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Dio, patria e famiglia: gli eterni riferimenti dell’italiano medio (con qualche sorpresa)

A corollario delle intensissime celebrazioni del 150° anniversario della nostra unità nazionale, il Censis ha presentato gli esiti di una interessante ricerca sui valori degli italiani.

Non ci sono molte sorprese. La famiglia continua a rappresentare, per il 65% dei cittadini, il riferimento identitario per eccellenza. Ancor di più del concetto di patria, indicata dal 25% degli intervistati non tanto come ideale di appartenenza ma quale luogo geografico che ha meglio favorito le aspettative individuali in termini di qualità della vita e l'affinarsi del gusto estetico in generale. Quindi la fede, contaminata dalle antiche e consolidate tradizioni religiose popolari, che resta stella polare imprescindibile nel processo di formazione etica e culturale per il 21% degli abitanti del Belpaese.

Al di là di queste ovvie risultanze di tipo generale, l'indagine del Censis fa emergere nello specifico che il patrimonio valoriale sul quale gli italiani sembrano investire, anche in chiave futura, è sempre meno ancorato alle rivendicazioni autonomistiche e agli istinti egoistici indirizzandosi di contro alla riscoperta dell'altro. Emerge, in sostanza, una positiva predisposizione alle relazioni interpersonali ed alla condivisione di responsabilità, scintille di speranza che a parere del Censis stesso vanno sostenute e rafforzate - innanzitutto sul piano politico e istituzionale - affinché diventino il vero volano per lo sviluppo sociale, economico e civile del Paese.

La crisi del soggettivismo degli ultimi anni, accelerata da una crisi finanziaria senza precedenti, ha del resto generato due distinte ma collegate pulsioni: da un lato, la riscoperta proprio di un sentimento altruistico nella convinzione che ci possiamo salvare solo rimanendo coesi e operando assieme per un comune obiettivo; dall'altro, un approccio restrittivo verso le passate sregolatezze dell'individualismo. Tuttavia, sempre secondo il Censis, il limite di tale tendenza spontanea risiede appunto nell'incapacità dei contesti civili e politici esterni ai singoli individui di proporre modelli effettivamente efficaci a livello educativo, prediligendo invece sistematicamente l'imposizione di paradigmi etici del tutto parziali e demagogici.

Tornando alle singole voci della ricerca è significativo che per "famiglia", stabile perno della comunità nazionale, vanno intesi i diversi format familiari che, dalla fine degli anni '90 in poi, sono andati diffondendosi nella nostra società con sempre maggiore frequenza. Oggi registriamo infatti 739.000 coppie in meno di coniugi con figli, mentre ce ne sono 274.000 in più fra quelle non sposate ma sempre con prole. Ancora, si contano 345.000 famiglie monogenitoriali in più e sono pure aumentate le unioni libere arrivando a un totale di 881.000.

Complessivamente, sono quasi 6 milioni gli italiani che hanno sperimentato nella loro vita una qualche forma di convivenza non ufficiale. Fra di loro si annoverano i nuclei cosiddetti "ricostituiti", vale a dire formati da partner con un matrimonio alle spalle, che hanno superato la cifra del milione mentre quelli "ricostituiti coniugati" sono a loro volta cresciuti di 252.000 unità. Gli italiani rimangono quindi fondamentalmente conservatori in quanto ad attaccamento affettivo alla cellula che, nella sostanza, considerano come propria famiglia ma con una punta di originalità rispetto alla natura da essa rivestita sul piano formale che certamente non guasta. Anche perché, come commentano al Censis, le diverse modalità concrete di essere famiglia rispondono ormai al bisogno di avere una "relazionalità significativa" a prescindere dall'ufficialità giuridica.

E' altresì certo, spulciando i dati dell'indagine, che resiste uno zoccolo duro di cittadini più tradizionalisti, il 90% dei quali si dichiara soddisfatto delle proprie relazioni familiari. Ed anche se nell'ultimo decennio i matrimoni sono diminuiti del 23,7%, all'unione coniugale è ancora riconosciuto un valore importante, quasi indissolubile, dal 76% degli italiani convinto a priori che il matrimonio sia in grado di garantire maggiore solidità alla coppia.

