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Come si combatte la Jihad in Europa

C'è chi parte per la Guerra Santa, e poi ci sono le leggi antiterrorismo che alcuni paesi stanno rinforzando. 

La Cia dice che gli stranieri partiti per combattere la Guerra Santa in Siria sono 30mila (aveva detto 10mila, ma poi ha triplicato); secondo il Soufran Group, un’agenzia americana che si occupa di intelligence e sicurezza, non sarebbero, invece, più di 12mila; Peter Neumann, professore al King’s College di Londra e direttore del Centro di Studi sulla Radicalizzazione (Icsr) dice a Tv5 Monde che quella verso la Siria è “la più forte ondata di mobilitazione di stranieri dopo l’Afghanistan”, che di combattenti stranieri ne aveva attirati 20mila.

Certo è che i successi dell’Isis tra la Siria e l’Iraq hanno attratto molti entusiasti del conflitto; altrettanto certa è la mancanza di dati precisi.

Stando sempre alle cifre del Soufran Group, di questi 12mila che sono partiti, 3000 verrebbero dai paesi “occidentali” e il Paese che ha il primato sarebbe la Francia: sarebbero 930 i francesi che sono partiti (o hanno pensato di partire) per la Siria.

Secondo i dati diffusi anche dal Ministro degli Interni francese, Bernard Cazeneuve, che a France info ha dichiarato che di questi, circa 350 sono effettivamente in Siria, gli altri o sono rientrati, o sono in transito, oppure hanno solamente manifestato la volontà di andarci.

L’Economist torna sulle cifre francesi, ridimensionandole a 700, mentre Fabrice Balanche, del Gruppo di Ricerca e Studi sul Mediterraneo e il Medio Oriente (Grammo) dice a Jeune Afrique (riportato da Tv5 Monde) che tutti numeri sono in realtà al ribasso: “Si tratta delle persone chiaramente identificate dai servizi, ma è solo la punta dell’iceberg. Bisogna almeno raddoppiare le cifre”. 

400 invece sarebbero i britannici, ma diverse stime parlano di 1500. 250 arriverebbero dal Belgio, dove ha fatto molto discutere la storia di una madre che ha riconosciuto il proprio figlio in un video postato on line. 

La mappa realizzata da Laura Mousset per TV5 Monde riporta le stime paese per paese, compresi quelli non europei.

 

 

Manca l’Italia: i dati forniti dai nostri servizi dicono che sono 50 gli italiani che sono partiti per la Jihad, 200 lavorerebbero sul territorio nazionale per la Guerra Santa virtuale.

(Volendo divagare, colpisce come La Repubblica, che dovrebbe essere un giornale progressista, riporta la notizia. Se non saltasse subito all'occhio, parlo della parola italiani tra virgolette). 

 

 

E noi, come combattiamo chi combatte la Guerra Santa? 

In Inghilterra, David Cameron ha annunciato che verranno potenziati i servizi di polizia. Cosa vuol dire? Che i passaporti di coloro che sono sospettati di far parte di gruppi estremisti potranno venire confiscati e la circolazione delle persone verrà limitata. Da più parti si chiede che venga tolta la nazionalità britannica a chi è partito per la jihad; Boris Johnson, il sindaco di Londra, chiede più delicatamente che chiunque torni dalla Siria venga considerato un terrorista, a meno che non possa dimostrare il contrario. In Gran Bretagna sono già 50 i cittadini indagati per appartenza a gruppi terroristi. 

In Francia, invece, si sta discutendo della nuova legge antiterrorismo proposta dal ministro degli interni, Cazeneuze: anche a Parigi si tratta di limitare i movimenti delle persone sospette, aumentare le intercettazioni telefoniche e chiudere i siti web che fanno apologia di atti terroristici (c'è chi parla di Prism, il programma di sorveglianza dell'Nsa, in salsa francese). Da maggio scorso esiste anche un numero verde anti-jihad che si può chiamare per denunciare qualcuno che sta partendo.

