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Confronto Renzi-Zagrebelsky. Referendum: ciò di cui non si è parlato

Al di la della diatriba su chi ha vinto, figlia della personificazione della politica, l'incontro di venerdì ha brillato per l’assenza di due cose: lo stretto legame tra riforma e comunicazione, la fondamentale importanza dell’Europa per un’analisi e una valutazione della riforma.

Si parla di superamento del bicameralismo, si parla di presidenzialismo mascherato, di democrazia partecipata, di referendum, il tutto a prescindere dal contesto in cui il processo riformatore si colloca.

Viviamo in un società mediatica e siamo membri UE, e di questo non sembrano accorgersi i politici, che da essa prescindono, per la migliore definizione delle riforme, collegata ad un‘analisi della realtà che ci circonda, da ciò che circonda il nostro passato, il nostro presente, il nostro futuro.

Tener conto del contesto mediatico significa tener conto della incidenza degli strumenti comunicativi sulle riforme e degli effetti che essi hanno già prodotto e di quelli che potranno produrre. Oggi la tv condiziona le iniziative politiche, le promuove, le supporta o le affossa, seleziona la classe dirigente dei partiti. Chi è più bravo a stare in televisione, acquista più potere nel partito e fa carriera, le iniziative diventano politiche se supportate dai mass media

E tutto ciò permea e condiziona il rafforzamento dell’esecutivo e quindi l’elezione diretta del presidente del Consiglio, in tutte le sue fasi, dalla candidatura alla presidenza, alla elezione, alla definizione del programma alla sua realizzazione. E allora diventa indispensabile collegare la riforma costituzionale alle recenti riforme, che affidano all’esecutivo il potere di nomina di un amministratore delegato onnipotente, e con esso il controllo, attraverso la nomina e conferma, a direttore di rete, di tutto cio che viene programmato e trasmesso.

Il pluralismo informativo diventa monocolore informativo e la Rai diventa dipendente dall’esecutivo. Fino a quando ci sarà il controllo del Governo sulla comunicazione che influenza e plasma le menti, non ci potrà mai essere il rafforzamento dell’esecutivo e l’elezione diretta del Presidente del Consiglio. Un esecutivo forte che non controlla l’informazione è solo un esecutivo forte. Un esecutivo forte che controlla l’informazione, è un esecutivo tiranno.

L’Europa è stata la grande assente nel confronto tra Zagreblesky e Renzi moderato da Mentana. Eppure la riforma non è un fatto nazionale, ma europeo.

LA B.C.E ha sollecitato il varo di questa riforma,mentre si sprecano le pressioni della Troika per la sua approvazione. E d’altra parte,’’Italia è membro della UE e dell'Eurozona, e come tale deve avere un’architettura costituzionale rispondente ad esigenze non solo interne ma anche europee. Per questo la riforma raccorda il nostro sistema decisionale con quello europeo, elimina il bicameralismo paritario e riduce il decentramento regionale, che secondo Bruxelles, facevano fatica a controllare la politica di bilancio e quindi garantire la politica di austerità e la sovranità del credito.

Ma il depotenziamento del parlamento e delle assemblee regionali si traduce in un rafforzamento del nostro esecutivo ed attraverso del sistema intergovernativo europeo ,che è il luogo dei nazionalismi e degli scontro di interessi tra gli stati.

Per questo la riforma ostacola più che favorire il processo di costruzione dell’Europa politica e della democratizzazione dei suoi organismi.

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