• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

Home page > Attualità > Contro l’oroscopo. O del perché ci meritiamo Wanna Marchi

Contro l’oroscopo. O del perché ci meritiamo Wanna Marchi

Un recente documentario su Wanna Marchi, la televenditrice che si arricchì ingannando migliaia di persone, mette in luce l’incrollabile tendenza degli italiani alla superstizione, alla scaramanzia e al pensiero irrazionale in generale. Tra l’altro, tra poco inizierà il bombardamento mediatico sugli oroscopi e le “previsioni” per l’anno prossimo. Tutte forme di superstizione e pseudoscienza per nulla distanti dalla religione. Ne parla Giovanni Gaetani sul numero 6/2022 di Nessun Dogma

Netflix ha pubblicato un documentario sulla parabola di Wanna Marchi, la tristemente famosa televenditrice e truffatrice italiana che si arricchì ingannando migliaia di persone ingenue e disperate.

Per chi, come me, è nato alla fine degli anni ottanta, Wanna Marchi è solo un ricordo sbiadito legato all’inchiesta di Striscia la notizia. Iniziata nel 2001 e farcita di sketch, imitazioni e tapiri d’oro, l’inchiesta condusse al carcere Marchi e la figlia Stefania Nobile, condannate entrambe per associazione a delinquere finalizzata alla truffa aggravata – Francesco Campana, marito di Marchi, non scontò neanche un giorno di carcere grazie a un condono.

Cosa ha permesso la fortuna di Wanna Marchi

Il documentario, pur in tutta la sua acritica narrazione, riesce a rendere conto di un fenomeno che, al netto dei meme e delle canzonette, ha purtroppo avuto (e continua ad avere) una portata nazionale e decennale: Marchi vendeva i suoi prodotti pseudo-dimagranti a migliaia di italiani, da Bolzano a Catania, sin dalla fine degli anni settanta; venne invitata da numerosi personaggi televisivi di rilievo, inclusi Enzo Biagi e Maurizio Costanzo; e, a suo dire, Silvio Berlusconi le avrebbe proposto di condurre la nota trasmissione Ok il prezzo è giusto.

Insomma, una truffatrice conclamata pubblicamente, sdoganata da un sistema che non si interessa della moralità di un fenomeno se quello stesso fenomeno vende e fa audience.

Occhio però a pensare che quello di Marchi sia un fenomeno straordinario nel panorama italiano. Si tratta invece di un fenomeno del tutto ordinario, con l’unica differenza di esser finito sotto le luci della ribalta, laddove migliaia di altri truffatori si accontentano di lucrare in disparte, proprio per non attirare l’attenzione dei media pronti a smascherarli.

Il fenomeno Marchi va preso sul serio, dunque, ma solo in quanto sintomatico di uno dei più grandi tumori della società italiana: l’incrollabile propensità degli italiani alla superstizione, alla scaramanzia e al pensiero irrazionale in generale.

È di questa propensità – e non di Wanna Marchi – che voglio parlare. Perché la prima è condizione di esistenza della seconda, e non viceversa. Per dirlo con una metafora: i truffatori come Marchi non sono che funghi velenosi cresciuti in un sottobosco di superstizione e scaramanzia tutto italiano; per eliminare quei funghi, a poco serve sforzarsi nel contenimento delle loro incontenibili spore, affidato a posteriori alle forze dell’ordine; la vera soluzione è invece impoverire a priori l’humus d’ingenuità e di connivenza che rende possibile il loro proliferare.

Non è un paese per razionalisti

Fuor di metafora, occorre educare i cittadini italiani al pensiero critico, sin da piccoli, affinché si diffonda in società una coscienza razionalista generalizzata, unita a un forte scetticismo nei confronti degli affabulatori irrazionalisti. Perché la sola disperazione, di per sé, non basta a creare le potenziali vittime di quegli inganni. Alla disperazione deve sommarsi anche l’ingenuità, termine ombrello che in questa sede userò come sinonimo di mancanza di spirito critico, incapacità di pensare razionalmente e conseguente propensità a credere nell’irrazionale.

