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Capocolonna: a colloquio con il dottor Spadea

Salviamo Capocolonna: a colloquio con il dott. Spadea. 

Raggiungiamo il dott Spadea telefonicamente, per avere lumi su una questione che sta infiammando la città di Crotone per quanto riguarda il patrimonio archeologico dell’area di Capocolonna.Una colata di cemento per tombare la sua storia, il suo passato che potrebbe ridare dignità alla città, se valorizzato e tutelato.

Il dott Spadea è stato direttore del Museo archeologico crotonese quando alla soprintendenza c’era Elena Lattanzi. E’ un pezzo di storia di questa città per averci lavorato a lungo da esperto ed appassionato della sua materia. Ultimamente ha presentato un libro, alla Sapienza di Roma , dal titolo “Kroton". Si tratta di studi e ricerche che riguardano la Polis Achea ed il suo territorio a cura di Roberto Spadea. Una raccolta di saggi per illustrare scavi e scoperte effettuati nell’ultimo trentennio a Crotone.

Non potevamo non chiedere il suo parere. Queste le sue risposte

Dott Spadea cosa pensa della questione Capocolonna?

La devo prima di tutto ringraziare perché è l’unica che da Crotone mi ha chiesto un parere sulla vicenda Capo Colonna, dove ho lavorato, dapprima da collaboratore esterno, sin dal 1972. Il problema, a parte la sciagurata decisione della cementificazione, è unico e grande in tutti i suoi sviluppi e sfaccettature. Negli anni in cui ho lavorato il fine principale è stato ricucire e restituire dignità a questo importante luogo, non solo archeologico. E più passava il tempo, più mi rendevo conto di quanto fosse difficile e quanti problemi nuovi continuavano a insorgere: i privati, il faro, l’ENI, gli abusivi, il santuario. E con questo ho ricordato qualcuno fra i principali. Sotto l’illuminata guida di Elena Lattanzi è stato conseguito un importante finanziamento (17 miliardi circa delle vecchie Lire). Questo finanziamento si è allargato grazie a sostegni del Comune ed ancora del Ministero. Abbiamo scavato tra la Chiesa e le case dei privati lungo il ciglio della Falesia, che per un breve tratto è stata messa in sicurezza.

I cittadini crotonesi sono insorti per un progetto che sa di cementificazione ma non di valorizzazione.

Mentre si parla e si grida, si dimentica che il promontorio è interessato da un profondo, lento ma continuo movimento verso il mare (cfr. i distacchi a Nord-Est lato Chiesa) e che di questo avevamo cominciato a discutere - Comune compreso - con geologi sin dagli anni Ottanta, con varie proposte non tutte convincenti. Ultimo, il problema della colonna che poteva esserne coinvolta. In occasione dei lavori che ti ho ricordato era intervenuto il prof. D’Agostino del Politecnico di Napoli, che aveva ritenuto possibile una caduta della colonna. Era quello (2003) il momento del restauro della colonna, per il quale era stata costruita una splendida scala che consentiva di salire fino al capitello. Lo scopo era non solo agevolare il lavoro dei restauratori –e ricordo che avevamo avuto un team scientifico di prim’ordine con Gisella Capponi, attuale direttore dell’Istituto Centrale del Restauro e Maria Grazia Filetici della Soprintendenza per i Beni Archeologici di Roma, esperta e specialista in restauri monumentali e Alessandra Montedoro fra i più preparati ed esperti in Italia- ma aprire il cantiere alla visita. Il lavoro, ritengo splendido, fu portato a compimento tra una generale indifferenza e nessun crotonese approfittò della possibilità di stare a tu per tu con la sua colonna.

Esiste dunque un problema di natura geologica?

