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D’Alema-Bonino: schiaffi e sassolini

Intervistato a Otto e mezzo, il mitico ‘baffetto’ della sinistra italiana, Massimo D’Alema, è intervenuto con abbondanza di sarcasmo sulla questione “Regione Lazio”, ormai affidata alla storia dopo le dimissioni non più procrastinabili della presidentessa Polverini.

Ne parla un servizio dell’Unità di martedì che riporta testualmente le parole dell'esponente democratico “Accettare l’aumento del contributo ai gruppi è stato certamente un errore. Ma lo hanno fatto anche gli esponenti regionali radicali. Prima di attaccare gli altri Emma Bonino avrebbe dovuto spendere almeno una parola sul suo partito. Detto questo, non è la stessa cosa aver usato quei soldi in modo lecito, aver rendicontato i bilanci on line, e invece averli spesi per festini o altro, come hanno fatto altri”.

Con poche e come sempre sferzanti parole, l’ex lìder maximo della sinistra di casa nostra ha preteso di liquidare la ‘questione radicale’, aperta dopo che Concita De Gregorio ha pensato bene di intervistare Emma Bonino dedicandole ampio spazio su Repubblica.

Senza peli sulla lingua la vicepresidente del Senato si era tolta qualche sassolino dalle scarpe accusando piuttosto esplicitamente il PD laziale di averla poco appoggiata (per non dire boicottata) durante la campagna per le regionali del 2010. Non era un segreto per nessuno che le sacche cattoliche interne al PD, Bindi in testa, avevano definito l'esponente radicale “certo non la cadidata ideale”. Detto in piena campagna elettorale come si può intendere una frase del genere se non come un aperto boicottaggio?

Ma oggi, con il senno di poi dello scandalo dei fondi giganti a disposizione dei gruppi consiliari della Regione Lazio, la Bonino legge in quel boicottaggio latente la volontà del PD di non intaccare certi equilibri, poco confessabili: "Alla luce della “grande spartizione inevitabile” si capisce qualcosa di più sulla sorte della mia candidatura".

Parole taglienti cui D’Alema ha risposto in modo altrettanto tranchant, dando atto ai radicali di aver effettivamente utilizzato i fondi in modo lecito, esclusivamente per finalità di attività politica (e probabilmente senza indossare pepli e maschere da suino), ma accusandoli apertamente di non aver fatto proprio niente per opporsi al lievitare inverosimile del mucchio di soldi a disposizione dei gruppi, passato da uno a quattordici milioni di euro durante i due anni della giunta di destra. Soldi che, ovviamente, dovevano poi essere “risparmiati” tagliando da qualche altra parte, tipo i servizi sociali o altre attività di supporto alla cittadinanza (e la cittadinanza ringrazia).

Tutti zitti, quindi, di fronte alla pantagruelica scorpacciata che si delineava, compresi i consiglieri di opposizione, IDV e PD e compresi anche i Radicali, dice D’Alema. Tutti colpevoli, nessun colpevole.

Politici indifendibili senza esclusione di sorta, allora? Non si direbbe, perché i Radicali ad essere accomunati alla mangiatoia comune non ci stanno proprio e replicano; argomentando a fondo, anche se, storicamente, ai radicali non sono concesse tutte quelle gran casse di risonanza che altri possono usare più facilmente. Replicano quindi in due modi: con la pagina del loro Gruppo Consiliare e su Notizie Radicali, giornale telematico di area.

Nel primo caso ricostruiscono i fatti: “Una volta reso pubblico online il nostro bilancio (...), nonostante a più riprese avessimo denunciato il problema della non trasparenza, decidiamo di mostrare a Sergio Rizzo il nostro bilancio spiegandogli nel dettaglio le voci da cui era composto. A seguito di questo incontro avvenuto intorno a luglio del 2012, Sergio Rizzo lavora al suo articolo, in cui si dà per la prima volta notizia dei fondi ai gruppi di cui oggi tanto si parla”.