In Belgio invece è stata fatta una proposta per rinforzare le leggi sul terrorismo, ma il governo ha giudicato sufficienti quelle in vigore. Il New York Times ha fatto una carrellata di alcune delle disposizioni attualmente in vigore in alcuni paesi europei. 

Si tratta, si badi bene, di leggi che permettono di limitare le disposizioni del trattato di Schengen sul libero movimento dei cittadini europei, perché di cittadini europei stiamo parlando.

Gli Usa, dal canto loro, stanno lavorando per ottenere una risoluzione Onu che obblighi i membri del Consiglio di Sicurezza a prendere misure legislative per impedire ai cittadini degli stessi paesi di arruolarsi, puntando sull'aumento dello scambio di informazioni e sulla cooperazione tra i paesi. Cosa significa? Più intelligence, più dati condivisi, più ascolti, più controlli sui movimenti. Chi critica la risoluzione sostiene che si tratti di una scappatoia per prendere una posizione, senza fare nulla (legge inviare truppe). 

A livello internazionale, si è conclusa ieri a Parigi la conferenza mondiale per combattere l'avanzata dell'Isis. I paesi coinvolti sono quelli presenti nella mappa di Le Monde (qui sotto). 

Quindi, che succede? Aumenteranno i controlli e, presumibilmente, si rafforzerà la cooperazione tra le Intelligence, che potrebbero essere messe in condizione di lavorare bypassando la polizia o i tribunali, grazie a trattati sovranazionali o a leggi di emergenza. E tutto questo dopo che - da poco, grazie al Datagate - l'opinione pubblica si è resa conto di quanto siamo realmente controllati. 

Ma che ci volete fare? Preoccuparvi forse delle vostre mail, di Skype o dei vostri viaggi, mentre siamo in guerra contro il terrorismo?

 

Foto: Anso Resca/Flickr

 

Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.40) 16 settembre 2014 20:32

    Il senatore repubblicano, ex candidato alla Casa Bianca, compare in varie foto eVIDEO con estremisti siriani, fra cui Al Baghdadi, ora califfo dello Stato Islamico.NEW YORK (WSI) - In un editoriale pubblicato su Boulevard Voltaire, Thierry Meyssan è tornato qualche giorno fa sulle fotografie e video apparsi su diversi media e che mostrano il senatore repubblicano, ex candidato alla Casa Bianca, John McCain in compagnia di rappresentanti di fazioni opposte al regime siriano, fra cui Al Baghdadi, futuro califfo dello Stato Islamico.

    Meyssan parla anche di una riunione organizzata dalla NATO il 4 febbraio 2011 al Cairo per lanciare la "primavera araba" in Libia e in Siria. A suo dire la riunione era presidiata da John McCain.



    Il 22 febbraio 2011, scrive, John McCain era in Libano per organizzare il trasferimento di armi in Siria. Dopo aver lasciato il Libano, aveva
     ispezionato la frontiera siriana e individuato i villaggi che sarebbero serviti come base ai mercenari per la guerra che si stava preparando.
    Meyssan scrive anche dell’incontro in Siria di McCain con i leader dell’opposizione armata: "Il viaggio era stato organizzato dalla Syrian Emergency Task Force, che contrariamente a quanto fa pensare il suo nome è un’organizzazione sionista guidata da un membro palestinese dell’AIPAC [un gruppo di pressione americano noto per il forte supporto allo stato di Israele, ndr].
    Sulle immagini che erano state diffuse si nota la presenza di Mohammad Nour, portavoce del fronte terrorista Al-Nosra. Interrogato sulla sua vicinanza a terroristi islamici, il senatore repubblicano aveva affermato di non conoscere Mohammad Nour, che si era intrufolato nella foto di sua iniziativa.

