• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Attualità > Cronaca > Ciancimino e il doppiopesismo

Ciancimino e il doppiopesismo

Opportunamente, alcuni osservatori avevano invitato i cronisti giudiziari e i magistrati a non trasformare in un sussiegoso “storico” della mafia e dell’anti-mafia Massimo Ciancimino.

Il figlio di don Vito è adesso formalmente indagato dagli scrupolosi magistrati della Procura di Caltanisetta, guidata da Sergio Lari, allievo e amico di Falcone, per calunnia nei confronti del Direttore dei Servizi segreti, Gianni De Gennaro, e di Lorenzo Narracci, funzionario dell’Agenzia informazioni e sicurezza interna (ex Sisde). Inoltre, a Ciancimino junior, che si è avvalso della facoltà di non rispondere davanti alle toghe nissene, sono stati contestati il favoreggiamento nei confronti del misterioso “Signor Franco”, presunto anello di congiunzione tra lo Stato e Cosa nostra, secondo le dichiarazioni rese dal testimone, e la violazione del segreto istruttorio, nei colloqui, intercettati, con alcuni giornalisti.

Di recente, la vice-presidente dei deputati del PDL, Jole Santelli, estimatrice di Gianni De Gennaro, mi ha detto: “Se Giovanni Falcone non fosse stato ucciso, a Capaci, ritengo che avrebbero “mascariato” anche lui!”. Analisi condivisibili.

Ma, a proposito di “doppiopesismo” mediatico e giudiziario, sino a quando il figlio dell’ex primo cittadino - democristiano e mafioso - di Palermo ha (stra)parlato di Silvio Berlusconi e di Marcello dell’Utribenchè i giudici del processo di Appello del senatore del PDL non gli abbiano creduto: collusi anche loro? - veniva considerato un super-teste. Insomma, Massimo era ossequiato come un personaggio fondamentale, addirittura, per ricostruire la storia, politica, criminale e giudiziaria, del Paese e degno del massimo rispetto. E, ça va sans dire, veniva portato come un santino nei processoni in TV – senza gli “imputati” e i loro difensori – di Travaglio, “Sant’oro” e Ruotolo, sulle paginate dei giornali giustizialisti e dei molto venduti libri investigativi e di denuncia.

Ma, dopo che Ciancimino junior ha coinvolto nelle presunte trattative dei primi anni 90, tra apparati dello Stato e il boss mafioso Provenzano, l’ex capo della Polizia, Gianni De Gennaro – notoriamente vicino a Violante, al sociologo progressista, Pino Arlacchi, e all’ex procuratore di Palermo, Caselli, dai tempi in cui, pur avversato dal Capo della polizia, Vincenzo Parisi, divenne il Direttore della DIA e fu definito da Giuliano Ferrara il “Gran Signore dei pentiti” – abbiamo notato un repentino cambiamento.

Nelle corrispondenze dei giornali e delle TV da Palermo e nelle analisi dei mafiologi, in servizio permanente effettivo, l’ambiguo rampollo del protagonista del sacco edilizio di Palermo è tornato a essere rappresentato come una persona piuttosto losca e reticente, un teste contraddittorio e da prendere con le pinze. Soprattutto dopo il recente suo incontro, a Bologna, con un indagato per ‘ndrangheta, allo scopo di consegnargli un gruzzolone 100 mila euro, in contanti, e di incassare titoli di credito per 70 mila euro.

E, dunque, non sarebbe stato meglio, se tutti avessero convenuto, da anni, sui dubbi, espressi da pochi osservatori, tra cui – si parva licet - lo scrivente, sull’ambigua figura di questo giovane e ricco signore siciliano? Che proviene da un mondo torbido ed è alla affannosa ricerca di una credibilità, a lui molto utile, per confondere le acque e per tentare di recuperare gran parte del “tesorone” di don Vito, che l’ ex deputato dalemiano, Peppino Caldarola, ha bollato, non a torto, come “una delle figure politiche più spregevoli dell’ Italia moderna”.

Di recente, alla luce della testimonianza, resa all’Anti-mafia dopo… soli 17 anni da Giovanni Conso, Guardasigilli del governo sostenuto dal PDS e presieduto da Ciampi, nel 1993 – il giurista ha riferito di aver tolto 300 detenuti, tra cui molti mafiosi, dal carcere duro, previsto dall’articolo 41 bis – è stato assestato un duro colpo ad un “teorema” molto accreditato sui media. Secondo tale ipotesi, gli interlocutori del ricatto mafioso – attuato con il “papello”,che sarebbe stato fatto pervenire, tramite i Ciancimino, da Provenzano ai responsabili delle istituzioni - sarebbero stati i dirigenti del nuovo partito di Berlusconi e dell’Utri, che in quella fase si stava organizzando, per contrastare la “gioiosa macchina da guerra”, guidata dall’allora segretario del PDS, Occhetto, che poi perse le elezioni del 1994, che videro il trionfo, imprevisto, del Cavaliere.

