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Caressa. Il Carosio del 2000?

Quando in un campo qualsiasi del fare umano (dall’arte al pulire tappeti) si raggiunge uno stile riconosciuto subentrano due pericoli incombenti e difficilmente superabili: il manierismo di facciata degli epigoni, che cercano di imitare il modello perché sicuri di incontrare i gusti di tutti o di una buona parte del pubblico e l’esaltazione personale che porta ad uno “stilismo” troppo forzato.

La prendiamo forse un po’ alla larga per parlare delle telecronache di Fabio Caressa (colui che aveva osato pensare che il tema della premessa riguardasse Picasso o Sostakovic è pregato di girare link). Caressa è stato un enfant prodige del giornalismo sportivo italiano e quando è arrivato alla telecronaca del posticipo ha definito le caratteristiche del nuovo modello di telecronaca sportiva in Italia. Ritmata qualcuno dice all’eccesso ma coinvolgente di sicuro, competente il giusto senza tutte quelle statistiche che lo spettatore fa passare da un orecchio all’altro senza battere ciglio, toni e cadenze mai monocordi e ben calibrati sui picchi emotivi della gara. Ma quello che più di tutti caratterizza Caressa è la sua capacità di guardare al campo di gioco e non fossilizzarsi sul monitor.

Nei momenti importanti della partita ma anche in quelli secondari Caressa riesce a carpire direttamente dal campo un elemento che in tv non riusciamo a vedere e che spesso completa la nostra visione parziale e spiega situazioni ingarbugliate. Quello però che ho visto nell’ultimo Caressa, soprattutto dopo l’apoteosi del Mondiale tedesco che l’ha definitivamente innalzato a icona popolare alla stregua del Martellini di Espana ‘82 (questi tempi sono sempre i peggiori; tra dieci anni si farà la cantilena del Caressa 2006 e si maledirà il 2020 che sta arrivando) è la troppa confidenza con le faccende della partita, non più soltanto descritte con l’arguzia di chi lascia l’ultima parola al tifoso dopo l’esposizione coinvolgente dei fatti, bensì commentate con la voglia di chi ci vuole spiegare per filo e per segno tutto quello che perfettamente vediamo.



Nel periodo pre-Calciopoli, quando c’erano azioni che tiravano in ballo gli arbitri e il regolamento, la frase imposta dalla dirigenza Sky e fatta propria soprattutto da Caressa era: “Queste sono le immagini, sta a voi valutare!” (qualcuno ci potrebbe vedere anche una vigliaccheria pro qualcuno in effetti). Caressa ma anche altri telecronisti però corredavano alla frase pilatesca una descrizione minuziosa della situazione tale da mettere sulla giusta strada interpretativa lo spettatore non interrompendo inoltre il ritmo fluido della cronaca. Forse perché ormai spensierati e liberi dalle magagne, i telecronisti oggi non ci passano solo la palla dell’interpretazione ma si lanciano in una loro idea personale. C’è chi lo fa con grande tatto e chi invece come Caressa sembra stia dettando un dogma.

Chelsea-Juventus di Champions League, Cech a terra smanaccia nettamente la palla e Amauri gli sale sulle spalle pur di simulare la caduta. Già in diretta Caressa grida senza un perché al rigore, ma soprattutto riafferma la sua verità incontrovertibile in seguito ai mille replay proposti. Imbarazzati per il nulla di cui ci si esalta, sia Marchegiani (mi sembra di ricordare) che era in cronaca con lui sia Sconcerti nel dopopartita accennano alla cosa per spirito aziendale ma glissano subito parlando d’altro. Questo è solo un esempio del cambiamento caressiano, fin troppo intelligente per capire che gli occhi li abbiamo tutti e magari un cervello discreto molti di noi (se poi va a finire che tutti fanno come quel mio amico juventino che venuto al bar dove avevamo visto la partita esclama: “C’era un rigore per noi, l’ha detto il giornalista!”, allora ha ragione lui). Non vorremmo assolutamente che il telecronista più appassionante della nostra madre televisione venga folgorato dallo spirito di Carosio, retorico il normale durante il regime ma asciutto e “british” negli anni ’40.

Con l’avvento della tv la ovvia perdita di importanza dell’ingranaggio descrittivo fece convergere le energie di Carosio verso la riflessione tecnica e tattica “ad minchiam” se non addirittura iettatoria (meraviglioso ascoltare il minuto 87 della telecronaca di Scozia-Italia del 9 novembre 1965 con l’esaltazione estasiata da parte di Carosio della nostra difesa, che in Burgnic, Facchetti, Guarneri, Rosato e nel classico libero Salvadore ha retto l’urto degli avanti d’oltremanica, ben fermati inoltre dal nostro ultimo baluardo William Negri…goal del terzino Greig), nonché verso il commento arteriosclerotico (vedi “Quel negraccio del guardalinee).

Commenti all'articolo

  • Di laura (---.---.---.13) 6 marzo 2009 12:04

    caro jvan,
    secondo me il signor caressa ha perso il controllo proprio dopo l’ultimo mondiale. l’esaltazione del suo lavoro da parte di molti, dovuta, per me, principalmente alla vittoria della nostra nazionale, si vede che ha aumentato il suo ego di qualche taglia. quando sento la sua voce, mi viene voglia di seguire la partita a volume azzerato, come se fossi allo stadio. è esagerato nell’incalzare la telecronaca, anche quando non ce n’è motivo, come dice lei, vede cose che non esistono e poi, nel corso delle partite non riesce a mantenere una certa imparzialità di giudizio, viene fuori un po’ troppo spesso la sua fede calcistica. farei andare a braccetto del buon caressa la signorina d’amico, graziosa e piacevola alla vista, ma con "una voce di testa" squillante all’inverosimile e sempre proietatta all’urlo più che ad un normale tono di conversazione, cosa che costringe il telespettatore ad abbassare di qualche tono, durante i suoi monologhi. il podio degli urlatori della nostra televisione che si prendono un po’ troppo sul serio, lo completerei dando il posto d’onore al signor paolo bonolis. anche lui, presentatore dotato di un normale tono di voce all’inizio di carriera e poi, raggiunto un certo successo, urlatore forzatamente aulico quando proprio non è necessario.
    sinceramente,
    laura
     

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