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Campania laboratorio di speranza: il biorisanamento per bonificare la Terra dei Fuochi

Il risanamento biologico di aree inquinate anche da matrici importanti si è rivelato nel tempo vantaggioso al punto tale che la ricerca sul tema è in continua espansione in tutto il mondo. In pratica il biorisanamento consiste nel detossificare con la capacità di particolari microorganismi l’ambiente, accelerando i processi insiti nei nostri sistemi naturali, coinvolgendo microflora come le alghe e i funghi e microorganismi come gli enzimi, capaci di digerire anche i prodotti peggiori dell’attività umana.

JPEGTorno su un argomento discusso pochi giorni fa: l’emergenza ambientale in Campania. Per continuare a rispondere doverosamente a un dramma come quello della Terra dei Fuochi, bisogna tentare di fornire un contributo positivo e propositivo, teso a trovare le soluzioni utili a risanare quella parte di territorio che, a torto, quasi tutti considerano perduta, e che invece potrebbe fungere da laboratorio ideale per costruire il rilancio della cultura della legalità, del lavoro e dell’economia di questa regione, trasformando la brutalità del danno ambientale subito nella migliore opportunità di crescita e di riscatto di una comunità capace anche di affrancarsi dagli stereotipi che a volte anche i media vogliono imporle.

Per questo abbiamo deciso di pubblicare questa serie di articoli, di interventi che facciano divulgazione su quelle potenziali soluzioni tecnologiche che, messe in campo, potrebbero garantire il miglior risultato possibile, alias quello di riappropriarci della nostra terra e quindi anche del nostro futuro. Non è passato molto tempo da quando si ritenevano utili alla bonifica dei siti inquinati soltanto i processi chimico-fisici, mentre venivano perlopiù esclusi i processi biologici, considerati funzionali solo in pochi e particolari casi. Ma le cose sono cambiate, e oggi il biorisanamento (o bioremediation) è una tecnica affermata in tutto il mondo, in quanto consente di ottenere un terreno biologicamente vivo in tempi accettabili e a costi sensibilmente inferiori che in passato.

Il risanamento biologico di aree inquinate anche da matrici importanti si è rivelato nel tempo vantaggioso al punto tale che la ricerca sul tema è in continua espansione in tutto il mondo. In pratica il biorisanamento consiste nel detossificare con la capacità di particolari microorganismi l’ambiente, accelerando i processi insiti nei nostri sistemi naturali, coinvolgendo microflora come le alghe e i funghi e microorganismi come gli enzimi, capaci di digerire anche i prodotti peggiori dell’attività umana.

Attualmente, per andare nello specifico, sta ottenendo risultati straordinari l’impiego di una particolare specie di funghi che si nutre di inquinanti e che, applicata in contesti differenti, ha dato risultati sbalorditivi nel biorisanamento delle aree inquinate. Parliamo di funghi come i “white rot”, che metabolizzano e mineralizzano molti contaminanti organici come oli e prodotti petroliferi, clorofenoli ed IPA (Idrocarburi Policiclici Aromatici). Il fungo dal nome scientifico “Xylaria hypoxylon” è invece in grado di produrre enzimi come la lignina e la manganese perossidasi, che degrada gli idrocarburi policiclici aromatici, i clorofenoli, i composti nitroaromatici ed i pesticidi.

Ancora. L’associazione di organismi come Cunninghamella elegans, Paecilomyces lilacinus, Penicillium canescens, Penicilllum pinophilum, Penicilllum restrictum e Aspergillus flavus ha consentito la degradazione dei “nonilfenoli”, un gruppo di composti aromatici facenti parte del gruppo EDC (distruttori endocrini) e aventi effetti di stimolazione della crescita nelle cellule umane di cancro al seno. L’esperimento ha dimostrato la riduzione del 51% di ppm contaminato nel terreno.

Il fattore principale su cui si basa il processo di biorisanamento è l’accelerazione di processi degradativi che già normalmente avverrebbero in natura. Tale accelerazione è ottenuta migliorando le condizioni per lo sviluppo e la crescita dei microrganismi stessi, aumentando ad esempio l’ossigenazione del suolo e la concentrazione delle sostanze limitanti la crescita. Per dovere di cronaca e per dare a tutti la possibilità di approfondire il tema riporto qualche esempio di bonifica perfettamente riuscita utilizzando le tecniche prima illustrate: in provincia di Torino l’area occupata dallo stabilimento della ex Salp di Rivarolo Canavese è stata completamente risanata con l’utilizzo di questa innovativa tecnologia; altri interventi simili sono tuttora in corso nell’area industriale del Verdellino, nei pressi di Bergamo. Insomma, come al solito le soluzioni esistono, basta volerle cercare, e poi applicare..

 

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