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L’era della debitocrazia

Un tempo, le transazioni commerciali, quasi sempre, avvenivano con pagamento istantaneo, invece nel mondo contemporaneo e globalizzato si è affermata la possibilità di rateizzare i pagamenti. È inutile dire che la cosa è stata di gran lunga positiva, ma come tutte le cose, c’è sempre il rovescio della medaglia; ed in questo caso è l’uso smodato di tale pratica, con il conseguente accumulo di debito, che rischia di dominare la vita degli individui peggio del più crudele tiranno. C’è un tempo per spendere e comprare, ma c’è altresì anche quello per pagare. Il rischio è che quando arriva, bisogna rinunciare a molto di più rispetto a quanto si è comprato in precedenza - tranquillità e sicurezza in primis, per non parlare della dignità.

Il calco strutturale del titolo del film-documentario sulla crisi del debito greco, Debtocracy, pur non avendo relazione con il film, rende molto bene l’idea di quanto scrivo.

Fino all’anno scorso, di questi tempi, circolavano notizie che l’aumento dell’indebitamento medio delle famiglie italiane si aggirasse intorno ad un migliaio di euro, non tanto per ristrutturazioni o acquisti di beni immobili, quanto per credito al consumo riservato a spese di beni primari, tra cui gli alimenti. Tutto ciò, dunque, avveniva, come è emerso da attente analisi delle tipologie di spese in varie aree del Paese, per sopravvivere e sbarcare in lunario, ergo, per fare la spesa e pagare le bollette. Fino a luglio 2010 il debito familiare medio procapite era attestato a quasi 16mila euro.

Sembra che la situazione durante l’anno non sia affatto migliorata, ma da come stanno le cose, il debito ormai “semi-cronico” ha prodotto ulteriori crisi. In primis, il reddito delle famiglie al netto dell’inflazione è rimasto fermo, mentre il potere di acquisto è sceso. Complici di ciò sono gli aumenti ingiustificati dei consumi, come luce, gas e benzina. In particolare, per la benzina colpiscono gli aumenti dei distributori Eni, arrivati a 1,621 € a litro. Intanto a prova degli aumenti, i saldi per altre necessità non funzionano più, anzi, stando alle news sono proprio un flop. Sembra che le vendite quest’anno scenderanno del 10%. Mentre le aziende legate alla casta che gestiscono servizi essenziali aumentano i costi delle utenze, per distribuire dividendi corposi ai loro azionisti, tra i quali compaiono senza ombra di dubbio buona parte dei nostri politici e i loro clientes, dall’altro, i consumi di beni di seconda necessità, abbigliamento e scarpe, scendono, chiaramente tra i ceti medio bassi - nei consumi di massa per intenderci. A ciò si aggiungano i mancati consumi relativi alle vacanze, che per molti non ci saranno. I Media danno notizia che quest’anno in vacanza ci va un italiano su cinque, mentre fino all’anno scorso la media era del 50%. Non c’è che dire, proprio un bel salto avanti; sì, come i gamberi, che si sa, camminano al contrario! Niente vacanze, dunque! Perché? Beh, in parte l’ho già spiegato; in parte si spiega anche dal fatto che fra viaggio e alloggio il rincaro si aggira intorno ai 200 € a testa. Ad esempio i traghetti sono aumentati in alcuni casi anche più del 70%, e con un budget medio di 700 € si va ben lontano di questi tempi. Anche se molti non rinunciano facilmente ad andare in vacanza, tanto che nuove idee e tendenze si fanno strada, dalla classica vacanza fai da te low-cost a raggio limitato a quella di nuova tendenza come il “couch surfing”, il pensiero di fondo lascia un senso di amaro.

La maggior parte delle persone compra sempre di meno, si limita ai beni di prima necessità; non a caso la percentuale di spese ai discount è aumentata vertiginosamente. Niente vacanze di massa come prima; niente acquisti selvaggi; è giunto il “tempo della debitocrazia”, ossia il debito accumulato in precedenza esige di essere estinto quanto prima senza se e senza ma, dominando perciò la vita quotidiana, imperando sulle sue esigenze primarie e secondarie, limitando i consumi e rimpinzando le casse delle finanziarie e delle banche. In tutto ciò l’economia della nazione a fine stagione ne risentirà parecchio. In particolare, oltre all’aumento della povertà pro capite, si leccheranno le ferite i piccoli commercianti, così come molti addetti al turismo, specialmente le piccole medie aziende turistiche. In più, di conseguenza, il fisco incasserà meno iva sui consumi, e meno entrate in genere. Insomma, la crisi è destinata a continuare ad oltranza. Senza contare i disagi per le famiglie, ormai abituati a vivere in un mondo non più a portata delle proprie tasche e delle proprie “esigenze” acquisite in precedenza. Ed è opportuno che lo Stato non tiri troppo la corda, specialmente quando le accise incontrollate le banche e le finanziarie le fanno pesare proprio sui loro clienti di target medio-basso, con ulteriore conseguenza che molti potrebbero diventare anche insolventi; e allora saranno cavoli amari per davvero, non tanto per i poveracci, ma per tutto il sistema. Non vorrei sembrare cinico, ma, forse, quest’ultima opzione non sarà del tutto un male, vista la stupidità di questa gente avida che gestisce le redini del potere finanziario ed economico. Il “caso Grecia” da un lato e il “caso Mondadori” dall’altro insegnano: prima o poi arriva sempre il tempo di pagare il conto, … per tutti! 

Commenti all'articolo

  • Di Giovanni (---.---.---.1) 12 luglio 2011 14:31

    Inutile dire che mi parè un ovvietà ma come tutte le ovvietà agli occhi dei più passa inosservata.
    L’ eloquenza dell immagine qui sopra allegata, supera a tal proposito ogni discorso possibile:
    quel rotolo di carta esaurita che alla fine del suo svolgersi cela, con scherno, il vero senso di un consumo strappa e vinci dice più di quanto non si riesca a fissare a parole.

    per dirla in termini cortesi, siamo in un pantano in cui il fetore ormai ha supperato di gran lunga la nostra capacità di discernimento.
    e non si vede nemmeno un fiore all orizzonte di questa montagna.

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