"Di carne assente", di Giovanna Mulas

Il 28mo libro della prolifica autrice sarda Giovanna Mulas, già nomination per l'Italia per il Nobel
“Di carne assente” (pubblicato dalle Edizioni
“Lei ci fa del male, Marghe… lo capisci? Come la nonna l’ha fatto a lei.” dice ad un certo punto Anna. Certo: il Male si tramanda di generazione in generazione, si trasferisce, quale imbarazzante eredità che segna ogni destino. Perché dovremmo stupirci?
“Vuoi sempre pettinarmi, sempre sempre sempre, mamma, e la tua spazzola fa tanto male”: questo altro passaggio è la fotografia perfetta di un conflitto generazionale, di un’impossibilità di capirsi che non lascia troppe speranze e può solo alimentare il fuoco della ribellione, il desiderio di fuga dal quotidiano. Un desiderio visto quale autoaffermazione orgogliosa del sé, al cospetto di un mondo adulto colpevolmente incapace di capire le esigenze e soprattutto di assicurare la protezione naturalmente richiesta dai più deboli.
Crescere, ahinoi, vuole dire anche liberarsi dei genitori, in qualche modo.
“E’ la natura che dice al seme germoglia, è il tuo momento.” scrive
Da una trama simile non potevano non scaturire una serie di riflessioni filosofiche sulla natura dell’uomo, sulla relatività del reale, sull’imprevedibilità di un copione a volte davvero diabolico. L’autrice fa anche questo. Perché “è nella condizione umana ambire a ciò che non si è o a ciò che non si ha”. La felicità non è roba per noi umani, of course.
Di questo libro, di questo dramma che esamina, in modo originale e oggettivamente ispirato, la complessità dei rapporti familiari (madre-figlia, figlia-sorella, che quando è gemella è ancor più speciale), serberò a lungo il ricordo della “signora grassa con cappellino”. Nuda, in grembiule da cucina, con un palloncino… al guinzaglio. Ella è il personaggio-capolavoro di Giovanna Mulas. L’icona perfetta, geniale direi, di quella pazzia/alienazione che può definirsi, in sintesi estrema, la vera principale protagonista della complessa vicenda narrata. Chi di noi non conosce almeno un matto? E rimedi sicuri o medicine vincenti non esistono, ahinoi. Non ci resta che vivere. “Perché – scrive ancora l’autrice - non basta una vita per dare un perché alla vita”.
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