Insegnare la razionalità, dunque, dentro e fuori le scuole, per rendere i cittadini immuni alle truffe: facile, no? Tutt’altro. Non solo perché si fa presto a dire razionalità – il pensiero critico è un metodo, non una nozione; richiede dunque tempo e impegno per essere appreso e applicato nella vita di tutti i giorni. C’è prima una questione sociologica di fondo da risolvere. E cioè il fatto che l’ingenuità, per come l’abbiamo appena definita, è un tratto identitario fondamentale della nostra italianità.

Siamo un popolo irrazionale e superstizioso, sappiamo di esserlo e non lo nascondiamo. A volte addirittura ce ne vantiamo apertamente – si pensi a tal riguardo all’ex-premier Giuseppe Conte che, ospite di Bruno Vespa, si sfilò dal taschino un santino di padre Pio per mostrarlo a favore di telecamera. O ai tanti politici che ogni anno partecipano orgogliosi al “miracolo” della liquefazione del sangue di san Gennaro – “miracolo” che, per inciso, è stato smontato da un esperimento del Cicap, il Comitato italiano per le affermazioni sul paranormale.

Bestiario della superstizione

Noi italiani siamo immersi nella superstizione, come pesci nell’acqua, a tal punto da non accorgerci più di nuotare in essa. Le nostre tasche e le nostre auto sono piene di santini e cornetti rossi. Le vie piene di edicole sacre. Le fontane piene di monetine. Le chiese piene di reliquie sante. I santuari pieni di oggetti ex-voto “per grazia ricevuta”. I giornali e le televisioni (e ancor di più i social media) sono pieni di oroscopi.

Le emittenti regionali piene di tarocchi. Le vetrine dei tabacchi piene di numeri fortunati. E così via, di gesto scaramantico in gesto scaramantico, senza soffermarci nemmeno per un momento non solo su quanto insensato sia ognuno di essi, ma soprattutto su quanto interconnessi siano l’uno con l’altro.

Scegliere la via della razionalità significa rinunciare d’un solo colpo a tutte queste cose. Non si può etichettare come scaramantico un santino o un amuleto per poi credere nell’astrologia o nelle carte. Siamo dunque pronti a rinunciare a tutto ciò? Siamo finalmente pronti ad assecondare, senza nessun entusiasmo, il “disincantamento del mondo” di cui parlava Max Weber già nel 1919? O preferiamo invece tenerci stretti la nostra ingenuità, perché fa folklore, colore e italianità?

Stando ai dati, la risposta è desolante:

  • 13 milioni di italiani si rivolgono a maghi, cartomanti e guaritori, con una media di 30.000 italiani al giorno, per un fatturato totale di 8 miliardi di euro l’anno (Codacons);
  • nel solo 2021, gli italiani hanno speso 107,5 miliardi di euro in gioco d’azzardo (Agenzia per le dogane e i monopoli);
  • 30 milioni di italiani leggono l’oroscopo (il che non vuol dire necessariamente che ci credano), per un fatturato annuo stimato tra 5 e 6 miliardi di euro (La Stampa).

Numeri da capogiro che, pur facendo riferimento a fenomeni molto diversi fra loro, ben testimoniano di quanto sistemica sia l’irrazionalità in Italia.

Come se fosse scienza

L’oroscopo è, in tal senso, l’esempio più eclatante (e duro a morire) di irrazionalità sistemica. Da un punto di vista razionale, l’astrologia è – senza usare mezzi termini – una vera e propria cialtronata. È una forma di divinazione fondata sull’idea che il movimento degli astri influenzi le nostre vite, e che quindi studiando i primi sia possibile prevedere cosa accadrà nelle seconde.

Questa credenza, scientificamente infondata, fa però di tutto per presentarsi come scientifica. Questo a differenza di altre forme di divinazione più mistiche e paranormali, come ad esempio la lettura dei fondi di caffè o l’aruspicina, ovvero l’arte di prevedere il futuro esaminando le viscere di animali sacrificati.

