese processuali. Entrambi giudicati da tribunali italiani, ma la disparità di pena è molto evidente. L’interpretazione della stessa legge è dunque fortemente affidata alla discrezionalità del giudice.

Alla fine delle esposizioni il pubblico ha rivolto delle domande ai due Autori e ne è nato un costruttivo dibattito. L’incontro si è concluso con i ringraziamenti dei due Autori e del moderatore Fabio Mirisola.

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