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Campania in svendita. Il sacrificio della patria nostra è consumato...

La fine di uno Stato e di una Nazione: la vendita delle sue ricchezze e della sua Storia

“Il sacrificio della patria nostra è consumato…” così Foscolo nelle Ultime lettere di Jacopo Ortis esternava tutto il suo dolore per la cessione (o per meglio dire la vendita) di Venezia all’Austria. Ebbene il 18 febbraio 2009 parte della nostra “patria” è stata venduta; il ministro per i Beni e le Attività Culturali, Sandro Bondi, e il presidente della Regione Campania, Antonio Bassolino, hanno siglato a Roma un Accordo di Programma “finalizzato a promuovere la conoscenza, a sostenere la conservazione e ad assicurare le migliori condizioni di utilizzazione e fruizione pubblica degli ambiti territoriali e dei luoghi ed istituti della cultura” (Accordo di Programma, articolo 4).

Fin qui nulla di male, anzi bisognerebbe rallegrarsi del fatto che finalmente lo Stato si è deciso ad impegnarsi nella valorizzazione del nostro straordinario patrimonio archeologico e paesaggistico; ma leggendo meglio l’intero documento ci si rende conto che c’è in ballo qualcosa di più importante, infatti il protocollo prevede anche che la Regione Campania riceva in gestione alcuni siti di interesse culturale, come specifica l’articolo 1, punto 3 del suddetto Programma “lo Stato e la Regione Campania stipulano specifici accordi applicativi volti a definire forme operative di gestione in collaborazione dei siti”. La concessione dei monumenti alla Regione Campania è stata confermata più volte sia da Pio Baldi, direttore regionale per i Beni culturali della Campania,che ha spiegato “Si tratta del primo esempio di trasferimento di competenze, dallo Stato alle Regioni”, sia dall’assessore al turismo della Regione Claudio Velardi che ha ribadito che si tratta del “primo accordo con cui il Mibac affida la tutela e la valorizzazione di alcuni beni culturali della regione alla regione stessa”.

Ma quali sarebbero i monumenti interessati? Si tratterebbe di 23 monumenti, compresi tra i Campi Flegrei, l’isola di Capri, il museo storico di Nola, Velia e la certosa di Padula, insomma tutti gioielli unici al mondo per bellezza e valenza storica.

Si tratterebbe dunque di un primo passo verso quello che molti hanno definito “federalismo archeologico”, cioè di affidare alle istituzioni locali la gestione dei siti attrattivi del proprio territorio, il tutto sotto la supervisione della Sovrintendenza. Una cosa davvero lodevole, in teoria, che permetterebbe alle comunità locali di gestire direttamente i propri beni e quindi di usufruire dei relativi introiti, creando posti di lavoro e favorendo in questo modo lo sviluppo economico e culturale di queste zone.

In realtà le cose non stanno per niente così, infatti l’Accordo di programma, che poteva essere una occasione di rilancio per la Campania, si trasformato in un’arma a doppio taglio.

La Regione Campania ha infatti affidato tutti i siti archeologici che ha ottenuto in gestione ad una società mista pubblico - privata, la Scabec, con la quale collabora già dal 2003. La Scabec (Società Campana per i Beni culturali), come si apprende dal sito web della stessa società, è stata costituita nel 2003 dalla Regione Campania con lo scopo di “valorizzare il sistema dei Beni e delle Attività Culturali quale fattore dello sviluppo della Regione Campania”; essa però nel 2004, con una delibera della Giunta Regionale è divenuta una S.P.A. a capitale misto pubblico-privato: 51% Regione Campania, 49% privato. La Regione si è inoltre impegnata a finanziare questa società per dieci anni,con un finanziamento totale di 118 milioni di euro.

Una manovra a dir poco “sospetta”, in evidente contrasto con l’articolo 115 comma 3 del Codice dei Beni culturali e del paesaggio che recita “I privati che eventualmente partecipano ai soggetti indicati all’articolo 112, comma 5, non possono comunque essere individuati quali concessionari delle attività di valorizzazione”.

In poche parole la regione ha affidato parte del suo patrimonio artistico ad una società mista pubblico-privata, chiudendo nuovamente nel cassetto i sogni di rilancio e di sviluppo per i cittadini che non solo non potranno beneficiare dei proventi legati alle ricchezze del loro territorio, ma che saranno anche scippati della possibilità di gestire direttamente quello che è un patrimonio di tutta l’umanità, a maggior ragione delle persone che ci vivono vicino. Credo che se uno Stato, in tutte le sue rappresentanze, non sia in grado di gestire, di valorizzare e di proteggere direttamente il suo patrimonio culturale, abbia fallito completamente. Infatti i popoli che non sono in grado di tutelare e di conservare la loro cultura e la loro storia, non sono popoli, ma genti.

