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Charlie Hebdo. Salviamo la satira da chi si prende sul serio. Intervista a Gaspare Bitetto

Una parte d’Italia continua a dire che i vignettisti francesi se la sono cercata, perché non si irride la fede. Allora viene spontaneo chiedere il parere anche degli autori italiani, per sapere cosa ne pensa chi nello Stivale la satira la fa. Ne parliamo con Gaspare Bitetto, direttore di Diecimila.me.

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Salve Gaspare. Che effetto fa vivere in un Paese in cui c’è chi pensa che in fondo chi fa satira e ironia un po’ se le cerca?
 
Il punto è che hanno ragione: ce la siamo cercata. Di vivere in Italia, intendo. Avremmo potuto andarcene all'estero e fregarcene di quello che succede qui, lasciarci l'Italia alle spalle e abbandonare il Paese alle sue sorti, illudendoci di trovare più civiltà e libertà altrove. Se l'avessimo fatto sarebbe stata una scelta piuttosto egoistica, però, non trovi? Siamo ancora qui, è perché a questo Paese ci teniamo (parlo per me, almeno; altra gente sa benissimo che non resisterebbe una settimana appena superata la frontiera). Il punto è che al mondo non esiste un posto in cui ci sia la vera libertà d'espressione, forse non c'è mai stato, forse mai ci sarà. Ti ricordi quando andava di moda il termine "Melting Pot"? Ecco. Dopo la globalizzazione, i "melting pot" sono arrivati al "boiling point". Quello che viviamo è un periodo storico estremamente critico sotto numerosi punti di vista: quello sociale, quello culturale, quello etico, quello politico, quello economico. Tutto cambia troppo in fretta e l'essere umano non è biologicamente capace di adattarsi altrettanto velocemente. Non c'è da stupirsi se pian piano stiamo impazzendo tutti, chi verso un estremo, chi verso un altro, diventando globalmente il pianeta delle grandi contraddizioni, e l'effetto straniante è ancora più amplificato nelle piccole comunità chiuse in sé stesse, un po' com'è diventata l'Italia oggi. Per mantenere l'"ordine costituito" è in atto da più di 10 anni una metodica strategia della tensione in grande scala, come quella che c'era negli anni di piombo, ma più estesa, più subdola e più performante. Se ti guardi attorno la tensione la percepisci distintamente, in tutto, in tutti; è la parte più ancestrale del nostro cervello che ci dice: "Non ci sono risorse per tutti, difendi ciò che è tuo e fotti il resto". Non sono gli smartphone e i social network a fare l'evoluzione e il progresso. Purtroppo ci siamo terribilmente imbarbariti.
 
Lucida analisi. Parlando proprio di Italia, nonostante questa sia la patria di Cuore e Il Male, di Satyricon e del Vernacoliere, pensi che un po’ manchi qui la cultura del consumo satirico, la capacità di vedere le cose da un punto di vista umoristico, di dissacrare, di vedere il lato ridicolo del potere?
 
Non credo manchi la cultura della satira, credo sia solo stata soffocata da altri bisogni e dal buonismo a tutti i costi. Quello che oggi manca davvero è l'offerta. Pensaci, è il 2015 e ancora si parla di Cuore, del Male e di Satyricon. Si parla del passato. Ogni volta che vengono fuori questi nomi non penso a quanto ci fosse di buono, piuttosto al vuoto che è arrivato dopo e che viene costantemente colmato da una sorta di nostalgia pelosa. Non è molto diverso da quando Augias, intervistato da Floris, ricorda che noi siamo stati il popolo che ha costruito l'Autostrada del Sole in soli 5 anni, o da quando Benigni, nelle poche occasioni in cui esce dal tunnel pseudo-mistico in cui si è ficcato, ci ricorda che siamo stati la Culla del Rinascimento. Tempo fa girava sui social network la frase "Oggi, a guardare l'Italia, penseresti che il Rinascimento sia stato solo una botta di culo", e purtroppo è vero. Certo, abbiamo avuto un grande passato, e adesso? Dovrebbe esserci d'ispirazione? Lo consideriamo un letto di allori su cui adagiarci? Bukowski diceva che "nessuno è un grande scrittore, al massimo lo è stato, perché ogni volta bisogna di nuovo confrontarsi col foglio bianco". Noi siamo davanti ad un foglio bianco da anni e l'unica cosa che siamo stati capaci di stamparci sopra è stata qualche macchia di caffè. Se proprio dobbiamo parlare di satira (e tu sai bene quanto sentire questo termine a sproposito mi faccia venire l'orticaria) dobbiamo necessariamente ricordarci che la satira è un'arte reazionaria e che, purtroppo, l'unico modo in cui oggi gli italiani sono capaci di reagire alle proprie frustrazioni è la rabbia. Se non si riesce a veicolare questa rabbia nell'ironia, nell'umorismo o nel sarcasmo, se non si riesce a darle una mediazione artistica, non si va da nessuna parte. Se poi l'ironia, l'umorismo e il sarcasmo rimangono fini a loro stessi, se il godimento dell'"autore" si ferma al sentirsi il Pierino di turno, che si bulla con gli amici di essere "scomodo" solo perché dentro ogni "battuta" mette la parola "cazzo" o "troia" e gli hanno chiuso la pagina facebook, allora il risultato è ancora peggiore, perché non c'è satira, c'è solo egocentrismo (e forse un principio di Sindrome di Tourette). I comici che abbiamo in Italia non attaccano alcun potere perché il potere gli serve: bisogna tenersi caro l'amico, il produttore, l'editore, il marchettaro, lo sponsor, altrimenti si è automaticamente fuori dai giochi. Facci caso: i grossi calibri della satira italiana sono fuori dalla scena, alcuni per scelta, altri per obbligo, e non li rivedremo presto tra di noi, perché l'humus non è adatto. Qui, ormai, è diventato facilissimo impedire a qualcuno di esprimere il proprio punto di vista, il proprio pensiero, specie se non allineato; non servono spargimenti di sangue o Kalashnikov, esistono tecniche più semplici, esiste il limbo dell'indifferenza, esiste l'oblio, esiste la damnatio memoriae.
 
