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Bilancio positivo per la Biennale Architettura 2023, The Laboratory of the Future

Al centro della Mostra per la prima volta l’Africa, la sua diaspora, i temi della decolonizzazione e decarbonizzazione

Si è chiusa domenica 26 novembre 2023 la 18. Mostra Internazionale di Architettura della Biennale di Venezia con 285mila biglietti venduti, cui si aggiungono le 14.150 presenze durante la pre-apertura.

Diventa così la seconda Biennale Architettura più vista di sempre, concepita dalla Curatrice Lesley Lokko, architetto e scrittrice ghana-scozzese, per essere la prima Mostra di Architettura dove i riflettori erano puntati sull’Africa e sulla sua diaspora, su quella cultura definita dalla Curatrice “fluida e intrecciata di persone di origine africana che oggi abbraccia il mondo”, sui temi della decolonizzazione e decarbonizzazione.

La presenza dei giovani e degli studenti si è attestata al 38% dei visitatori totali. I visitatori organizzati in gruppo hanno rappresentato il 23% del pubblico complessivo e circa il 76% è costituito da gruppi di studenti e/o universitari. Questo dato parla di una Mostra particolarmente centrata sulla circolazione delle idee e sulla trasmissione del sapere, che ha accentuato il fenomeno delle visite collettive costituite da studenti e universitari, in un record che ha fatto registrare il triplo delle presenze di gruppo rispetto all’edizione precedente.

2.500 i giornalisti accreditati solo nei giorni di pre-apertura, tra stampa italiana e internazionale, a cui si aggiungono i giornalisti provenienti da agenzie, televisioni, radio, quotidiani, periodici, testate online che si sono via via accreditati durante i mesi di mostra.

Il Presidente della Biennale Roberto Cicutto ha commentato i risultati con queste parole:

La 18. Mostra Internazionale di Architettura curata da Lesley Lokko, che si è chiusa oggi con buoni risultati di presenze, ha attirato l’attenzione del mondo su molte criticità figlie della storia più recente.

I temi decolonizzazione e decarbonizzazione si sono allargati a molti aspetti della società civile, anche in quei Paesi che sembravano esserne “al riparo” o meno esposti.

Lesley ha affrontato la sfida di un College che ha portato a Venezia 49 giovani e 15 tutor da tutti i continenti ad affrontare una riflessione comune che sta già influenzando l'educazione all’architettura. Ringrazio Lesley e il suo team, i partecipanti alla Mostra Internazionale, tutti i Paesi, il Ministero della Cultura, tutte le istituzioni veneziane e non, tutti coloro che hanno contribuito a realizzare la manifestazione, lo staff e i dirigenti della Biennale che hanno reso nuovamente possibile la più importante Mostra Internazionale di Architettura.

La Curatrice Lesley Lokko da parte sua ha dichiarato:

Il banco di prova di questa mostra, o di qualsiasi mostra, non è solo il numero di biglietti venduti, di articoli, di recensioni o di commenti sui social media. È nei piccoli fili, a volte inosservati, che vengono raccolti, amplificati, ricuciti insieme e presentati mesi, anni, persino decenni dopo.

Mi piace pensare - e solo il tempo ci dirà se è un'ipotesi ragionevole - che questa mostra sia stata ricca di fili, se non addirittura di arazzi, e che la sua eredità sia l'impulso a continuare a fare, cucire, ricucire, dire, formulare nuove idee sulla nostra professione, sul suo posto e sulla sua importanza nel mondo dei pensieri e delle cose, arricchendo i discorsi dove può, sostituendo dove dovrebbe, riparando dove è necessario e sostenendo e difendendo ciò che è prezioso. È un'eredità di cui sono incredibilmente orgogliosa.

Esco da questa esperienza riconoscendo che, da un lato, ho avuto probabilmente uno dei team più piccoli di qualsiasi altro curatore fino ad ora, e dall'altro, il più grande. Tutti coloro le cui mani, cuori e menti hanno toccato un qualsiasi aspetto di questa mostra fanno parte di quella squadra, e ne faranno sempre parte.