Per la prima volta, grazie ai due consiglieri radicali, si parla dei soldi messi a disposizione dei consiglieri regionali. Ne segue l’articolo del Corriere della Sera: “Regione Lazio: ai partiti 4 volte più della Camera (...) Qualche settimana fa il gruppo radicale al Consiglio regionale del Lazio presieduto dall’avvocato Giuseppe Rossodivita ha pubblicato sul sito internet il proprio bilancio. Un documento impressionante, che illumina un angolo del capitolo costi della politica finora tenuto accuratamente all’oscuro. Ovvero, i contributi che le Regioni erogano ai gruppi «consiliari» (...) anche quei denari, come i rimborsi elettorali, possono essere considerati parte integrante del finanziamento pubblico ai partiti. Ma con una differenza non da poco: la loro entità è pressoché sconosciuta. Intanto ci sono Consigli regionali che non pubblicano nemmeno il bilancio. Nel Lazio, poi, c'è l'abitudine delle cosiddette «manovre d'Aula». Che però, pur chiamandosi così, formalmente per «l'Aula» non passano affatto. Si tratta infatti di semplici delibere dell'Ufficio di presidenza del Consiglio regionale adottate in momenti particolari (...) dove bisogna evitare al massimo il rischio dei franchi tiratori”.

Ma non è tutto perché “I fondi per i gruppi consiliari sono stanziati nel bilancio del Consiglio che è parte del Bilancio della Regione. Il Bilancio del Consiglio è proposto dall’Ufficio di Presidenza, accettato dalla Giunta e votato a maggioranza prima dalla Commissione Bilancio e poi dal Consiglio regionale. Come Radicali abbiamo votato contro i bilanci presentati”.

E poi? “Successivamente è all’interno dell’Ufficio di Presidenza che è stato deliberato lo stanziamento di quei fondi. Fanno parte dell’Ufficio di Presidenza del consiglio: Pdl, Lista Polverini, Udc, Pd e Idv. Non ne fanno parte i Radicali”.

Riassunto: i fondi sono stanziati nell’Ufficio di Presidenza dove tutti quelli che ci sono - consiglieri di maggioranza e opposizione, ma non i Radicali - sanno e, zitti zitti, approvano (o quantomeno si rassegnano ad accettare quella inspiegabile montagna di soldi elargita a loro stessi).

E i Radicali? “Abbiamo preso coscienza dell’entità complessiva delle somme annuali destinate al nostro gruppo, di fatto, alla fine di ogni anno perché queste cifre vengono accreditate in varie rate”. E quando hanno capito, hanno scritto e condiviso. Da questa azione di trasparenza è partito il polverone che ha travolto la Polverini; mentre gli altri, tutti gli altri, se ne stavano zitti zitti. Tanto per dire.

E adesso i due Radicali, esposti sulla stampa all'accusa di aver agito come tutti - secondo la perversa logica della politica contemporanea per cui il mal comune non è più un male - semplicemente annunciano di aver pronta una denuncia per chi implicitamente o esplicitamente li accomuna a "tutti gli altri".

Quando poi si affronta la querelle delle elezioni perdute, D’Alema liquida le parole di Emma Bonino sul malcelato scarso gradimento della sua candidatura e lo fa con sottile sarcasmo “A Emma Bonino non sono mancati dei voti, Bonino ha perso le elezioni. Poi, quando dopo aver perso, si diventa vice-presidenti del Senato e non si viene mandati in Siberia, forse si può anche avere un certo garbo…".

La replica questa volta viene da Notizie Radicali http://notizie.radicali.it/articolo... per mano di Valter Vecellio, radicale storico e sferzante pure lui, che non manca di ricordare, fra le altre cose rivolte "all’arrogante, spudorato, D’Alema", come il Partito Democratico sia stato capacissimo di perderle anche da solo le elezioni, proprio a Roma città (dove la Bonino si è invece affermata anche dopo la catastrofe Marrazzo), grazie all’irresistibile duo Veltroni-Rutelli che si credevano di fare sfracelli e finirono con l'andare a sbattere, snobbati dagli elettori, contro l'impresentabile ex-squadrista Alemanno.

Insomma volano schiaffi fra Radicali e PD, come non se ne vedevano da un po’. Ci voleva la sbracata ingordigia dei consiglieri laziali per riaccendere fuochi mai del tutto spenti, purtroppo proprio quando la sempre più ingombrante cultura cattocomunista si fa pressante in occasione di ogni dibattito su temi etici e diritti civili. Quando cioè il sostegno radicale sarebbe assai utile ai laici ed alla vita civile italiana.

Colpa di non avere la garanzia di un patrimonio genetico di sinistra sufficientemente affidabile, secondo i duri e puri di una sinistra la cui "purezza" di sinistra però, con l'appoggio a Monti, gli occhi dolci a Casini e le continue genuflessioni all'ideologia vaticana, sembra sempre più ardua da definire.

Ma l'astio verso gli unici ‘politici’ italiani a cui pare molto difficile trovare scheletri nell’armadio è duro a morire. Specie quando serve per nascondere nell'armadio i propri scheletri che ogni tanto, francamente, pare che esondino.

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