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Dichiariamo illegale la povertà, non i poveri

La campagna “Dichiariamo illegale la povertà, non i poveri” è stata lanciata l’8 settembre con la 19° marcia per la giustizia Agliana-Quarrata (Pistoia) promossa dalla Rete Radié Resh, da Libera, dai Comuni di Agliana e Quarrata, dalla Provincia di Pistoia. Questa campagna nasce dal progetto di Vivere Insieme, nell'immediata periferia di Verona. Attorno a tale progetto si è raccolto un gruppo eterogeneo di rappresentanti della società civile nazionale ed internazionale tra cui la Fondazione Culturale Responsabilità Etica.

E in una nota pubblicata nel sito della fondazione citata, www.fcre.it, sono esposti gli obiettivi e le caratteristiche della campagna. I presupposti condivisi dal gruppo promotore sono tre.

Poveri non si nasce, lo si diventa. Perciò è più esatto parlare di impoveriti. Le povertà, sono figlie dell’ingiustizia, dell’esclusione e delle inuguaglianze. Esse diventano la fragilità di esistenza. Ovviamente non ci si riferisce alla “povertà scelta”: il termine “povertà” assume, in altro paradigma, un'accezione assolutamente positiva.

Le diverse forme di lotta contro la povertà realizzate nel corso degli ultimi decenni, a livello nazionale ed internazionale, non hanno potuto (voluto) intaccare le cause strutturali dei processi d''impoverimento. Sono un esempio i Millennium Development Goals.

Occorre individuare e mettere fuori legge le cause strutturali che generano ed alimentano i processi d’impoverimento di interi popoli, gruppi e categorie sociali.

L’obiettivo finale dell’iniziativa in questione è di ottenere nel 2018, a 70 anni dalla “Dichiarazione Universale di Diritti dell’Uomo”, l’adozione di una risoluzione dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite che affermi la legittimità della messa fuori legge dei fattori che sono all’origine di una ricchezza inuguale, ingiusta e predatoria e quindi dei processi di impoverimento e di creazione dei poveri.

E’ del tutto evidente che questa iniziativa non può essere promossa da un solo gruppo, ma, per avere senso e successo, deve diventare l’opera di una serie di organismi di diverso genere ed orientamento e di tante persone “militanti”.

La mobilitazione prima italiana, poi europea e mondiale, dovrà coinvolgere le coscienze, i movimenti, le istituzioni locali e infine mondiali per individuare i fattori che creano impoverimenti (da leggi costituzionali a leggi ordinarie, da istituzioni a pratiche sociali).

Affinché si creino le condizioni favorevoli e indispensabili per l’approvazione della risoluzione, ci si propone di realizzare in 5-6 paesi del mondo (fra i quali l’Italia, il Québec, l’Argentina, il Marocco, il Brasile, il Camerun, il Vietnam, il Belgio...), nel corso degli anni 2013-2017, delle campagne di mobilitazione tendenti a dichiarare illegali una o due leggi nazionali, una o più istituzioni (nazionali ed internazionali), una o due pratiche sociali collettive che, in maniera manifesta, sono fra le cause strutturali che alimentano e rafforzano i processi d’impoverimento.

Io ritengo che la campagna “Dichiariamo illegale la povertà, non i poveri” assuma una notevole importanza. E’ del tutto evidente che anche molti altri interventi saranno indispensabili per combattere la povertà. Ma la campagna in questione si può rivelare senza dubbio utile. Però, come del resto già rilevato nella nota presa in esame, affinchè l’obiettivo finale, la risoluzione dell’Assemblea delle Nazioni Unite citata, è necessario che vi sia una mobilitazione molto ampia a sostegno dell’iniziativa. E sarà quindi necessario che i mass media tradizionali se ne occupino, diffusamente. Ma anche i diversi soggetti che operano nella Rete dovranno fare la loro parte.

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