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Clima, Edo Ronchi: il bluff ideologico

Intervista a Edo Ronchi: Il bluff ideologico

Con lo scontro sul clima Berlusconi si chiama fuori dall’Europa. Poi tratterà al ribasso una ritirata. L’analisi dell’ex ministro dell’Ambiente 

«Questa è la continuità di posizione ideologica. Il governo Berlusconi aveva già criticato in precedenza il protocollo di Kyoto, aveva espresso un appoggio alle posizioni dell’amministrazione Bush che criticava proprio il protocollo, giudicando che l’impegno preso nel Novanta, di riduzione del 6 per cento da realizzare entro il 2008, fosse già un impegno eccessivo per l’Italia».

Edo Ronchi, già ministro dell’Ambiente e figura storica dell’ambientalismo italiano, oggi nelle fila del Pd, non fa sconti alla posizione assunta dall’Italia in sede europea per quanto riguarda il taglio sulle emissioni di CO2 in atmosfera. «Figuriamoci trovandosi ora davanti a un pacchetto che chiede una riduzione, facendo i conti fra grandi e piccoli emettitori, del 16 per cento rispetto a una media europea del 20 per cento - prosegue -. Mi aspettavo una posizione del genere dopo che avevano già criticato il 6,5».

Eppure nel Paese molti settori sembrano vedere favorevolmente la scelta del protocollo respinta da Berlusconi.
Il Paese è difficile da decifrare. Certamente, però, ci sono posizioni molto favorevoli e anche interessi economici ormai convergenti verso un impegno sul pacchetto di Kyoto, anche di un certo rilievo.

Un arretramento che ha appoggi, alleati, sul piano internazionale?
Sicuramente a livello europeo risulta una posizione isolata e con la nuova amministrazione degli Stati Uniti, con il nuovo presidente eletto Obama, lo sarà anche a livello internazione.

Una posizione, quindi, che ci pone fuori dalle tendenze in materia energetica?
Non credo che avranno spazio. È mia opinione che il governo Berlusconi cercherà di trovare una via di ritirata attraverso alcune piccole misure simboliche, come l’allontanare al 2014 la verifica in sede europea dell’obiettivo della quota di energie rinnovabili. Era necessario fare tutto questo pandemonio? Vedremo poi gli sgravi che vengono chiesti dall’Italia su particolari comparti industriali, come la chimica e la siderurgia che oggi sono comunque in contrazione. Altro sarebbe la questione dei cementifici che rappresentano il 70 per cento degli emettitori, ma visto che non vengono citati, l’offensiva al pacchetto europeo mi sembra assolutamente sproporzionata.

I due pilastri di Kyoto erano le fonti rinnovabili e l’efficienza energetica. Qual è la situazione italiana oggi?
Su questo basta analizzare due dati del 2007. Noi produciamo un decimo dell’energia eolica della Germania e un centesimo, sempre confrontandoci con la Germania, dell’energia ottenuta con il solare. Siccome non credo che i tedeschi siano degli spreconi, fanno 100 volte più solare e dieci volte più eolico di noi. I numeri avranno anche senso. E nel 2008 Berlino ha raggiunto anche un altro risultato: quello che, per la prima volta, il numero degli occupati nel settore delle energie rinnovabili ha superato quello del settore automobilistico. Si tratta di imprese piccole e medie con grande efficienza e alta occupazione.

Quindi una risorsa importante in particolare in questo momento, e facilmente “innestabile” nel nostro contesto produttivo.
Inoltre noi in questi ultimi anni abbiamo perso quasi un punto in percentuale nella produzione di energia da fonti rinnovabili, perché il calo dovuto alla diminuzione dell’idroelettrico non è stato compensato dal solare ed eolico.

Parliamo di soldi?
Importiamo, e il dato cresce, energie rinnovabili anziché produrle. Anzi, dal 2001 a oggi stiamo diminuendo la quota. E ancora. Continuiamo a investire molto più in energie assimilate (quelle per intenderci “finanziate” attraverso i Cip6) che in efficienza e fonti alternative. Spendendo molti più soldi di quelli necessari ad adeguarci alle tendenze europee. La scusa non regge.

E allora nucleare?
Anche il nucleare è figlio di scelte ideologiche. In questa fase economica, poi, non sarebbe comunque praticabile visto i costi. ■

LEFT numero 50

Commenti all'articolo

  • Di Paolo Praolini (---.---.---.99) 11 dicembre 2008 21:12

    Sappiamo sempre distinguerci in Europa, soprattutto quando ci sono da fare scelte difficili.
    I soldi per l’ambiente non ci sono, ma per salvaguardare altri interessi di parte o personali li hanno già in tasca.
    Rimarremo una volta ancora nelle retroguardie dell’Europa.

  • Di DD (---.---.---.140) 12 dicembre 2008 12:05

    Qualcuno mi sa dire che cosa ha fatto questo ministro dell’ambiente all’ambiente quando poteva farlo? Se ha fatto 2 su dieci e Berlusconi 1 su dieci per me sono da cancellare dalla lista tutte e due. Dovremmo colloquiare con persone un po’ più efficenti.
    Infatti spero che questo articolo non volesse parlare bene di questo ex ministro che ha fatto tante cose buone per il nostro ambiente...

    • Di Pietro Orsatti (---.---.---.220) 12 dicembre 2008 20:34
      Pietro Orsatti

      In effetti nella storia (breve) del ministero dell’ambiente Ronchi rappresenta forse l’unico esempio di ministro efficiente. Tutti i pochi provvedimenti moderni sull’ambiente e di coordinamento internazionale sono stati fatti da lui anche se il suo dicastero durò neppure tre anni (primo governo Prodi). Caduto Prodi e salito D’Alema per equilibri con la Margherita, baffetto affidò il ministero a Bordon.
      Alcune leggine Ronchi? Protocollo di Kyoto, legge difesa del suolo, legge rifiuti (quella non applicata poi dai suoi successori e che comunque ancora oggi è il punto di riferimento, alcuni provvedimenti da nulla sulle certificazione (che ci hanno allineato dopo vent’anni con l’Europa), la questione delle bonifiche delle aree ad alto rischio etc etc...
      bene...
      ora ho fatto il compitino...
      comunque DD ricordati che il qualunquismo è una brutta bestia.

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