E allora chi erano, realmente, gli interlocutori politici della trattativa, ammesso che questa “trattativa” ci sia mai stata? Un personaggio-chiave di quel drammatico periodo fu Luciano Violante, allora Presidente della Commissione parlamentare Anti-mafia e leader, influente e temutissimo, del “partito dei giudici” anti-PSI e anti-DC. Da tempo, l’ex ministro andreottiano, Cirino Pomicino, e altri commentatori chiedono a Violante di svelare le ragioni per cui, negli ultimi mesi del 1992, prima accolse e poi respinse la disponibilità a farsi interrogare, manifestata da don Vito Ciancimino, allora detenuto a Rebibbia.

Cirino Pomicino, e non solo lui, è tormentato dal sospetto che quell’interrogatorio, poi saltato, avrebbe svelato molte verità e, probabilmente, avrebbe potuto evitare le bombe e i morti del 1993. Che finirono, ma solo dopo il “niet” di Conso (deciso in solitudine, come lui afferma?) al rinnovo del “41 bis” ai mafiosi e l’ inserimento nei programmi di protezione dei collaboratori di giustizia di centinaia di boss e picciotti. In 10 anni, ben 4 mila appartenenti alla criminalità organizzata vennero “riciclati”, con una nuova identità e non poco denaro a disposizione.

Intese Stato-mafia, teoremi che vacillano, figli di boss, che scrivono lucrosi libroni, ovviamente pubblicati dal “Caimano mafioso” di Arcore, e straparlano in tv, “mascariando” persino un ex Capo della Polizia, De Gennaro, e il Generale dell’Arma dei Carabinieri, Mario Mori, che ammanettò Riina: per venire a capo di tutti questi misteri, finalmente, i governanti e i capi delle forze dell’ordine e dei servizi dei primi anni 90 dovrebbero essere chiamati a dire ciò che sanno, davanti a una Commissione parlamentare d’inchiesta. Che dovrebbe aprire un’ indagine bipartisan, finalmente seria e approfondita, non accontentandosi di generiche esternazioni, di allusioni e di tardivi, e parziali, ricordi.

Altrimenti, non verranno diradati i polveroni e non soltanto i familiari delle vittime delle stragi, ma tutto il Paese continuerà a brancolare nel buio. E verranno insabbiate le responsabilità politiche, ministeriali e di consistenti settori “deviati” delle greche e degli ermellini.

Commenti all'articolo

  • Di paolo (---.---.---.126) 12 dicembre 2010 12:14

    Caro daW


    E’ sempre un piacere leggerti . Nelle costruzioni logiche ci vuole però un minimo di coerenza .
    Nicolas Bourbaki è una associazione di matematici che nell’illustrare la teoria insiemistica , evidenziavano come da una ipotesi non vera si può arrivare a sostenere , per induzione logica ,una tesi vera . Per farti un esempio se io come premessa sostengo che Roma è la capitale della Francia , allora per deduzione logica posso anche sostenere come vero che Berlino è la capitale del Belgio .
    Questo per dirti che non si può sostenere che se è vero che esponenti di primo piano dell’ex PC (citi Violante) hanno inciuciato con i mafiosi , ciò significa che Silvio Berlusconi è chiaro e limpido come acqua di fonte e che sono tutte balle quelle che si raccontano sui suoi rapporti con cosa nostra . 
    Balla è l’ipotesi e balla è la tesi .Ti ricordo che il braccio destro e cofondatore di Silvio , certo Dell’Utri è stato condannato per mafia e non per avere rubato le noccioline al supermercato.
    Poi è del tutto evidente che tutti i governi del dopoguerra hanno convissuto, sfruttato e subito il fenomeno mafioso .
    Lo si deduce dal risultato che oggi le associazioni criminali , checchè ne dica l’ufficio propaganda della Lega e del PDL , sono ancora più diffuse sul territorio e più potenti di prima . 

    paolo


  • Di Francesco Finucci (---.---.---.254) 23 dicembre 2010 22:34
    Francesco Finucci

    Tanto per sapere, il doppiopesismo di cui stai parlando, come si concilia con il fatto che Travaglio, oggi, in uno degli appuntamenti di "passaparola" si sia messo a parlare proprio della trattativa Stato-Mafia?
    Su, siamo seri, ci manca solo che anche su siti decentemente imparziali ci siano queste misere bagarre che sviano dal vero problema. Sul fatto che trattative ci siano state, c’è poco da dire, ci sono documenti e testimonianze che lo fanno pensare, per quanto OVVIAMENTE ci vogliono prove definitive per poterlo dimostrare. Sul fatto che Dell’Utri sia l’intermediario tra la mafia e Berlusconi, ci sono anche lì testimonianze e indizi (che ovviamente non vanno confusi con le prove), che lasciano pensare questo. Io sinceramente non vedo proprio come i testimoni siano stati attaccati, recentemente. Inoltre, continuo a pensare che personaggi come Santoro siano un problema congenito del fare politica in Italia, sintomo di una condizione dialettica dove si deve per forza essere di destra o di sinistra, e conseguentemente odiare ferocemente l’altra parte. Ma è anche vero che la situazione è cambiata negli ultimi anni, e in questo senso, visto lo strapotere mediatico del PDL, che Santoro resista, è un’assicurazione nazionale contro la censura della stampa.
    Anche perché la censura non si applica solo nell’impedire ai dissidenti di parlare, ma anche nel permetterlo solamente a chi è in linea col governo.

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox







Palmares