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Dalle urne un’Italia nuova

Domenica prossima si vota con i ballottaggi alla carica di sindaco nelle maggiori città d'Italia e si chiude la lunga marcia di accaparramento delle poltrone. Mai come questa volta c'è stato affollamento di liste e nominativi.

Solo a Roma sono state presentate 36 liste per 15 candidati, senza contare gli aspiranti ai municipi, che sono una massa di giovani e meno giovani senza lavoro, a caccia di una poltroncina, purchè remunerata.

Dopo tante polemiche e tentennamenti i risultati sono stati, tutto sommato, prevedibili là dove a Roma sono andati al ballotaggio la Raggi del M5S e Giachetti per il PD, avendo superato di poco una destra divisa e masochista.

A Milano la scelta sarà fra Sala e Parisi, a Torino fra Fassino e Appendino, a Napoli fra De Magistris e Lettieri e via di questo passo fra nomi poco o nulla conosciuti.

L'onda d'urto del Movimento 5 Stelle si è fatta sentire, ma anche questo era nelle previsioni perchè al punto di confusione nella quale si trovano le maggiori città d'Italia e la sfiducia del cittadino verso le istituzioni, sarebbe bastato candidare un cesso, quello vero di ceramica bianca, per ottenere consensi. Il risultato più clamoroso resta la mancata elezione al primo turno di Piero Fassino, un politico di lungo corso e dalle spalle, metaforicamente, robuste che si vede toccare il naso da una non meglio precisata manager dell'azienda di famiglia, che ha lavorato due anni, pensa tu, anche per la Juventus S.p.A.

Fassino rischia l'elezione a sindaco, ma come dicevo gli elettori non ne possono più dei rappresentanti della vecchia politica e potrebbero dare fiducia trasversalmente ad un nome nuovo. Una specie di salto nel buio senza paracadute. A questo porta l'esasperazione.

Stesso discorso a Roma dove i due candidati non si presentano al meglio; Roberto Giachetti, che non ha fatto nulla per candidarsi, anzi si è defilato fino ai risultati elettorali. Ora gironzola per Roma con la sua aria stranita che sembra essersi svegliato da poco senza essere passato dalla toilette.

Virginia Raggi invece, ostenta maggiore sicurezza forte della delusione dei romani verso i partiti che hanno governato gli ultimi venti anni fra appalti truccati e ruberie varie. Sicuramente sarà eletta Sindaco di Roma, poi quanto potrà e vorrà fare è tutto un altro discorso.

Qui occorre aprire una parentesi circa il comportamento autolesionistico del centro-destra, una coalizione che avrebbe benissimo potuto giungere al ballottaggio e, forse, vincere le elezioni. L'iniziale coalizione fra Forza Italia, Bertolaso, Fratelli d'Italia, che ricordiamo eredita il logo di Alleanza Nazionale e l'esigua rappresentanza della Lega Nord, fu rifiutata da un Salvini bizzoso e desideroso di diventare il leader di tutto il centro destra.

La rottura dell'accordo portò Berlusconi a rivolgersi ad Alfio Marchini, personaggio borderline con fama di palazzinaro. Costui pur di fare il Sindaco di Roma ha ondeggiato fra destra e sinistra, fin quando l'accordo con Forza Italia gli è sembrata la soluzione più conveniente, inglobando anche la lista civica di Bertolaso e alleandosi con Storace.

Ora, dopo aver perso le elezioni, cerca l'alleanza con Giachetti, quando si dice la coerenza.

Gli elettori percepiscono simili atteggiamenti equivoci e hanno deciso di non votarlo, trascinando nell'insuccesso elettorale una Forza Italia al minimo storico con un Berlusconi poco lucido e ormai alla fine della carriera politica.

La Meloni, che ha dato retta a un Salvini desideroso di allargare i consensi presentando la lista “Noi con Salvini” capeggiata da Irene Pivetti, una desaparicida della politica, pur conservando lo zoccolo duro degli elettori ex missini, non è riuscita ad ottenere voti sufficienti per partecipare al ballottaggio. Non le resta che piangere sull'occasione mancata; insieme a Berlusconi, Bertolaso, Storace e altre liste civiche avrebbe sicuramente potuto sfidare la Raggi e, chissà, spuntarla sul filo di lana.

Quello di Salvini è un altro esempio di voltafaccia smaccato. Dopo anni di “Roma ladrona” e di ignoranza verso i problemi del Sud, ora punta alla leadership nazionale di tutto il centrodestra minacciando, neanche tanto velatamente, la posizione di Berlusconi.

L'eventuale successo con la Meloni e la conquista del comune di Roma, lo avrebbe proiettato verso mete insperate fino a qualche anno fa.

A Milano invece, l'unione di tutto il centrodestra fa ben sperare anche se, a parer mio, l'aria da “ragioniere della ditta” di Parisi, non depone a favore di una certa autonomia di pensiero. Sala, più “esperto e navigato”, dovrebbe spuntarla.

Napoli non dovrebbe riservare sorprese, De Magistris pur non costituendo il massimo dell'efficienza e dell'organizzazione, ha abituato i napoletani ad un certo modo di affrontare i problemi. Il quieto vivere è la sua ricetta e basta non toccare certi santuari per continuare a governare senza sorprese.

A Bologna, come a Torino, c'è stata la sorpresa della mancata elezione al primo turno di Virginio Merola, esponente storico della sinistra fin dai tempi del P.C.I.. I bolognesi ne hanno piene le tasche di questi immarcescibili della politica ma, secondo me, si sono rivolti alla persona sbagliata: quella Lucia Bergonzoni dal passato non proprio limpido vicino ai centri sociali, ora militante nella Lega.

Sarà una bella lotta fra due che non potranno rimproverarsi nulla, e che hanno tutto l'interesse a mantenere celati certi aspetti della loro vita politica giovanile. Se il M5S deciderà di votare per lei sicuramente ce la farà, altrimenti dovrà aspettare le prossime elezioni.

Fra le grandi città. Infine, c'è Trieste con un ballottaggio fra Roberto Dipiazza per il centrodestra e Robero Cosolini, sindaco uscente per il centrosinistra. Si tratta di due impenditori apparentemente lontano dai partiti. Dipiazza gode di un prestigio personale avendo ottenuto consensi elettorali al di là delle liste che rappresentava ed avendo già ricoperto la carica di Sindaco di Trieste; Cosolini, l'attuale sindaco gode l'appoggio dell'apparato naziona del PD. A giudicare dai numeri, pare, abbia raggiunto il massimo dei consensi locali di tutto il centro sinistra, a differenza di Dipiazza che potrebbe accrescere i voti con ulteriori accordi fra destra, lega e possibilmente il M5S.

Insomma un quadro nazionale sconvolgente con nomi e liste nuove a danno dei partiti più tradizionali, che effettivamente non ci sono più considerando il tramonto delle ideologie.

Viviamo un periodo di transizione e col prossimo referendum sull'abolizione del Senato ci potrebbe essere una svolta epocale nella vita politica italiana.

Il cambiamento potrebbe nascere proprio da un modo nuovo di governare partendo, appunto, dalle grandi città che dovrebbero costituire l'esempio di come si amministra una metropoli lontano dagli intrallazzi e dagli interessi personali o di apparato che comprende tutti i partiti a prescindere dagli ideali dei nostri padri.

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