Dalla famiglia alla "patria". In questo caso ci sono pochi distinguo da compiere considerato che il 56% degli italiani, popolo animato da un gusto per la qualità della vita che è forse il principale fattore di coesione, dimostra di essere molto orgoglioso di appartenere al Paese dove ritiene che in assoluto si viva meglio nel mondo. Anzi, i due terzi dei cittadini interpellati dal Censis addirittura dichiarano che se in futuro avessero la possibilità di andare via dall'Italia non lo farebbero per nessuna ragione.

Per quanto riguarda, infine, il rapporto con la fede, ben l'82% degli italiani confida in modo assai generico nell'esistenza di una sfera spirituale che trascende la realtà materiale. Nel dettaglio - e su di un piano eminentemente ipotetico - il 66% si dichiara credente e il 16% dice di credere pur non praticando. La realtà, però, dimostra che oltre i due terzi degli italiani di fatto non entrano mai nei luoghi di culto e non partecipano alle funzioni religiose.

Se si prendono in esame le risposte date alle domande sul vero culto che tradizionalmente attrae gli italiani, cioè il consumismo, la sorpresa è che esso pare non esaltare più come in passato. Il 57% pensa infatti che, a prescindere dalle difficoltà legate all'accresciuto costo della vita ed al blocco dei redditi, il desiderio di consumare si è fatto meno intenso nella propria famiglia rispetto agli anni addietro. Inoltre, il 51% si dice in genere favorevole a un taglio drastico di sprechi ed eccessi e il 45% ritiene che bisogna conservare ciò che si ha piuttosto che puntare ad avere di più.

Questa svolta in direzione di una sorta di "neo-pauperismo" si accompagna alla percezione diffusa che per migliorare la convivenza sociale nel nostro Paese sia necessario recuperare valori quali la moralità e l'onestà (per il 55,5% degli italiani), il rispetto per gli altri (per il 53,5%) e la solidarietà (per il 33,5%). Come rileva il Censis, non si tratta di un generico richiamo al merito o alla correttezza individuale ma del lento, sofferto e condiviso impegno collettivo in una quotidianità dove trovano maggiore spazio i rapporti improntati all'attenzione verso il prossimo.

E all'ordine in quanto tale, considerato come lo strumento più idoneo per superare definitivamente le forme estreme e sregolate di individualismo e di trasgressione che hanno infiacchito la società nel periodo alle nostre spalle. Così, l'89% dei cittadini chiede misure più incisive e severe contro le droghe pesanti ed il 74% anche contro quelle leggere, il 76% le invoca nei confronti dell'abuso di alcol, il 71,5% verso la prostituzione, il 52% rispetto ai fumatori e si registra perfino un 47% che fa appello alle autorità affinché si preveda l'assoluto divieto di mangiare cibi ipercalorici che causano l'obesità.

Insomma, nel dossier del Censis, l'Italia conferma la propria indole profondamente perbenista e conservatrice, pur con qualche apprezzabile (ma quanto ipocrita?) penetrazione "novista" nella resistente barriera dei suoi antichi cliché. E scopre di nutrire finanche un sentimento proibizionista, a dispetto dei propri trascorsi segnati da straordinarie battaglie e conquiste civili rispetto a questioni assai sensibili, come reazione impulsiva alle degenerazioni morali e culturali che l'hanno attraversata negli ultimi decenni.

Se questo è il quadro del tessuto sociale italiano, e non c'è motivo per dubitarne, fanno bene a non disperare gli orfani del berlusconismo (pro o anti che siano), quelli che si appellano quotidianamente alla supremazia del popolo inveendo contro la malefica ingerenza della tecnica. Perché possono ancora sperare di auto conservarsi nonostante i coraggiosi tentativi riformatori dell'ultima fase, e di far presa coi propri gretti ed arcaici messaggi ideologi su una società che procede a rilento. Chiedo venia ai tanti che non condividono il tenore delle mie riflessioni effettivamente di nicchia dalle parti del web, ma dal mio modesto e insignificante punto di osservazione continuo a sperare che dio (o chi per lui) preservi Mario Monti assicurandogli una lunghissima vita pubblica.

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