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Cagliari: città d’arte e cultura a prova di delusioni

Conservo cari i rari ricordi cagliaritani di quand’ero ragazzino. I piccioni sempre a frotte di Piazza Matteotti, la tavola azzurra di Cala Mosca, le ripidissime scalette che da Sant’Avendrace conducevano alle antiche tombe di Tuvixeddu. Fatti pochissimi passi sotto la Piazza d’Armi, allora, potevi arrivare subito in aperta campagna; poco costruita e moderatamente trafficata era anche tutta la zona del così detto ‘Quadrifoglio’.

Proprio l’incrocio del Quadrifoglio costituiva luogo di transito obbligato per raggiungere, in quel di Barracca Manna, estrema propaggine cagliaritana storicamente a vocazione agricola e oggi interamente costruita anche se precariamente urbanizzata, il terreno di campagna, per me una specie di paradiso terrestre, dove uno zio teneva un orto con alberi da frutta, animali da cortile e alcuni simpatici porcellini d’India.

Più grandicello, mi piaceva andare a Cagliari in treno, in auto o in pullman, con amici. Della città, ogni volta, scoprivo cose nuove; stare in mezzo a quel traffico e a quel movimento caotico, però, a me che arrivavo dalla piccola, al confronto, città di Nuoro, dava sempre la stessa impressione: quella di trovarmi in una città vera, in una importante capitale situata nel cuore pulsante del mondo. Inoltre c’era sempre un qualcosa di più, nell’aria di Cagliari, un qualcosa di positivo e di inebriante che ora sembra essersi consumato fin quasi a scomparire.

Il trascorrere del tempo non ha fatto altro che accrescere, rinsaldare e affinare il grande affetto che ho sempre nutrito per questa città, un luogo che negli anni di cui parlo offriva tutte le attrattive che rientravano nell’ancora limitato campo dei miei interessi, per esempio in fatto di libri e di musica che andavo scoprendo man mano proprio frequentandone le assai fornite librerie e i tanti negozi che vendevano dischi.

Città non ancora del tutto globalizzata e sicuramente più a misura d’uomo rispetto a oggi, era Cagliari negli anni della mia prima giovinezza e perciò facile da amare anche per quel suo penetrante profumo di mare, per la bellezza delle sue strade e piazze, per l’imponenza dei suoi palazzi, la frescura e la confortante intimità dei vicoli del suo centro storico, gli innumerevoli monumenti carichi di storia.

Ora sono quasi vent’anni che ci vivo, in questa città, e certo durante tutto questo tempo il mio amore per Cagliari non è diminuito, nonostante negli ultimi decenni numerosi cambiamenti ne abbiano modificato sensibilmente l’aspetto e il modo di essere. I cambiamenti intervenuti più di recente, peraltro, non sempre si sono rivelati migliorativi.

Il capoluogo della Sardegna, oggi, si trova inserito a pieno titolo nel grande calderone del "mondo globale". E’ una città sempre bellissima ma piena di contraddizioni sociali ed estetico-urbanistiche, caotica per il gran traffico che interessa purtroppo quasi tutte le strade del centro abitato, affaticata dagli sforzi che una piccola ‘capitale’ quale essa è deve compiere, giorno dopo giorno, per mantenersi dignitosamente al passo con i tempi.

Come la stragrande maggioranza delle città italiane che possiedono caratteristiche analoghe, essa si trova totalmente avviluppata in una crisi economica che sembra non avere fine mentre per altri versi appare prigioniera di uno stato di turbamento e di disorientamento sociale generalmente diffusi, dovuti all’inarrestabile decadimento dei valori che è avvertibile, quando non chiaramente constatabile, nello svolgersi quotidiano dei rapporti umani, anche di quelli più rapidi e superficiali.

Non esistono più, oggi, le attivissime bettole e osterie che in passato si trovavano disseminate nei più diversi punti dell’abitato. Esse contribuivano a caratterizzare il tessuto sociale dell’intera città e costituivano in parte sensibile il sistema commerciale e di accoglienza che Cagliari adottava nei confronti dell’intero Campidano e dei centri situati più all’interno dell’isola. Sono del tutto scomparsi anche is baxius, così venivano chiamati i sottani della città e finanche, quasi, is corralis’ , brevi e strettissimi passaggi tra le costruzioni a più piani: entrambi favorivano la socializzazione e i rapporti di solidarietà tra famiglie dirimpettaie o comunque vicine.