La presunta scientificità dell’astrologia si fonda su due pilastri: tradizione e apparenza parascientifiche. Da una parte, gli astrologi rivendicano una tradizione globale e millenaria fondata e tramandata da numerosi scienziati del passato – il paradosso vuole che proprio il fondatore del moderno metodo scientifico, Galileo Galilei, sbarcasse il lunario con oroscopi a pagamento (sic!). Dall’altra, gli astrologi adoperano un linguaggio parascientifico e altisonante – gli astri sarebbero in quadratura, in trigono, in quinario, e così via.

Entrambi i pilastri possono essere facilmente abbattuti. Numerose pseudoscienze hanno infatti una lunga e ricca tradizione, ma ciò non fa di esse delle scienze, bensì soltanto delle “scienze vestigiali”, ovvero delle discipline in passato considerate scientifiche ma successivamente invalidate dal progresso scientifico stesso. Altri esempi di vestigial sciences (l’espressione è di Michael Gordin) sono la “teoria umorale” di Ippocrate, egemonica per quasi quindici secoli prima di venire superata a metà ottocento, o la “teoria delle razze”, invalidata dalle scoperte della genetica del secondo novecento.

La questione del linguaggio parascientifico dell’astrologia non è poi che una variazione sul tema “supercazzole”. Tanti pseudoscienziati adottano questo stratagemma, come ad esempio gli omeopati che parlano pomposamente di tinture madri, legge dei simili, memoria dell’acqua, dinamizzazioni del rimedio, diluizioni hahnemanniane o korsakoviane, eccetera, per riferirsi a tecniche del tutto insensate, come quella di diluire una parte di principio attivo in 50.000 parti di acqua, credendo che queste diluizioni potenzino invece che indebolire quello stesso principio attivo (sic!).

Saturno contro?

L’astrologia è dura a morire, dunque, nonostante il suo “metodo” e i suoi “risultati” siano stati ripetutamente confutati da esperimenti di ogni tipo. Alcuni si soffermano nello smentire a posteriori le previsioni astrologiche – il già citato Cicap controlla ogni anno le previsioni degli astrologi, che si rivelano sistematicamente inesatte.

Altri esperimenti invece mettono in mostra il meccanismo di fondo sfruttato dall’astrologia, e cioè il cosiddetto “effetto Forer”, secondo il quale ogni individuo, posto di fronte a un qualsiasi profilo che crede a lui riferito, tenda a immedesimarsi in esso ritenendolo preciso e accurato, senza accorgersi che quel profilo è abbastanza vago e generico da adattarsi a un numero molto ampio di persone. L’effetto prende il nome dallo psicologo Bertram Forer, che lo coniò negli anni quaranta del novecento.

Forer chiese ai suoi studenti di compilare un questionario, sulla base del quale avrebbe poi sviluppato una descrizione accurata delle loro rispettive personalità. Gli studenti lessero le descrizioni, trovandole incredibilmente accurate e calzanti, se non fosse che… Forer aveva dato a tutti la stessa identica descrizione! Il colmo è che la descrizione di Forer era basata proprio – rullo di tamburi – su delle frasi trovate in una rivista di astrologia (sic!).

È esattamente questo che accade con l’oroscopo. Gli astrologi creano previsioni talmente indeterminate e generalizzate che ognuno potrebbe rispecchiarvisi. Fate l’esperimento voi stessi. Cercate su Google tre oroscopi diversi per il vostro segno, e noterete: 1) quanto contraddittori essi siano l’uno con l’altro; 2) come magicamente potreste immedesimarvi con ognuno di essi; 3) che chiunque altro, di qualsiasi altro segno, potrebbe fare lo stesso.

Le pseudoscienze non sono innocenti

Ma basta infierire. Mettere in mostra l’assurdità dell’astrologia in una rivista razionalista è puro preaching to the choir, (per usare un’espressione inglese traducibile come “sfondare una porta aperta”). Quello che conta sottolineare è che, fintanto che milioni di persone crederanno nella validità di pseudoscienze come l’oroscopo (e fintanto che giornali e televisioni faranno da cassa di risonanza al loro lavoro, validandolo) allora fenomeni come quello di Wanna Marchi continueranno a persistere a lungo. E non potremo prendercela con nessuno, se non con noi stessi.

