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CHRONORAMA, una mostra affascinante a Palazzo Grassi

C’è tempo fino al 7 gennaio per ammirare una serie di fotografie, una più bella dell’altra

 

La Pinault Collection ha ideato per Palazzo Grassi una mostra – Chronorama, da Chrono, riferito allo spazio-tempo e Orama, riferito alla vista - che rappresenta contemporaneamente il tempo che fugge e la traccia visiva che lascia.

Tutto questo è narrato da 407 opere, realizzate fra il 1910 e il 1979, ordinate cronologicamente per decadi. Sinteticamente, mostrano tutto quello che è successo nel secolo scorso, attraverso uomini, donne, vita quotidiana, sogni, drammi, momenti storici.

Se il XIX° secolo è stato l’ultimo baluardo della civiltà di cui è portatrice la parola scritta, il XX° è presto divenuto il secolo dell’immagine. Così, tempo e immagini sono diventati inseparabili.

Tutto questo materiale, in parte inedito, che mai ha raggiunto la luce, proviene da una fonte straordinaria e incredibilmente ricca: l’archivio Condé Nast, parzialmente acquisito dalla Pinault Collection nel 2021. Attualmente Condé Nast, uno dei più grandi gruppi editoriali del mondo, possiede venticinque testate, tra cui le storiche riviste “Vogue”, “Vanity Fair”, “House & Garden” “Mademoiselle “ e il “New Yorker”.

Il bello della mostra è che le fotografie non sono presentate come corredo di un articolo o di una pubblicità per una rivista, ma, estratte dal contesto editoriale originario, vengono esposte in quanto opere d’arte a pieno titolo.

Decennio dopo decennio, Chronorama stimola una riflessione sulla storia del XX° secolo, filtrata dalla lente di 185 fotografi e illustratori, dai più illustri – Adolf de Meyer (1868 – 1946) ; Margaret Bourke-White (1904 – 1971), la prima fotografa documentarista donna, accreditata presso le forze armate americane e ammessa a lavorare con loro ; Edward Steichen (1879 – 1973) ; George Hoyningen-Huene (1900 – 1968) ; Horst P. Horst (1906 – 1999) ; Lee Miller (1907 – 1977), la fotografa americana di guerra ; Cecil Beaton (1904 – 1980) ; Irving Penn (1917 – 2009) ; Diane Arbus (1923 – 1971) ; Bert Stern (1929 – 2013) ; David Bailey (1938) ; Helmut Newton (1920 – 2004) – ad altri sconosciuti al grande pubblico.

Ai ritratti delle icone dello spettacolo – Marlene Dietrich, Jeanne Moreau, Federico Fellini/Giulietta Masina, Catherine Denevue, Marcello Mastroianni, Anna Magnani, Audrey Hepburn, Mick Jagger, Liza Minnelli, solo per citarne alcune – e delle grandi personalità del XX° secolo – John F. Kennedy, Winston Churchill, Jesse Owens, Walter Gropius – si affiancano fotografie di moda, fotoreportage, scatti di architettura, nature morte e saggi di fotografia documentaristica.

Le riviste del gruppo Condè Nast compongono nel tempo che passa un immaginario che rispecchia le ambizioni dell’uomo per bene in un’interpretazione riveduta e corretta. Si potrà osservare il declino dell’illustrazione a vantaggio della fotografia. E’ testimoniata altresì l’evoluzione del senso estetico nel tempo.

C’è un cambio di gusto nel campo della moda, dell’architettura, dell’arredamento, del Design o delle rivoluzioni in campo artistico, che si riflette in tutte le opere esposte e forse anche un modo, se non nuovo, per lo meno diverso, di vedere il mondo.

La donna, imprigionata dai corsetti, oppure costretta alla ritualità del reggicalze, improvvisamente sembra liberarsi dalla schiavitù, grazie all’avvento del collant e della minigonna.

Chronorama dunque intende dar conto di una cultura fotografica prolifica, interrotta bruscamente dall’avvento della fotografia digitale.

Risuscitando e ripubblicando numerosi scatti recuperati dagli archivi, la mostra aggiunge un nuovo capitolo alla loro storia e consente alla generazione dei Millennials di avvicinarsi a questo mezzo artistico, che è sia oggetto estetico, sia strumento comunicativo e di narrazione.

L’archivio Condé Nast è paragonabile a una capsula del tempo da custodire. Lo scopo di Chronorama è di offrire una panoramica definitiva, una carrellata di uomini e donne nel fiore degli anni, che presto potranno essere ricordati solo tramite le immagini, poiché i loro contemporanei e testimoni saranno tutti svaniti, in silenzio, con il passare degli anni.

Le foto in bianco e nero, numerosissime, costituiscono la maggior parte del materiale esposto e risultano più espressive ed emozionanti di quelle a colori, nonostante la bravura dei fotografi.

Consigliata non soltanto agli amanti del Glamour, la mostra è aperta tutti i giorni, tranne il martedì e il giorno di Natale, dalle 10 alle 19.

Il ricco catalogo, edito da Marsilio Arte, (pp.352, con 318 illustrazioni a colori e b/n) è organizzato cronologicamente e accosta all’apparato iconografico i testi critici firmati da storici della fotografia e studiosi, i quali introducono ciascuna decade e raccontano i retroscena delle immagini selezionate.

Dopo l’introduzione di Matthieu Humery, curatore della mostra e storico della fotografia francese e di Andrew Cowan, consulente storico, risulta di estremo interesse quello di Anna Wintour, Chief Content Officer, Condé Nast, e Global Editor Director, Vogue, che riflette sulle scelte coraggiose che l’arte deve prendere per tradurre il proprio tempo in immagini, chiedendosi : Chi è importante? Cosa è rilevante in questo momento? Cosa sta succedendo davvero? Le risposte possono dare adito a dibattiti infuocati.

A seguire, i testi inediti di Sylvie Aubenas, Nancy Barr, Susanna Brown, Philippe Garner, Matthieu Humery, Paul Martineau, Rubin Muir, Ivan Shaw.

Proiettandoci al 2024, dal 17 marzo al 6 gennaio 2025, Palazzo Grassi presenterà un grande progetto espositivo dedicato al lavoro dell’artista americana Julie Mehretu (1970, Addis Abeba), a cura di Caroline Bourgeois in collaborazione con l’artista stessa. L’esposizione include opere realizzate da artisti che fanno parte di una cerchia di amici stretti di Julie Mehretu o personalità che l’hanno influenzata : Nairy Baghramian, Huma Bhabha, Robin Coste Lewis, Tacita Dean, David Hammons, Paul Pfeiffer e Jessica Rankin.

Il lavoro di Julie Mehretu è astratto.

Le sue composizioni, sensuali ed emotive, sono intrise di tracce e segni immaginativi che emergono alla superficie da una densità di idee complesse e stratificate, che hanno origine nel suo impegno di lunga data con le tradizioni e le tracce della storia e della fotografia. I suoi riferimenti sono di vasta portata: la storia dell’arte, la sociopolitica, la geografia, l’attualità e la vita privata. Eppure, la sua insistenza sul linguaggio dell’astrazione le ha offerto uno spazio unico di emancipazione per la sperimentazione e l’espressione.

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