Per giunta la città stenta a interagire, a fare, come si dice spesso, ‘sistema’ con il ‘continente’ e con le altre regioni mediterranee. Sembra, la ‘città bianca’ (Cagliari viene definita in tal modo per via delle grandi quantità di roccia calcarea che vi si estraevano fin dai tempi più antichi), una città assopita, un complesso urbanistico e sociale diventato chiuso e asfittico che nonostante tutto riesce ad accogliere numerose e popolate comunità come quelle dei pakistani, cinesi e orientali in genere, africani e arabi di varia nazionalità, est-europei. Ciò avviene peraltro non senza (almeno apparente) contraddizione.

Cagliari, soprattutto, appare lontana dalle altre città sarde e forse addirittura antagonista, culturalmente parlando, dei centri situati all’interno dell’isola. Sembra estranea, quasi scostante rispetto al modo di vivere delle popolazioni delle campagne e dei piccoli paesi. Per altro verso, purtroppo, la capitale dei sardi dimostra con sempre maggiore frequenza di saper essere città violenta, criminale e del malaffare. Specchio fedele dei tempi, insomma, e simile, in questo, a tutte le città del mondo ovunque esse si trovino, la nostra città in cortocircuito sembra non riuscire a sottrarsi alle implicazioni negative indotte dalla modernità, alle conseguenze nefaste di un’economia in ginocchio e a quanto di deleterio e di estraneo alla propria indole e al proprio essere proviene dal mondo esterno e da culture ‘altre’.

Tutto ciò, ovviamente, non può essere addebitato alla città e alle sue istituzioni astrattamente considerate, né resa dei conti può essere chiesta, se non per tutto ciò che concerne le responsabilità che non possono che essere e rimanere individuali di ciascuno, all’uomo semplice che calca le strade cittadine, soprattutto quelle dei quartieri più degradati e trascurati.

Suona strano che la più grande e ricca città della Sardegna e capoluogo di una regione molto dotata di risorse, ma perennemente in agonia, non riesca a spiccare quel salto di qualità che le consentirebbe di diventare città esemplare sotto i più molteplici aspetti. Strategicamente posizionata, essa è indubitabilmente città di mare, essendo dotata di porti (per il traffico passeggeri, industriale e turistico), spiagge (prima tra tutte, meraviglia tra le meraviglie, quella del Poetto), di sole, godendo, per una buona parte dell’anno, di un clima favorevolissimo, di enormi risorse ambientali (compendio dello stagno di Molentargius – Saline - Poetto, laguna di Santa Gilla, Monte Urpinu, Monte Claro, Colle di San Michele, Promontorio di S.Elia), detentrice di siti storico archeologici e di interesse geologico di valore eccezionale (anfiteatro romano, necropoli punica, ancora il Capo S.Elia per i ritrovamenti di antica epoca che vi sono stati fatti, il sistema intero della Cagliari sotterranea costituito da decine di siti che conservano, tra l’altro, antiche cisterne e pezzi di acquedotto romano, tra gli altri).

Che Cagliari sia luogo d’arte e di cultura, poi, è testimoniato dalla presenza, in città, di numerose strutture espositive (tra le quali la Pinacoteca Nazionale e la Galleria comunale d’arte) che ospitano interessanti e preziose collezioni di manufatti artistici e raccolte di opere dell’artigianato sardo e di vario altro genere e di pregevoli realizzazioni architettoniche risalenti alle epoche più varie.

Cagliari merita di essere vista, insomma: è, innegabilmente, come Napoli e Palermo e Bari, una città dove andare a passare del tempo, per esempio d’estate. E’ per questo motivo che occorrerebbe incrementare le potenzialità e l’offerta dei servizi di accoglienza della città con politiche locali serie, concrete, che non si limitino alla invenzione di slogan che di fatto si accompagnano sempre a promesse impossibili da mantenere, che adombrano proposte implicanti la realizzazione di azioni che portate a compimento avrebbero solo ripercussioni negative sullo sviluppo del capoluogo sardo, non solo sotto il profilo turistico (e quindi economico), ma anche sotto il profilo culturale, ambientale e dell’identità e del radicato senso di appartenenza ad esso di coloro che ci vivono.