Come è stato vissuta la vicenda Charlie Hebdo all’interno della vostra redazione?
 
Male. Ognuno l'ha vissuta a modo suo, ma eravamo tutti accomunati dallo sconcerto. Non esiste un modo collettivo di rapportarsi a certi avventimenti, e se si prova a inventarsene uno si cade nella farsa. Molti collettivi, sull'onda emotiva, hanno avuto reazioni frettolose e goffe che nel giro di pochi giorni si sono tramutate in sterile polemica. Ci sono stati casi eclatanti come quello del Corriere della Sera e delle vignette raccolte e pubblicate maldestramente e senza l'autorizzazione degli autori. Noi abbiamo voluto evitare tutto questo, c'era già troppa gente che strillava il suo amore per le vignette di Wolinski, salvo avere a casa solo gli ultimi numeri di Oggi e di Chi. Ci siamo detti disponibili a collaborare a eventuali progetti trasversali, ma come hai visto non ne è andato in porto nessuno. Così abbiamo realizzato un omaggio alle vittime con uno dei nostri intervalli, gentilmente ospitati da Wired, e a scrivere qualche riflessione del tutto personale sul nostro blog. A volte è meglio muoversi in punta di piedi piuttosto che comportarsi come un elefante in una cristalleria. Di certo bisogna evitare di prendersi troppo sul serio.
 
Approposito, siamo curiosi e alla ricerca continua di spoiler: ci racconti le bozze di qualche prossimo intervento di Diecimila.me? Di cosa parlerete?
 
Lo sa solo Dio, e il fatto che l'unico a saperlo sia un personaggio inventato dovrebbe dirtela lunga. Per quest'anno l'unico imperativo che ci siamo dati è sperimentare. Il risultato lo misureremo, come sempre, da quanto gli altri si impegneranno inutilmente per cercare di farci tacere. 
 
A questo punto scatta la domanda “dove-eravamo-rimasti”, per noi è un appuntamento fisso (ne abbiamo parlato anche qui e qui) e quindi a distanza di quasi un anno dall'ultima intervista che hai rilasciato ad AgoraVox mi tocca richiedertelo: in che stato di salute è la satira?
 
Giusto l'altro giorno, camminando per strada, ho pestato della satira. Poi ho controllato meglio ed era della merda, ma ti assicuro che chiunque al posto mio, lì per lì, avrebbe fatto confusione.
 
A presto e in alto la penna!
 
Sollevo la tastiera. Non voglio sembrare minaccioso, è che una penna davvero non la trovo. A presto!

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.33) 28 gennaio 2015 12:05

    articolo interessante. Quello che mi fa specie di tutta questa faccenda è che tutti si sono affrettati a dire "io sono charlie" ma nessuno lo aveva mai fatto quando il giornale ha pubblicato la vignetta del padre figlio e spirito santo che se la mettevano in quel posto a trenino, per esempio. satira si solo quando si prende per i fondelli la religione degli altri,eh? va beh. detto questo anche i peggiori censuratori si sono messi a difendere quel giornale che , lo dico a prescindere , è abbastanza orrendo. Giusto difenderlo,ok, non è giusta la strage,ok, ma charlie è orrendo lo stesso. Il vernacoliere al confronto meriterebbe il pulitzer su tutti i numeri. steve . FC

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