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Come la Cina sta guadagnando sulla crisi in Ucraina

 

Partiamo da un presupposto. Il futuro dell'Ucraina è nelle mani di tanti attori: USA, Russia e ricchi poteri privati, ma non del governo di Kiev. Ognuno ha fatto la sua parte per condurre il paese sull'orlo del baratro e sarà solo attraverso l'incontro tra queste opposte volontà a salvarlo dall'abisso. Il vicepresidente statunitense Joe Biden, nel corso di una visita diplomatica, ha minacciato nuove sanzioni contro la Russia, ma alla fine un accordo sarà necessario. Non a caso al tavolo di Ginevra sedevano rappresentanti di Washington, Mosca e Bruxelles, con il governo ucraino a ratificare le decisioni assunte dagli altri.

C'è però un altro grande paese che nella crisi ucraina è pienamente coinvolto e dalla quale potrebbe ricavare lauti profitti - economici e geopolitici - a prescindere da quale sarà l'esito finale della contesa. Parliamo della Cina.

L'interesse cinese per l'Ucraina non è nuovo. Ufficialmente nel 2013 il volume del commercio bilaterale tra la Repubblica popolare cinese e l'ex repubblica sovietica è stato di 11,12 miliardi di dollari, oltre il 7,3 % in più rispetto al 2012, e in generale le multinazionali del Dragone nutrono forti interessi in quel di Kiev. Dal grano alle infrastrutture, i due Paesi hanno collaborato intensamente negli ultimi anni. 

Più di recente, la Cina ha avviato la realizzazione di una serie di progetti di investimento nel territorio dell'Ucraina. Lo scorso settembre girava voce che il colosso agricolo China’s Xinjiang Production and Construction Corps (XPCC) avesse acquistato dal governo ucraino il diritto a coltivare oltre 3 milioni di ettari di suolo per un arco temporale di 50 anni. Kiev si è poi affrettata a smentire la notizia, ma l'accordo sembra esserci stato comunque. La Cina ha bisogno di terre coltivabili, sia perché deve soddisfare il suo enorme fabbisogno alimentare, sia perché un quinto della sua superficie agricola risulta essere inquinato.

Circa tre mesi dopo, in dicembre, il magnate sinico Wang Jing - lo stesso impegnato nella costruzione del canale del Nicaragua - ha annunciato un accordo col governo ucraino che prevede sontuosi investimenti per la costruzione di un porto in acque profonde sul Mar Neroun affare da 10 miliardi di dollari, di cui tre da spendere subito per le infrastrutture di base e altri sette da spalmare negli anni a seguire per la realizzazione di centri di stoccaggio di merci e carburanti. Il tutto come parte di un nuovo corridoio di trasporto dall'Asia all'Europa chiamato "La cintura economica della Grande Via della Seta".

Un patrimonio di investimenti e rapporti che le recenti tensioni tra filorussi e governativi rischiava di mettere in pericolo. Inizialmente la posizione dei cinesi nella vicenda ucraina è stata blanda, che tuttavia mascherava un forte nervosismo sottotraccia. Da un lato per gli scontri nelle piazze, dall'altro per l'aperto sostegno di Pechino a Vladimir Putin, nemico numero uno della nuova dirigenza ucraina. D'altra parte, con grande dispiacere dell'Occidente - e in particolare degli Stati Uniti - Pechino ha la capacità innata di negoziare importanti accordi commerciali ed energetici nonostante la presenza di conflitti in corso.

A meno di un mese dal referendum con cui la Crimea ha deciso il proprio distacco da Kiev per aggregarsi alla Federazione Russa, la Cina annuncia già l'intenzione di proseguire i grandi progetti già pianificati nella penisola. Vladimir Chizhov, ambasciatore russo presso l'Unione Europea, ha detto che la Russia sta collaborando con la Cina nella costruzione del gasdotto Power of Siberia - 60 miliardi di metri cubi di gas annui di capacità, provenienti dai giacimenti siberiani di Kovykta e Tchayandinskoe, dove una diramazione convoglierà oltre 38 miliardi di metri cubi l'anno in Cina - nonché nei lavori già pianificati del porto profondo sul Mar Nero. Progetti che continueranno nonostante la crisi in corso, ha detto Chizhov.

Altri progetti seguiranno. Fonti russe parlano della Crimea come di una "nuova terra delle opportunità" per le aziende internazionali impegnate nel settore delle energie rinnovabili, e la Cina non vuole lasciarsi sfuggire questa occasione.

 

 

Foto: Geralt/Pixabay

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