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Cile: gli studenti chiamano, il manganello risponde

La giornata di giovedì, 4 Agosto, ha segnato uno spartiacque per la giovane democrazia cilena. Le mobilitazioni degli studenti cileni a favore dell’istruzione pubblica sono arrivate ad un livello sconosciuto fino ad ora. Il governo ha richiesto l’intervento delle forze speciali dei “carabineros” per reprimere violentemente le manifestazioni non autorizzate, che si sono svolte a Santiago, Valparaìso e Concepción. Tali manifestazioni erano state convocate in risposta alla proposta avanzata dal Presidente Piñera al movimento studentesco, nel giorno di lunedì 1 agosto, proposta che gli studenti ritengono irricevibile, perché non vi è alcun riferimento alla domanda forte e chiara di istruzione pubblica, gratuita, e di qualità.
 
La capitale, Santiago de Chile, giovedì è stata teatro di due manifestazioni, entrambe non autorizzate: di mattina si sono fatti sentire gli studenti medi, in un corteo che da Piazza Italia voleva attraversare La Alameda, e giungere fino al Palazzo della Moneda, cuore del potere politico; le forze di sicurezza non hanno permesso loro nemmeno di riunirsi, bombardandoli con il famigerato “Guanaco”, un carro blindato che emette un getto potente di acqua mista a lacrimogeno, e con il “Zorrillo”, che lancia bombe lacrimogene. Gli studenti a loro volta rispondevano con lanci di pietre e barricate di fuoco, in un clima di forte violenza, e tensione alle stelle. Uno scenario non dissimile si è sviluppato nel pomeriggio, quando a protestare sono stati gli studenti universitari, appoggiati dai professori. La repressione è giunta al punto di lanciare bombe lacrimogene all’interno di un liceo di Santiago, nel quale alcuni studenti facevano lo sciopero della fame; la stessa forma di lotta è stata adottata in totale da 42 studenti medi in tutto il paese, e per alcuni va avanti ormai da tre settimane.
 
Parallelamente alle manifestazioni dell’Alameda, un gruppo di studenti ha deciso di lanciare un forte attacco mediatico servendosi delle armi del nemico: il Presidente ha dovuto sopportare addirittura un’improvvisa invasione del canale televisivo Chilevision, fino a qualche mese fa proprietà dello stesso Piñera (cedendo a pressioni politiche della Concertacion, Piñera ha tuttavia risolto il conflitto di interessi, vendendo la maggioranza delle azioni dell’impresa televisiva). Gli studenti hanno occupato pacificamente la sede della televisione e senza interrompere le trasmissioni hanno chiesto di poter emettere un comunicato per spiegare le ragioni della protesta. 
 
A Valparaíso dalle 11:30 del mattino i giovani e i professori si sono riuniti a Piazza Sotomayor, e si sono messi in marcia verso il Congresso Nazionale, ma le forze speciali dei carabineros li hanno bloccati immediatamente. Verso le ore 14 si è raggiunto l’apice della tensione, poiché i tafferugli colpivano contemporaneamente cinque diversi punti della città, rendendo il centro sostanzialmente impraticabile. Scontri e lacrimogeni hanno caratterizzato anche la protesta di Concepción, epicentro del terremoto dell’anno scorso. In particolare, le forze dell’ordine sono penetrate fin dentro il campus universitario di Concepción, violando uno spazio che normalmente è loro precluso (a meno che il Rettore non dia la propria autorizzazione), e hanno fatto largo uso di proiettili di gomma contro i manifestanti. Una giornata così violenta in Cile non si vedeva dagli anni ’80. Alla fine si contano 874 persone incarcerate, tra cui moltissimi minorenni.
 
In serata la gente è scesa per strada armata di pentole e mestoli e ha dato vita ad un grande “cacerolazo”, forma di manifestazione che si utilizzava negli anni della dittatura di Pinochet e che da allora non veniva usata. Giovedì sera alle 21.00 dunque le pentole hanno suonato in tutte le città del paese per esprimere appoggio alle manifestazioni e ripudio della violenza.
 
L'escalation è dovuta al fatto che cortei e manifestazioni agitano il paese ininterrottamente da quasi tre mesi, e non si sono fermate nemmeno davanti alle proposte, concilianti, che il governo ha avanzato in materia di istruzione e formazione, scolastica e universitaria. Queste proposte hanno segnato certo un cedimento alle ragioni della protesta, ma non intaccano minimamente l'impianto strutturale del sistema formativo cileno, fondato essenzialmente sul principio del libero mercato, e dal carattere eminentemente classista. E infatti a stretto giro di posta è arrivata la dichiarazione di Camila Vallejo, giovane presidente della FECH (Federazione degli studenti dell’Università del Cile), secondo la quale il progetto del governo, articolato in 21 punti, non affronta per nulla i nodi strutturali dell’educazione, e non è un piano serio. Allo stesso tempo però la giovane e tosta leader ha sfidato il governo a presentare un’ulteriore proposta entro sei giorni, questa volta realmente migliorativa.
Di fronte all'intransigenza del movimento, Piñera non ha trovato di meglio da fare che mostrare i muscoli, affermando perentoriamente: "A tutto c'è un limite. Proteggeremo l’ordine pubblico e il diritto della grande maggioranza dei cileni a vivere in pace". Così sono stati vietati dal ministro Hinzpeter i cortei che attraversavano la principale via della capitale, nonché tutti quelli che erano stati pianificati nelle altre città. Il ministro dell’Istruzione minaccia di sgomberare con la forza le scuole occupate, mentre il sindaco di Santiago chiederà che i carabineros si stabiliscano 24 ore su 24 nei licei, onde evitare che vengano rioccupati.
 
Nella mattina di venerdì 5 agosto alcune organizzazioni per i diritti umani, insieme ai rappresentanti degli studenti universitari, hanno presentato una denuncia per abuso di potere nei confronti del ministro dell’Interno, Hinzpeter, dell’intendente della Regione Metropolitana, e dei Carabinieri. Inoltre si è mossa pure Amnesty International, a riprova della straordinarietà della situazione, e ha chiesto al governo cileno di indagare sull'uso eccessivo della forza da parte delle forze dell'ordine. Intanto i sondaggi ufficiali, effettuati dal Centro di Studi Pubblici, danno il governo di Piñera in caduta libera, e addirittura fotografano il Presidente come il peggiore tra tutti quelli che si sono succeduti dopo il ritorno alla democrazia.
 
Sembra dunque che in Cile il conflitto politico-sociale sia destinato a continuare, data l'inconciliabilità delle ragioni di un movimento che reclama a gran voce il diritto all'istruzione per tutti, con quelle di una destra al potere che difende a spada tratta il dogma neoliberista. All'orizzonte non si intravedono facili soluzioni, ed anzi il clima diventa ogni giorno più teso. Il governo non cederà, gli studenti non sembrano averne intenzione, almeno per ora. Speriamo solo che “l'Inverno Cileno”, come lo ha catalogato il New York Times,  non sia più cupo e freddo di così.
 
Elizabeth Zenteno Torres
Attilio Bartolotta

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