Negli ultimi decenni è soprattutto la politica ad essere stata veramente distratta nei confronti della città, quella stessa politica contro cui in tutta Italia va irrimediabilmente e fortemente infrangendosi la disaffezione di chi lavora, delle donne, dei giovani ai quali, continuando di questo passo, sarà difficile garantire un futuro, dei pensionati, in modo particolare di quelli che dopo un’intera esistenza di lavoro e di sacrifici si trovano costretti da una grama quotidianità a vivere con pensioni talmente misere da non consentire la meritata serenità economica a chi le percepisce.

E insieme alla politica nazionale e quella forte dei poteri regionali è, come dappertutto può accadere, la politica dei sindaci imprenditori e amici del cemento che ha inciso moltissimo, negli ultimi anni, sulla qualità del vivere a Cagliari: è quella degli assessorucci, avvocatini rampanti e inconcludenti o altri sforniti delle cognizioni che occorrono per occuparsi della gestione del patrimonio della città e del complesso delle risorse e delle finanze comunali, per potersi pronunciare e operare con un minimo di sicurezza e di dignità personale, cose che richiedono alti livelli di capacità e preparazione, oltre che di sensibilità, di lungimiranza e di amore per la città.

E’ la politica di coloro che hanno messo a repentaglio, a rischio distruzione o di serio danneggiamento, il patrimonio ambientale e storico-archeologico di Cagliari. Gli amministratori di più recente nomina avranno un bel da fare per cercare di porre rimedio, quando ciò fosse ancora possibile, agli effetti negativi delle politiche adottate da chi li ha preceduti.

Scrive il viaggiatore americano J.E.Crawford Flitch, capitato in Sardegna agli inizi del Novecento: "Il fascino di Cagliari è questo: che continuamente lo dimentichi. Ogni città ha la natura di una prigione, ma nessuna ha tante scappatoie come Cagliari. Con una sottile aria di modestia, essa smentisce i suoi allettamenti e di continuo ti invita a guardare lontano da lei. […] Non conosco città che conceda a se stessa di essere così permeata dallo spirito del luogo: viverci vuol dire vivere su di un fianco di montagna, perpetuamente tonificati dal vivo dello spazio circostante"

Se siete curiosi, se amate le cose belle e anche il mare, se vi sentite vulnerabili rispetto alle fascinazioni descritte da Crawford Flitch, venite a Cagliari e passateci del tempo. La città vi aspetta ed è sicura di non deludervi.

Commenti all'articolo

  • Di Giorgio Zintu (---.---.---.68) 2 giugno 2012 14:52
    Giorgio Zintu

    Concordo su questo ritratto di Cagliari, che purtroppo non conosco così bene come vorrei. Il viaggio di Manca è meno trasgressivo di quello che ne fa Atzeni in Bellas Mariposas ma attendibile. Ne esce il profilo di una città capoluogo, in parte lontana e allo stesso tempo vicina alla tradizione, all’isola, un posto di contraddizioni palpabili.
    Sicuramente i partiti dell’isola, a differenza di quanto accaduto nella sorella Corsica, hanno interpretato stonando la Politica. Così i danni all’ambiente sono palpabili come quelli alla tradizione. Ma inutile andare sull’ovvio, meglio uscirne al più presto, sempre prima che se ne facciano altri.
    Su Cagliari vorrei aggiungere qualcosa che mi ha impressionato:
    -la piazzetta sopra i Bastioni di Saint Remy - da cui si apprezza uno scenario di straordinaria ampiezza sul golfo oltre che godere di una brezza piacevole;
    - l’orto botanico, ben tenuto, su viale Fra Ignazio che merita una sosta ristoratrice dopo la passeggiata.
    C’è poi da ricordare un cagliaritano (anche se non esattamente di nascita) che da Cagliari ha disegnato la storia di Tex Willer: Aurelio Galleppini, noto come Galep. Un amico, Mattia Camellini, mi raccontava che il padre, all’epoca critico d’arte di un giornale cagliaritano, ne avesse colto prima di altri le potenzialità artistiche. E c’è una chiesa a Cagliari (la Cappella dell’Istituto San Vincenzo) dove Galleppini aveva dipinto, prima di lasciare l’isola, dei quadri sul tema della Via Crucis. Sì Cagliari merita più di una visita.

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