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Burocrazia zero: tanto rumore per nulla

Sarebbe già un risultato apprezzabile se qualcuno replicasse con argomenti concreti al fatto che da troppo tempo si ascolta un turbinio di parole sullo snellimento burocratico, sulla semplificazione e sul fatto che tali affermazioni non hanno prodotto effetti sensibili e degni di nota.

Si possono leggere quasi quotidianamente articoli di epocali iniziative in attuazione di una celeberrima, immaginifica “sburocratizzazione”, che daranno spinta e vigore alle legittime esigenze del privato ed alla desolante inerzia del dipendente pubblico. In ogni dove, in editoriali ed in convegni: vagheggiamenti di concetti che rischiano di restar tali.

Nessuna considerazione apodittica, assolutista, nessun bastone tra le ruote del progresso e dell’efficienza: solo una sintetica, individuale considerazione da chi, giocoforza, tratta la burocrazia per lavoro e, forse, può constatare con più facilità se davvero i processi decisionali si stiano velocizzando o, al contrario, complicando.

La burocrazia non ha in sé connotazione “inflittiva”: è strumento che organizza la “macchina” statale e locale, mediante una necessaria regolamentazione delle varie attività ed azioni sul territorio, ricordando, come dato oggettivo, che la competenza ad emanare leggi “viaggia” tra Stato e Regioni.

Così, se dovessi rispondere con un semplice sì o no alla domanda: "l’affastellamento delle norme e dei regolamenti, i rapporti interni ed esterni, si sono ridotti e/o semplificati?" risponderei convintamente no. Anzi, aggiungerei che essa pare appalesare ulteriori appesantimenti, complicazioni procedimentali tra uffici, rapporti interni sempre più impostati sulla burocrazia.

Si evince, a poco a poco, quanto “burocrazia zero” sia solo, ad oggi, demagogica annunciazione, espressa - forse – con l’intento di accattivarsi il gradimento di una riottosa cittadinanza piuttosto che delle categorie produttive.

La indispensabilità della norma resta un fatto, che connota e sottende la funzione pubblica come funzione di responsabilità e “sensibilità” nell’utilizzo attento di risorse pubbliche (umane e finanziarie): la teorizzata assenza di “lacci e laccioli” in senso smaccatamente liberista, potrebbe arrecare paradossalmente svantaggio proprio ad iniziative solide, grazie ad una maglia ipotizzata più larga ed elastica di valutazione, a favore di eventuali altre “estemporanee”.

Quello che va modificato e rimodulato è la percezione che vede, da una parte, talvolta con ragione, il funzionario proteggersi con un’interpretazione normativa sempre più restrittiva, dall’altra, il privato intendere come diritto ogni propria istanza, ritenendola migliore e prioritaria rispetto alle altrui.

Lo snellimento deve andare di pari passo con una “competenza” che agisca da “ponte” tra le due opposte sponde, senza attribuire strumentalmente e ad ogni piè sospinto incapacità o cecità alla parte burocratica. I risultati duraturi, strutturali sono quelli che vedono ed hanno visto la partecipazione e l’unitarietà d’intenti di tutti i componenti della società civile.

Nessuno si senta legittimamente escluso da tale impegno.

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