Tornando al problema geologico, si parlò di colpe dell’ENI e dei pozzi che sul promontorio aspirano gas, e, grazie ad un accordo con ENI, fu realizzata, a spese di questa, un’importante stazione di monitoraggio della colonna e del promontorio. Mettemmo per questo a disposizione alcuni locali di servizio nel Museo del Parco e lì fu realizzata la stazione. Non so che fine abbia fatto. Fu costruito il Museo inaugurato nel 2006, dedicato al santuario di Hera Lacinia e all’archeologia del mare, che ha destato sempre grandi lodi e approvazione. Intanto da quando sono andato via da Crotone (2007) ho visto scendere su Capo Colonna l’oblio e aumentare il degrado e seguire articoli di denuncia, tutti senza o con poco seguito. Sono arrivati congrui finanziamenti per scavi e restauri dei quali poco si sa.

Ritorniamo alla protesta di questi giorni che ha per teatro l’area di Capo Colonna.

Ritorno allora ancora una volta al problema e agli scavi eseguiti dietro la Chiesa, nella casa romana repubblicana (di fronte al Bar) e nell’area archeologica (di fronte casa Morrone) con lo scoprimento del mosaico dei duumviri Thraso e Macer, scoperto già da Paolo Orsi durante il suo intervento nel santuario. In quell’occasione lavoravo alla relazione per il Convegno di Taranto ed avanzai allora l’ipotesi (pubblicata) che quello potesse essere il foro romano della colonia marittima.

Mi pare che lei abbia documentato la scoperta tramite la presentazione del libro Kroton.

Esatto. Tale ipotesi è stata ripresa e portata avanti da Alfredo Ruga, mio allievo, nel volume Kroton, uscito nella scorsa estate e presentato in questi giorni con grande successo alla “Sapienza”, dove la Magna Grecia e Crotone sono rimaste lontane (e dico questo non per spararmi la posa, ma per rimarcare l’assenza del Comune di Crotone, che finora non ha preso iniziativa alcuna per far conoscere questo lavoro alla collettività. E pensi che una presentazione a Crotone non comporterebbe costi). Ora dalle immagini vedo con piacere che l’ipotesi del Foro si è confermata, ma nello stesso tempo è arrivato ed è stato eseguito –doccia fredda- il progetto (e mi pare pure ben costoso) di ricoprire l’area appena scavata con opere che sono solo apparentemente reversibili (rete elettrosaldata, calcestruzzo). Ho letto interviste di pentastellati, di Margherita Corrado, Linda Monte, Simonetta Bonomi e Maria Grazia Aisa. Ognuno porta l’acqua al proprio mulino. Di questi schiamazzi una sola cosa mi fa felice: vedere che finalmente si sollevi l’opinione pubblica cittadina che nel passato ha guardato poco al suo promontorio se non per attizzare attacchi e polemiche alle persone. Comunque massima indecenza è stata trasformare quest’area in un parcheggio (al diavolo il decoro del monumento).

Secondo lei come bisognava muoversi?

Un provvedimento occorreva, ma non quello in atto, di fatto più definitivo che provvisorio, che trasforma l’area in quella di un autogrill con tanto di benzina Hera. La soluzione forse poteva essere una passerella come quelle che attraversano l’area archeologica, opere di conservazione reversibili dei resti che concordo essere precari e di difficile recupero e occorreva ed occorre comunque pensare ad un provvedimento che regolarizzi l’accesso delle auto (disabili e altri servizi). Insomma occorre pensare ad una convivenza tra sacro e beni culturali, ragionato e non gridato, con buona conoscenza tecnica dei fatti da una parte e dall’altra. Occorrerebbe pensare che, durante i 25 anni di presenza Lattanzi, l’abbandonata area di Capo Colonna è diventata un parco al quale ha collaborato anche il Comune, ma non come ora. Capo Colonna avrebbe richiesto studi e confronti che non ci sono stati, né voluti (ad esempio l’esperienza mia, quella di Elena Lattanzi e di altri colleghi è stata ignorata, messa da parte e cancellata con un colpo di spugna – questo soprattutto da chi grida e usa facebook).

 

Foto: Wikimedia

 

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