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Bindi e Tiraboschi ad Annozero

Bindi e Tiraboschi ad Annozero hanno discusso sul mercato del lavoro, sulla legge Biagi, sul precariato nel pubblico impiego. Di seguito un’opinione in favore di Tiraboschi, con breve analisi dell’errato sinonimo di precariato e flessibilità.

LUCA LODI: Ho ascoltato parte della puntata “Chi perde paga” di Annozero del 16 ottobre, la parte in cui si parlava del precariato. Secondo me Rosy Bindi andava un po’ fuori tema, non mi è sembrata sufficientemente preparata in materia (senza soffermarci sui numeri dichiarati…). Condivido invece l’opinione espressa da Michele Tiraboschi, perché non possiamo parlare di precariato nel pubblico impiego quando si discute degli effetti della legge o riforma Biagi che dir si voglia (che si applica al lavoro privato); perché non si può negare che il lavoro a termine abbia concesso opportunità a coloro che si trovavano in una situazione ancor più precaria, ovverosia l’inoccupazione o la disoccupazione; perché è dovere del giurista, dell’ecomomista e del politico notare che in un mercato del lavoro che cambia il lavoratore deve sapersi mettere in gioco, forte del fatto che “se egli vale” non verrà lasciato e casa e, quindi, contratti c.d. precari (quando precari potrebbero non essere) tenderanno a trasformarsi in contratti di lavoro a tempo indeteminato (i famigerati contratti di “lavoro stabile”), cioè in quel contratto che troppo spesso viene cercato solo per avere un reddito fisso e non per l’attività di lavoro in sé, quando invece è compito di un giovane sperimentare e sperimentarsi, perché oggi è il know-how che contraddistingue sempre di più le imprese del nostro paese.

Ciò detto, bisogna comunque osservare come il discorso possa notevolmente variare per persone entrate nel mondo dal lavoro da diverso tempo e che, per molteplici ragioni (età, famiglia, impegni di vita od economici, professionalità, ecc.), avranno l’aspettativa più marcata di trovare velocemente un’occupazione stabile, temendo le comuni forme contrattuali diverse da quella a tempo indeterminato.

Tornando a noi, se circolasse meno la convinzione che contratti diversi da quello a tempo indeterminato sono “precari”, allora la “flessibilità” potrebbe attuarsi in tutte le sue forme, con positivo riscontro da imprese e lavoratori, senza confondere i due termini come se fosse sinonimi. Ma sindacati e politica non ci aiutano in questo difficile compito.

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