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Casini, il suo Partito Nazionale e i rifiuti tossici del berlusconismo

Ho quasi cinquant'anni, ho sempre votato, ma non ho mai potuto farlo per un partito che mi rappresentasse e pare che così sarà anche per il futuro.

No, non ho gusti difficili: non necessito, come accade ai miei amici di sinistra, di un partito fatto su misura per me, che esprima la mia peculiare visione del socialismo o del comunismo. Ho, anzi, dei gusti davvero banali, quelli che hanno all'incirca la metà degli europei e credo abbia, magari senza neppure saperlo, una percentuale poco inferiore di italiani.

Sono un liberale, insomma, democratico (precisazione del tutto inutile ma che pare vada fatta), fautore di una società laica e certo attento al sociale, ma pure certamente non di sinistra. Elettore potenziale di un partito che non c'è né nel paese in cui vivo, la Spagna eternamente post-franchista ora governata dal PP, né nell'Italia di cui rimango orgogliosamente cittadino e in cui spero di trascorrere la mia vecchiaia.

Inutile dire quanto poco liberale sia il partito del signor Rajoy, con un piede ancora saldamente nel passato e l'altro calzato dall'onnipresente e onnipotente Opus Dei.

Inutile dire che nel nostro paese un partito liberale nel senso che si dà a questo termine nel resto d'Europa, non c'è da decenni; da ben prima che iniziassi a votare. Non aveva più nulla di liberale il PLI pentapartitico. Non è mai stato liberale, altro che a parole, il movimento fondato da Silvio Berlusconi. E' l'antitesi del liberalesimo la Lega.

Non possono essere presi sul serio come liberali né il metecio Fini né lo pseudo-clericale Casini (pseudo perché non è neppure questo. Degno esponente dell'estrema, estenuata, DC degli anni '80 non è mai stato, politicamente, alcunché). Da loro e dai loro elettori, nelle migliore delle ipotesi, potrebbe appunto nascere un PP italiano; meglio di quanto abbia offerto la nostra destra finora, ma non certo quel di cui il Paese avrebbe bisogno per diventare finalmente, senza scorciatoie o sconti, moderno.

A squalificare i due, oltre alle rispettive origini, c'è il peccato d'essere stati complici del berlusconismo e del leghismo. Di aver accettato di formare governi al fianco degli impresentabili guitti del partito-azienda e di essersi alleati col peggio che la nostra società, prima ancora che la nostra politica, abbia mai prodotto; di un partito dichiaratamente anti-nazionale e apertamente razzista come la Lega: non un movimento localista come tanti ce ne sono in Europa, ma la traduzione nella nostra lingua ed epoca del nazismo.

Non conosco abbastanza bene i retroscena del potere in Italia per poter dire se qualcuno, recuperando anche il meglio dell'esperienza democristiana, stia lavorando alla formazione di un partito liberal-democratico alternativo al PD (alternativo e non antagonista; resto sempre convinto della necessità per almeno una legislatura di un governo di solidarietà nazionale, lo si chiami come si vuole) ed espressione di una sensibilità politica diversa da quella della sinistra.

E’ certo, però, che un tale partito, di cui il nostro paese ha vitale necessità, avrà un senso solo se nascerà con una doppia pregiudiziale anti-berlusconiana ed antileghista. Dovrà puntare a recuperare anche i voti di tanti elettori in buona fede del PdL e di quanti sapranno rinsavire dalla follia leghista, ma per farlo non deve scendere ad alcun compromesso con chi, appoggiando fino all’ultimo il defunto governo Berlusconi, si è coperto di ridico, ha insultato l’intelligenza degli italiani ed ha disonorato, con voti come quello sul caso Ruby (sì, quello è uno spartiacque, un punto di non ritorno) il Parlamento.

Se un cordone sanitario va alzato attorno alla Lega, i rifiuti del berlusconismo dovrebbero essere eliminati, da un partito che aspiri a rappresentare la destra italiana, perché assolutamente tossici. In grado di levargli ogni credibilità senza, peraltro, portare alcun beneficio elettorale; capaci, forse, di fargli arrivare i voti di qualche servo della gleba legato ai colonnelli in fuga da Berlusconi, al prezzo del voto di tutti quegli italiani, non di sinistra, che hanno votato PdL turandosi il turabile, non lo hanno affatto o (e uno sono io) hanno votato a sinistra per “disperazione”. Italiani che sono la maggioranza relativa del paese.

Possono avere un ruolo Casini e, soprattutto, Fini dentro quel partito? Sarei tentato di rispondere no, ma, se volete per meriti restitenziali, seppure tardivamente acquisiti, tenendo in conto che dell’Italia stiamo parlando e non di un paese ideale, penso di sì. Un ruolo, ma non certo quello di padri nobili; dentro la nostra politica, e specie dentro la nostra destra, finora di nobile c’è stato ben poco.

Può essere il Partito Nazionale (già il nome mi pare pessimo) di Casini, in cui sembra debbano confluire personaggi come Rutelli e tutta una schiera di comprimari delle farsa berlusconiana, il nocciolo del futuro partito liberale?

Per favore, di barzellette in questi anni se ne sono raccontate anche troppe.

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