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Cipro, pretesa alunna modello dell’austerità

Cipro, appena uscita dal piano di salvataggio, viene presentata come un successo dell'austerità imposta dalla Trojka ai Paesi in difficoltà dell'Eurozona. In realtà Cipro ha goduto di circostanza particolari, e comunque i risultati sono costati moltissimo ai ciprioti. E' urgente trovare un'alternativa più umana ai programmi di austerità

 

 

Ma l’austeritò imposta dalla Trojka funziona davvero? Quando lunedì 27 marzo il presidente del Parlamento europeo Martin Schultz è arrivato a Cipro per incontrare il presidente Níkos Anastasiádhis, ha trovato un’economia in ripresa. L’indice Economic Sentiment di marzo mostra infatti un aumento di 1,2 punti a 109,8: migliorano il clima nei servizi e la fiducia dei consumatori.

Non è l’unica rondine, solitaria in un invernale cielo nuvoloso: a Cipro infatti è giunta una precoce primavera. Tre anni fa il Paese era nel più profondo della crisi, con il sistema bancario in minuti pezzetti. Ma dopo la firma dello mnimónio (il memorandum con la Trojka), avvenuta nell’aprile del 2013, Cipro ha sempre ottenuto risultati migliori di quelli contemplati dal programma. Dei 10 miliardi di euro di aiuti, il Paese ne ha usati solo 7,5 – confiscando, peraltro, 9 miliardi di depositi bancari che eccedevano i 100.000 euro, in buona misura fondi di proprietà di ricchi evasori fiscali russi. Il 2013 e 2014 hanno visto il prodotto interno lordo calare del 7,5%, il 2015 si è chiuso con una crescita, anche se minima: lo 0,5%. Ora il 2016 dovrebbe portare una ripresa meno scarna, ma intanto il deficit pubblico è quasi del tutto riassorbito (1% del pil) e Nicosia ha ricuperato l’accesso al mercato internazionale dei capitali. Un modello? Lo erano anche Irlanda, Spagna e Portogallo, prima delle ultime elezioni politiche che hanno visto l’affermazione di partiti anti-austerità.

Certo, proprio come quei Paesi e a diiferenza della reietta Grecia, il Paese è uscito dal programma di salvataggio dell’Unione Europea (a metà marzo). Nella colonna dell’attivo, dunque, anche i complimenti dell’Eurogruppo, cioè dei ministri delle Finanze dell’Unione Europea: Jeroen Dijsselbloem, l’algido presidente dell'augusto consesso, ha salutato il “buon lavoro, molto buono” delle autorità di Nicosia nell’applicare l’austerità made in Trojka.

Solo che praticamente tutte le misure messe in atto, e in ciò consiste la colonna del passivo, sono costate ai ciprioti lacrime e sangue. La riforma delle pensioni ha impoverito gli anziani, il settore pubblico si è rattrappito espellendo occupati, l’applicazione del bail-in ha comportato la fine della fiducia del pubblico nelle banche, la chiusura di una grande banca e la ricapitalizzazione di un’altra; la disoccupazione degli adulti, quasi inesistente nel 2011, è arrivata al 15,2% della popolazizone attiva. La recessione ha inoltre fatato lievitare i crediti in sofferenza, che oggi ammontano a 27 miliardi di euro, più del pil della Repubblica.

Nicosia conta che la ripresa continui grazie alla privatizzazione della Cypriot Telecommunications Authority e allo sfruttamento del giacimento di gas – da 130 miliardi di metri cubi – identificato nella zona di mare di pertinenza esclusiva.

La Trojka sicuramente presenterà l’esempio di Cipro – acuta crisi seguita da rapido rientro sul sentiero della crescita – come una prova che l’austerity funziona. Non è così. Come una pompa di calore, l’austerity trasferisce la crescita dalle zone che hanno di meno a quelle che hanno di più. Se misuriamo il pil per abitante a parità di potere d’acquisto, Cipro nel 2011 superava la media dell’Unione Europea del 3%, mentre oggi si colloca al disotto per un buon 15%.

E poi ci sono le circostanze particolari. A differenza dei vari governi italiani che si sono succeduti al timone nel tempo della procella, quello cipriota ha sempre emesso previsioni particolarmente fosche: risultato, invece di doversi spargere il capo di cenere per aver mancato gli obiettivi, il governo di Nicosia ha sempre stupito e deliziato i suoi interlocutori per il loro sistematico superamento.

E si continua. L’isola ha avuto una “fortuna”: le varie primavere arabe hanno dirottato dai Paesi musulmani i flussi di turisti amanti del sole. Ulteriore, e insperato, colpo di natica – il recupero dei rapporti con la Russia. Dal 2015 gli investitori russi sono tornati ad essere particolarmente attivi e Mosca, tra un’incursione aerea in Siria e l’altra, sta dando una mano a sviluppare il grande giacimento offshore di gas naturale. Last but not least, la Bce per il suo programma di Quantitative Easing accetta i titoli del debito pubblico cipriota, mentre non accetta quelli della Grecia: una differenza importante, che fa da garanzia per un debito pubblico che già è attraente per gli alti tassi che paga.

Non tutti i Paesi hanno goduto di confizioni tanto favorevoli. Ma i loro effetti sono probabilmente in via di esaurimento. Finché il sistema bancario non sarà tornato in piena salute, non potrà finanziare l’economia nella misura necessaria e la crescita non prenderà il volo. Cipro o non Cipro, è urgente seppellire l’austerità e trovare un’altra formula. 

 

Foto: Melissa Wall/Flickr

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