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"Con me al 40% con lui al 25". Le facili, purtroppo, previsioni di Renzi

Il sindaco di Firenze, con il suo baracchino, ha costretto Bersani ad aprire il proprio fast food elettorale in una periferia in cui non potrà vincere e con un socio che, quasi certamente, lo farà perdere. 

“Location is everything”, dicono gli anglosassoni, parlando del mercato della ristorazione. Credo che si possa dire lo stesso della politica e che Renzi abbia perfettamente azzeccato la propria collocazione; sta sul limitare della sinistra e guarda verso la massa degli indecisi, delusi e schifati da berlusconismo e leghismo, che è oggi il vero centro.

Per questo, quando dice che porterebbe il PD al 40% mi vedo obbligato a dargli ragione, seppure lui continui a piacermi assai poco. Forse è quel suo cadere artatamente nel dialetto, per recitare la parte del uomo del popolo, che mi ha offeso; la considero inscusabile in qualcuno della sua condizione, una presa in giro di chi è del popolo per davvero e, proprio per questo, si sforza di usare il miglior italiano che conosce. Forse non gli perdono il non senso di quel rivendicare “la responsabilità politica” del mancato sgombero della neve, lo scorso inverno, nella sua città; un’espressione a dir poco infelice e che mi è parsa un’altra presa in giro perché, com’era ovvio, non accompagnata dalle sue dimissioni. Motivi da nulla, i miei? Lo ammetto, e non mi impedirebbero di votare per lui, anche se, nelle poche occasioni che ho avuto di ascoltarlo, non l’ho mi sentito dire qualcosa che meritasse d’essere rammentato, soprattutto per quel che riguarda questioni diverse da quelle, per me noiosissime, interne al PD.

“Un qualunquista con un certo buon senso” è come lo descriverei a qualche straniero, e questo si è dimostrato anche oggi, a Torino, commentando le parole di Monti che prevede una ripresa dell’economia nei prossimi mesi. “Ha dato autorevolezza ma non speranza” ha detto il Lapalisse fiorentino del PdC (io penso che Monti non abbia spacciato sogni, ma è la mia opinione), prima di dire che chi nega che la crisi ci sia ancora sta ingannando l’opinione pubblica. Bella scoperta; che la crisi continui lo sappiamo tutti, a partire da Monti, che intendeva per certo parlare del superamento a breve della fase più acuta della crisi del debito o, al massimo, dell’avvio di un recupero verso i risibili livelli di crescita di tre o quattro anni fa e nulla più.

Per uscire dalla vera crisi italiana, quella che ha visto crollare la nostra competitività negli ultimi 30 anni e la nostra società diventare una tra le più ingiuste al mondo, ci vorrà almeno un decennio o, più probabilmente, un’intera generazione. Renzi, per giustificare le sue pretese di leadership, dovrebbe piuttosto dire che farebbe per tirare il paese fuori da quel pantano e, soprattutto dove troverebbe le risorse per farlo; argomento, quest’ultimo, sui cui si misura la serietà di chi vorrebbe governare l’Italia e che, guarda caso, proprio nessuno si sente di affrontare con altro che slogan.

Non lo fa neppure Bersani se per questo, nonostante goda della mia stima, per quanto può valere, e per quanto sia certo che vincerà le primarie. Dubito invece moltissimo del risultato che potrà ottenere poi, come candidato alla presidenza del Consiglio. “Con lui al 25%” ha detto, sempre oggi, Renzi in vena di profezie. Non ho una sfera di cristallo e non mi sbilancio nel prevedere percentuali, ma credo che finirà per aver sostanzialmente ragione. In particolare temo che Vendola, ennesimo narciso di una politica tutta fatta di narcisi, con le sue manie di protagonismo finirà per essere la Sarah Palin di una sinistra cheforse ricompatta ma che per certo separa dall’elettorato moderato; da quegli indecisi che proprio Renzi sarebbe così adatto ad attrarre.

Da italiano è una prospettiva che non mi piace, perché determinerebbe una situazione di sostanziale ingovernabilità, da cui si potrebbe forse uscire con un altro governo tecnico, chiamato però ad operare in condizioni ancora più difficili di quelle, già proibitive in cui è costretto ad agire Monti. Bravo Renzi, dunque, ma gran peccato per il paese. Con il suo baracchino ha costretto Bersani ad aprire il proprio fast food elettorale in una periferia in cui non potrà vincere e con un socio che, quasi certamente, lo farà perdere. In una location e con il partner sbagliati.

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