Commenti all'articolo

  • Di topolinobau (---.---.---.30) 2 maggio 2009 09:53

    non c’è nulla da meravigliarsi, oramai la fine di un era è vicina dove i beni di interesse artistico, storico, architettonico e paesaggistico erano a disposizione dei cittadini ora sono a completa disposizione di Privati che attualmente gestiscono anche i fondi dello Stato per scopi privatistici organizzando mostre private a beneficio di qualche amico, quei fondi che dovrebbero servire a dare un’ampia valorizzazione, sicurezza e tutela dei beni custoditi dallo Stato, se andiamo ad analizzare queste aziende che compongono la famosa SCABEC prevista dall’accordo di programma firmato tra il ministero per i beni culturali e la regione Campania, si noterano sicuramente tendenze politiche ben specifiche, anche per quanto riguarda i territori occupati dalla società in questione.
    Certamente non sono l’unico a dire qualcosa del genere sono sicuro che leggendo questo documento che è stato posto come interrogazione parlamentare da me trovato per puro caso si può capire qualcosa di più rispetto alla formazione della squadra della SCABEC.

    Napoli, 24 aprile 2009 Pt. n. 131 
    Interrogazione urgente a risposta scritta al Presidente della Giunta Regionale e all’Assessore al Turismo ed ai Beni Culturali.
    Il sottoscritto Pietro Diodato, consigliere della Regione Campania, premesso che:
    La SCABEC (Società Campana per i Beni Culturali), costituita nel 2003 dalla Regione Campania al fine di “valorizzare il sistema dei Beni e delle Attività Culturali quale fattore dello sviluppo della Regione Campania”, è diventata nel 2006 una S.p.A a capitale misto pubblico-privato: 51% alla Regione Campania e 49% a Campania Arte;
    quest’ultima a sua volta è composta per il 44% dalla Pierreci soc. coop. p.a., per il 22% da Mondadori Electa S.p.A. ed il restante 34% , suddiviso in quote non superiori al 10%, da aziende specializzate nei diversi settori della filiera dei beni culturali, dai servizi di accoglienza, alla promozione, ai restauri;
    Scabec, la cui sede operativa – per una singolare coincidenza o per convenienze gestionali tutte da verificare - è in comune con quella della Pierreci soc. coop. p.a. (Centro direzionale isola E7 - 80143 Napoli), gestisce alcuni siti campani d’interesse culturale di competenza statale nei suoi vari aspetti, dalla manutenzione alla organizzazione di mostre, eventi etc., sotto l’alta sorveglianza delle Soprintendenze. Tuttavia la composizione societaria di Scabec, per la presenza di aziende specializzate in attività riconducibili ai beni culturali (Campania Arte S.r.l.), alimenta fondati sospetti circa l’esistenza di “conflitti d’interessi” nelle concessioni dei servizi aggiuntivi;
    a tal proposito la vicenda riguardante il prossimo bando di gara finalizzato alla gestione di tutti i siti archeologici e monumentali della Campania può senz’altro rappresentare un campione delle malcelate e in qualche misura, giustificate preoccupazioni degli imprenditori e delle aziende operanti nella filiera dei beni culturali. Tale bando di gara già indetto nel 2008, fu oggetto di ricorso e revocato. Orbene, ai sensi della direttiva circolare n.135/2005 del MiBaC non si riferirà a singoli lotti, come avvenne nel 1998 quando in base alle legge Ronchey, furono espletate le gare per la concessioni della gestione dei servizi aggiuntivi, ma sarà effettuata una gara unica, che poggerà la sua architrave sulla specifica dei servizi aggiuntivi nell’ottica dei multiservizi. In tale prospettiva, considerata le peculiarità del socio di minoranza della Scabec rispondenti appunto ad un’ottica di multiservizio è palese o, quantomeno verosimile, che Scabec si candidi a gestire monopolisticamente tutti i siti oggetto di gara in Campania;
    ad avvalorare tale teoria concorre tra l’altro il fatto che i soci di maggioranza della quota di minoranza di Scabec detengono a tutti gli effetti il 95% delle concessioni dei siti culturali attualmente gestiti. A proposito dei servizi aggiuntivi, la Corte dei Conti ha recentemente denunciato: “ Otto società concessionarie gestiscono in Italia il 90% dei servizi, una è addirittura presente in 24 musei con ricavi che si avvicinano al 24% del totale”. Tra le imprese dominanti ritroviamo la Mondadori con la incorporata Elemond e la Electa titolari rispettivamente di 24 e 16 concessioni in tutta Italia. Le stesse che insieme alla Pierreci, cooperativa dell’area Legacoop, hanno dato vita a Campania Arte Ed è ancora Electa Napoli, capofila delle Ati, con Civita Servizi e Pierreci ad occuparsi dei servizi aggiuntivi in diverse aree archeologiche e