La complicità dei media è al tal riguardo desolante, su entrambi i fronti. Non si capisce infatti perché Wanna Marchi non sia stata distrutta sin dagli inizi, smascherando la presunta efficacia dei suoi unguenti “sciogli-pancia” a base di alghe e tarassaco, trovando al contrario ampio spazio (e conseguente validazione) in tanti programmi Rai e Fininvest. Al tempo stesso, non si capisce come ogni rivista e giornale – dalla Repubblica all’Internazionale – dia ancora ampio spazio agli oroscopi, ogni giorno, come se fosse un innocente passatempo.

Ma è proprio questo il punto: le pseudoscienze non sono innocenti. Alimentando il pensiero magico-irrazionalista, esse fomentano l’ingenuità degli italiani – ingenuità sulla quale alcuni truffatori pensano bene di arricchirsi. Di più: le pseudoscienze minano la fiducia nella scienza, rallentano il progresso scientifico e danno vita a fenomeni preoccupanti, come il complottismo no-vax, no-mask e quant’altro.

«Esagerati!», dirà un lettore, probabilmente di segno gemelli ascendente pesci, accusandoci di essere altezzosi e arroganti in tutto il nostro freddo razionalismo senza emozioni. Eppure cosa c’è di più altezzoso e arrogante del credere che il movimento di stelle e pianeti lontanissimi abbia una benché minima influenza su quello che accadrà oggi nella mia personalissima vita – proprio nella mia, uno degli otto miliardi di persone su questo pianeta, soltanto perché sono nato in un determinato giorno, a una determinata ora, in un determinato luogo?

«Ho Saturno contro», dice lo stesso lettore. Al che Saturno, a un miliardo e mezzo di chilometri di distanza, gli risponde: «Io contro di te? Ma chi ti conosce?», parafrasando una battuta di Corrado Guzzanti. L’astrologia non è dunque che la continuazione dello stesso antropocentrismo che alimenta le religioni, ma sotto un’altra veste.

Le religioni non sono da meno

Questo ci permette di chiudere con un appunto doveroso, e cioè che all’interno dell’humus di ingenuità di cui sopra, le religioni non sono da meno né delle pseudoscienze, né della superstizione.

Al contrario, le religioni sono un concentrato di entrambe le cose. Da una parte, infatti, pretendono di fornire spiegazioni pseudo-scientifiche sullo stato di cose nel mondo – come quando sostengono che la Terra sia soltanto vecchia di 6.000 anni, che Homo sapiens non sia un primate “cugino” di bonobo e scimpanzé, che le specie viventi non si evolvano, e così via; dall’altra, perché per essenza tutte le religioni sono superstizione, nella misura in cui sostengono che, rispettando determinate ritualità, sia possibile cambiare qualcosa nel reale – pregare per guarire una malattia, andare in pellegrinaggio per interrompere una dipendenza, ottenere l’estrema unzione per la remissione dei propri peccati, eccetera.

L’astrologia è un problema, sì. Ma è nulla a confronto col problema “religione”. Perché, al netto della comune irrazionalità di fondo, le religioni sono istituzioni culturalmente egemoniche con un potere politico ed economico incomparabile a quello di astrologi, guaritori e ciarlatani di turno. Del resto, nessuno si è finora fatto saltare in aria perché aveva Venere in opposizione, né ha passato una legge per discriminare tutte le persone di segno vergine. Le religioni questo lo fanno ogni giorno, nel nome dei loro rispettivi dèi e contro i soliti “blasfemi” – donne, persone Lgbt+, atei, miscredenti, e così via.

C’è dunque un paradossale filo rosso che unisce papa Francesco, Paolo Fox e Wanna Marchi. Sbrogliare la matassa cercando di tener fede a uno dei suoi capi non si può. La ragione, questa sconosciuta, consiglia piuttosto l’uso di un paio di forbici…

Giovanni Gaetani


Per leggere la rivista associati all’Uaarabbonati oppure acquistala in formato digitale.

 

Questo articolo è stato pubblicato qui

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox


Pubblicità




Pubblicità



Palmares

Pubblicità