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Come convincere qualcuno di aver commesso un crimine

Un articolo pubblicato su Psychological Science racconta come sia possibile convincere qualcuno di aver commesso un crimine, anche se non è vero.

Lo studio è stato condotto da Julia Shaw (università di Bedfordshire, Inghilterra) e da Stephen Porter (università della British Columbia, Canada) e ha coinvolto alcune decine di studenti canadesi. Ai partecipenti è stato detto che si trattava di uno studio su come recuperare la memoria perduta. 

I ricercatori hanno chiesto loro il permesso di contattare le famiglie per far loro domande sul periodo dell'adolescenza dei figli: è stato chiesto loro di ricordare un momento molto forte vissuto dal figlio, ma di non parlarne con quest'ultimo per tutto il periodo dell'esperimento. Ovviamente nessuno dei partecipanti aveva precedenti penali. 

Lo studio si è svolto attraverso interviste video filmate durante le quali gli studiosi ricordavano ai partecipanti l'episodio raccontato dai genitori insieme ad un altro, inventato. Nel 50% dei casi l'episodio inventato raccontava un crimine mai commesso, nell'altra metà dei casi una disavventura o un incidente. Gli episodi inventati contenvevano alcuni particoli veri (il nome di una città conosciuta, un posto dove la persona ha vissuto...). 

Finito il racconto i ricercatori chiedevano allo studente di raccontare a sua volta gli episodi: nessun problema per quello vero, ovviamente molti per il ricordo finto. A quel punto si chiedevano alle "cavie" degli sforzi per ricordare e dare più dettagli, magari dando "false piste", usando tecniche di persuasione come lunghe pause, finte delusioni per i mancati risultati, ecc... La prima seduta finiva con la preghiera, rivolta allo studente, di tornare a casa e riflettere sui due fatti del passato. 

Negli incontri successivi i partecipanti dovevano fornire più dettagli possibili sulle due storie, senza alcun intervento da parte del ricercatore. Solo al terzo incontro veniva svelata la verità. 

I risultati dello studio sono abbastanza impressionanti: due terzi dei partecipanti hanno hanno creduto di aver vissuto il "finto ricordo", sia che si tratti di un crimine, sia che si tratti di un'altra storia. Curiosità: sono stati forniti molti dettagli degli uffici di polizia dove i presunti criminali sarebbero stati interrogati. 

Julia Shaw et Stephen Porter speigano che i ricordi si riattivano grazie a frammenti sparsi nella memoria, che spesso non hanno nulla a che fare con il ricordo stesso. In questo modo i finti ricordi prendono lo stesso cammino creando quelle che sono "bugie oneste", diciamo. 

Quindi: morale della favola? E' sia facile manipolare una storia. "Bisogna capire che i falsi ricordi esistono e tutti ne siamo 'vittime'. Il primo passo per evitarlo è sapere che questa cosa esiste", spiega la Shaw. Un interrogatorio "aggressivo" può quindi aiutare la creazione di queste memorie. 

Pierre Barthélémy, giornalista scientifico a Le Monde, cita i dati di Innocence Project, organizzazione americana che si occupa di liberare i prigionieri che sono stati condannati ingiustamente: il 30% di coloro che sono stati scagionati da una prova del Dna avevano comunque ammesso un crimine che non hanno commesso. 

Foto: Alan Cleaver/Flickr

 

 

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