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Debito pubblico: l’Italia è in mano alle banche

Stangate, tasse e politiche di rigore pagate col sangue: altro che baratro, le manovre dei tecnici servono per garantire la sopravvivenza degli istituti di credito.

È analizzando il documento “Moneta e Banche”, redatto dalla Banca d’Italia, non c’è da stare allegri, la risposta a Monti Premier, osannata dal gotha della finanza e dal mondo politico mondiale, è tutta racchiusa nel rapporto datato 10 dicembre 2012.

Numeri e cifre che, avvolti in un complesso di operazioni finanziarie, danno il senso della situazione monetaria del nostro paese al 31/10/2012.

A questa data, le banche detenevano circa 340 miliardi in titoli di stato, il 60% in più, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, quando la proprietà di BOT, BTP, CCT e CTZ, era pari a 208 miliardi, quindi conti alla mano, buona parte del debito pubblico è in mano agli istituti di credito, che nel giro di un anno, passano da una situazione di baratro, al pieno possesso dello stato centrale.

I sacrifici imposti agli italiani, con il cosiddetto decreto salva – Italia, (che non ha evitato il pericoloso precipizio per il paese) seguita dalla Spending Review, serve solamente a pagare gli interessi sui titoli in scadenza, e in minima parte per garantire i servizi essenziali dello stato.

La manovra è chiara: prelevando denaro all’1% dalla BCE, le banche italiane preferiscono investire in titoli di stato, perché più redditizio, “anziché immettere liquidità nell’economia reale a vantaggio d’imprese e famiglie” trascinando il sistema paese a un collasso non solo finanziario, ma anche generazionale.

Di conseguenza il rendimento è assicurato: l’obiettivo primario è il trading dei paesi a rischi default, non solo perché più remunerativo, ma soprattutto perché il rischio di perdita è pari a zero, grazie alle garanzie fornite dalla BCE, sull’acquisto illimitato dei titoli.

Se a essi sommiamo la quota di partecipazione che il nostro paese versa annualmente nelle casse di Bruxelles, i giochi sono presto fatti: circa 25 miliardi di euro, che aggiunti agli interessi sui titoli, determinano più di una manovra finanziaria, tutta pagata con i soldi dei cittadini, ma non solo. 

La spesa nel “medio periodo” per garantire il tornaconto agli istituti di credito, è destinata ad aumentare, e non di poco: 89 miliardi nel 2013, 96 nel 2014 e 105 miliardi nel 2015.

Insomma garantiamo la sopravvivenza degli interessi tagliando (pensioni e sanità) piuttosto che insistere su un piano serio di crescita per il paese.

La realtà ormai è ben evidente, basta guardare il rapporto (moneta e banche), e nonostante l’aumento del debito pubblico e il calo manovrato dello spread, l’orlo del baratro è sempre vicino, altro che austerity, alla fine a rimetterci sarà il popolo.

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