nei musei: Nazionale di Capodimonte, San Martino, Sant’Elmo, Duca di Martina, Diego Aragona Pignatelli Cortes, Archeologico Nazionale di Napoli, Archeologico dei Campi Flegrei, dell’Antica Capua e Mitreo; oltre a tale rilevante ed inquietante aspetto, ve ne sono altri di non meno notevole importanza quali: a) i motivi di conflittualità tra Ales, costituita da Beni Culturali ed Italia Lavoro, società leader del mercato anche se promossa dagli affidamenti diretti, e la Scabec e tra queste ultime e la Direzione Regionale Beni Paesaggistici e ambientali della Campania; b) i 25 siti da gestire per conto del Mibac, ‐come denunciato dai sindacati di categoria ‐alcuni (6) sono chiusi al pubblico per cantieramento di lavori sospesi per mancanza di fondi od omissive indizioni di gara, altri di scarso rilievo (5), 14, infine, sono fruibili con grosse difficoltà data la carenza di risorse umane ed economiche, che pregiudicano un ottimale servizio. Sono ancora gli stessi sindacati a porre la questione della perdita dei fondi d’incentivazione a causa della gestione dei privati e soprattutto un quesito che al momento non ha ancora trovato risposta: “
    Come e da chi sarebbe reclutato il personale occorrente per la salvaguardia e valorizzazione considerato che le 234 unità di vari profili, insistenti nei 25 siti sono insufficienti?”. E’ fin troppo evidente, data l’importanza e la delicatezza dei temi su accennati che essi saranno ripresi e diverranno il focus di altri miei atti ispettivi, al momento occorre fare chiarezza su quella che sarà il prossimo assetto della gestione dei servizi aggiuntivi. Pertanto, al fine di garantire la più larga e qualificata partecipazione ai bandi di gara e, soprattutto, l’eliminazione di ogni tentazione monopolistica, il sottoscritto interroga il Presidente della Giunta Regionale e l’Assessore al Turismo ed ai Beni Culturali per conoscere:
    -considerato che Scabec tra l’altro gestisce gli allestimenti, l’organizzazione di mostre, con la pubblicazione dei relativi cataloghi, nell’ambito di siti ove al momento vige – seppur in regime di proroga – la presenza di diversi concessionari, se laddove tali concessionari non sono in alcun modo riconducibili ai soci di minoranza della Scabec non si manifesti una palese e stridente contraddizione avendo la legge Ronchey sancito l’esclusività della gestione dei servizi aggiuntivi ai concessionari dei siti;
    -le eventuali conflittualità e la tipologia dei rapporti che regolano interventi, competenze e gerarchie tra Ales, Scabec e Direzione Regionale Beni Paesaggistici e Ambientali della Campania atteso che tra le funzioni di quest’ultima, oltre a quelle d’istituto, rientrano anche la promozione e la valorizzazione dei beni culturali, obiettivo questo che rappresenta la ragion d’essere – come comprova la lettura dell’art. IV dello statuto di fondazione della Scabec – delle due società regionali che si occupano del patrimonio culturale della Regione Campania;
    -se risulti al vero che l’Amministratore delegato di Scabec ricopra anche la carica di Presidente della Pierreci soc. coop. p.a. e se tale confusione di ruoli sia rispettosa delle norme di legge vigenti in materia; 
    -quali strumenti intendano adottare per evitare che si crei di fatto il monopolio della Scabec nelle concessioni per le attività della filiera dei beni culturali e dei servizi aggiuntivi e per garantire pari opportunità d’impresa alle piccole e media aziende campane e napoletane che operano nei vari ambiti della cultura, facendone parte integrante, con dedizione, professionalità, competenza e sacrifici. 
    On. Pietro Diodato
    • Di Rondine (---.---.---.157) 4 maggio 2009 16:58
      Penso che l’On. Pietro Diodato ha centrato il problema con la sua interrogazione, in passato è stato molto attivo e presente sui problemi dei Beni Culturali in Campania pertanto mi auguro che continui su questa strada. Un caro Saluto
    • Di passatore (---.---.---.2) 6 maggio 2009 11:42

      i beniculturali rappresentano uno dei cardinidell’economia nazionale quindi ben vengano coloro che fanno chiarezza su tutto ciò che riguarda la loro gestionespecie se ci sono poteri che vogliono gestire nell’ombra. L’Onorevole Dipodato ha svolto e sta svolgendo opera meritoria e competente così come deve fare un rappresentante dei cittadini. Da cittadino auspico che sia l’inizio di un nuovo corso che segni la fine della sudditanza e l’inizio della vera democrazia (che non a caso significa la partecipazione del popolo al governo dei suoi interessi. Saluti a tutti e a chi ci rappresenta degnamente.

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