    Supponendo che effettivamente McCain non conoscesse Mohammad Nour, l’obiettivo del suo viaggio segreto in Siria era comunque quello di incontrare i vertici dell’Esercito siriano libero. A suo dire, questa organizzazione si compone esclusivamente di siriani che combattono per la libertà di fronte alla dittatura di Bashar al Assad e i suoi capi sono dei moderati degni di fiducia.
    Sulle immagini che erano state diffuse si nota la presenza di Mohammad Nour, portavoce del fronte terrorista Al-Nosra. Interrogato sulla sua vicinanza a terroristi islamici, il senatore repubblicano aveva affermato di non conoscere Mohammad Nour, che si era intrufolato nella foto di sua iniziativa.Supponendo che effettivamente McCain non conoscesse Mohammad Nour, l’obiettivo del suo viaggio segreto in Siria era comunque quello di incontrare i vertici dell’Esercito siriano libero. A suo dire, questa organizzazione si compone esclusivamente di siriani che combattono per la libertà di fronte alla dittatura di Bashar al Assad e i suoi capi sono dei moderati degni di fiducia.
    Nella foto si vede il senatore discutere con Ibrahim Al-Badri, che con il nome di Abou Bakr Al-Baghdadi sarà il futuro califfo dello Stato islamico. Dall’ottobre 2011 Al-Badri, alias Al-Baghdadi, figura sulla lista dei terroristi ricercati dagli Stati Uniti e sulla lista del Comitato delle sanzioni delle Nazioni Unite.

    Un mese prima di ricevere il senatore McCain, Ibrahim Al-Badri, alias Al-Baghdadi, aveva creato lo Stato islamico in Irak e nel Levante – sempre facendo parte dell’Esercito siriano libero.

    Aveva rivendicato l’attacco alle prigioni di Taj e Abou Graïb in Irak, da cui aveva fatto evadere centinaia di jihadisti che avevano integrato le fila della sua organizzazione. L’attacco era coordinato con altre operazioni quasi simili in diversi paesi. I fuggiti andavano a raggiungere organizzazioni combattenti in Siria.

    Lo scopo perseguito da McCain (senza alcun mandato peraltro dallla Casa Bianca di Barack Obama, che subi’ l’iniziativa senza saperne nulla) era quello di dividere l’Irak in diverse parti per meglio sfruttarne le risorse energetiche. In passato gli americani non ci sono riusciti, malgrado avessero tolto di mezzo il presidente iracheno Saddam Hussein. Oggi ci riprovano con l’aiuto dello Stato islamico.

    L’operazione è preparata da tempo, ancor prima dell’incontro di McCain e Al-Baghdadi. Migliaia di jihadisti sono stati formati in Qatar e in Libia dopo la caduta di Gheddafi e lo Stato islamico ha ricevuto finanziamenti per quasi 3 milioni di dollari.

    Violando l’accordo di difesa con l’Irak, gli Stati Uniti non sono intervenuti e hanno lasciato che lo Stato islamico proseguisse la sua conquista territoriale e il massacro di oppositori e minoranze religiose.

    E’ stato solo di fronte al crescere dell’emozione pubblica per via delle decapitazioni degli ostaggi che Barack Obama si è trovato costretto a bombardare le posizioni dello Stato islamico. Però, secondo il generale William Mayville, direttore delle operazioni dello Stato maggiore:

    "questi bombardamenti sono poco suscettibili di pregiudicare le capacità globali dei jihadisti o le loro attività in Irak e in Siria".

    I bombardamenti americani non puntano a distruggere le postazioni militari dei jihadisti ma servono a fare in modo che ogni gruppo si mantenga nel territorio che gli compete. Si è trattato di bombardamenti simbolici.
    A rallentare l’avanzata dello Stato islamico sono invece stati i curdi del PKK turco e siriano, aprendo un corridoio che ha permesso alle popolazioni civili di sfuggire ai massacri.

  • Di (---.---.---.181) 17 settembre 2014 09:53

    Meyssan chi ? Quello della bufala complottista sull’11 settembre ?

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