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Blogger in prigione USA: rischia 100 anni di carcere per un link

I media USA lo hanno già ribattezzato "lo strano caso di Barrett Brown", come riporta Carola Frediani su Wired, rivista che lo aveva intervistato nel 2011. Il blogger e giornalista investigativo, ex portavoce di Anonymous, è stato arrestato un anno fa, il 12 settembre 2012. Il suo processo si apre domani. 
 
 
Ha passato gli ultimi 12 mesi in una prigione federale, in attesa di un processo che potrebbe concludersi con una condanna pesantissima. Per il crimine da lui commesso, Brown rischia infatti fino a 105 anni di carcere.
 
Ma qual è il terribile delitto di cui si è macchiato il data journalist americano? Stupro? Omicidio? Terrorismo con finalità stragiste? Niente di tutto questo.
 
Scrive la Frediani:
"A partire dal 2012, Brown è stato accusato di una serie di reati, in particolare di aver minacciato un agente federale in un video diffuso su YouTube; di aver ostacolato la giustizia nascondendo un suo laptop; e di aver pubblicato dei link a carte di credito rubate" 
Chiariamo una cosa: Brown non è un hacker come gli enfants terribles di Anonymous; come abbiamo già accennato è un semplice blogger che rilanciava su siti come l'Huffington Post USA o su riviste come Vanity Fair, la battaglia degli Anon (e di WikiLeaks) per la trasparenza e la libertà d'informazione.
 
Ad un qualsiasi altro giornalista/blogger - americano o non - potrebbe toccare la sua stessa sorte. 
 
Scrive in proposito l'associazione di tutela della categoria USA, il Committee to Protect Journalists
“I giornalisti spesso fanno crowdsourcing o utilizzano lo stesso per l’analisi di grandi quantità di dati. A volte si tratta di informazioni che hanno un’origine legale, altre volte no. Ma secondo il teorema del governo, ora dei reporter possono essere indagati solo per il fatto di linkare file già pubblicati che contengono informazioni sensibili, anche se loro stessi non c’entrano nulla con la violazione”
Non c'è dubbio che l'accanimento nei confronti di Brown, al quale sono stati proibiti i contatti con la stampa, risulta essere l'ennesima dimostrazione della crociata lanciata dall'amministrazione Obama contro gli attivisti digitali.
 
Bradley Manning ed Edward Snowden non sono, purtroppo, gli unici whistleblower finiti nel mirino della giustizia USA. E tutto fa pensare che non saranno nemmeno gli ultimi. 

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