 

I NUMERI DELLA MOSTRA

 

53 Partecipanti alla Mostra Internazionale

11 Progetti Speciali del Curatore - Food, Agriculture & Climate Change, Gender & Geography, Mnemonic (fuori concorso)

22 Progetti Speciali del Curatore - Guests from the Future (fuori concorso)

3 Partecipazioni Speciali (fuori concorso)

1 Progetto Speciale: Padiglione Arti Applicate in collaborazione con il Victoria and Albert Museum di Londra con la mostra Modernismo tropicale: architettura e potere dell’Africa occidentale

12 Carnival – Expanded Programme

64 Partecipazioni Nazionali, di cui:

27 Partecipazioni Nazionali nei padiglioni storici ai Giardini

23 Partecipazioni Nazionali all’Arsenale (con l’Italia)

14 Partecipazioni Nazionali nel centro storico di Venezia

1 Partecipazione Nazionale presente per la prima volta: Repubblica del Niger.

Repubblica di Panama partecipa per la prima volta con un proprio padiglione.

9 Eventi Collaterali

 

LEONI e PREMI

 

Leone d’Oro alla carriera attribuito su proposta della Curatrice all’artista, designer e architetto nigeriano Demas Nwoko.

 

La Giuria Internazionale, composta da Ippolito Pestellini Laparelli (presidente, Italia); Nora Akawi (Palestina); Thelma Golden (USA); Tau Tavengwa (Zinbabwe); Izabela Wieczorek (Polonia), ha attribuito così i premi ufficiali:

 

Leone d’Oro per la miglior Partecipazione Nazionale al Brasile

Una menzione speciale alla Gran Bretagna

Leone d’Oro per la migliore partecipazione a DAAR (Alessandro Petti e Sandi Hilal)

Leone d’Argento per un promettente giovane partecipante a Olalekan Jeyifous

3 menzioni speciali ai partecipanti Twenty Nine Studio / Sammy Baloji, Wolff Architects e Thandi Loewenson .

 

LA BIENNALE PER IL CONTRASTO AL CAMBIAMENTO CLIMATICO

 

La Biennale di Venezia è stata impegnata anche nel 2023 in un’attività di sensibilizzazione e comunicazione verso il pubblico, a partire dalla 18. Mostra Internazionale di Architettura, che è stata la prima grande Mostra di questa disciplina a sperimentare sul campo un percorso per il raggiungimento della neutralità carbonica, riflettendo essa stessa sui temi di decolonizzazione e decarbonizzazione.

La Biennale, impegnata in modo concreto nel cruciale obiettivo del contrasto al cambiamento climatico attraverso un modello più sostenibile per la progettazione, l’allestimento e lo svolgimento di tutte le sue attività, nel 2022 ha ottenuto la certificazione di neutralità carbonica per tutte le proprie manifestazioni svolte durante l’anno, grazie a una accurata raccolta dati sulla causa delle emissioni di CO2 generate dalle manifestazioni stesse e all’adozione di misure conseguenti.

Per tutte le manifestazioni, la componente più rilevante dell’impronta carbonica complessiva è collegata alla mobilità dei visitatori. L’intero processo di raggiungimento della neutralità carbonica, realizzatosi ai sensi dello standard internazionale PAS2060, è stato certificato dal RINA.

 

Alcune informazioni su Carnival e su Biennale College

 

Il programma della Mostra è stato arricchito da Carnival, un ciclo di incontri, conferenze, tavole rotonde, film e performance durante i sei mesi di durata della manifestazione, volti a esplorare i temi della 18. Mostra Internazionale di Architettura. Concepito come uno spazio di liberazione ma anche di spettacolo e intrattenimento, Carnival ha offerto un luogo di comunicazione in cui parole, punti di vista, prospettive e opinioni vengono scambiate, ascoltate, analizzate e ricordate.

Politici, policymakers, poeti, registi, documentaristi, scrittori, attivisti, organizzatori di comunità e intellettuali pubblici hanno condiviso il palco con architetti, accademici e studenti.

Curare un programma di eventi pubblici è sempre più una forma di pratica dell’architettura, che tenta di colmare il divario tra gli architetti e il pubblico.

 

Biennale College è il progetto della Biennale di Venezia dedicato alla formazione e al supporto dei giovani in tutti i settori artistici e nelle attività proprie della struttura organizzativa della Biennale. Già attivo per i settori di Cinema, Danza, Musica, Teatro, Arte e Archivio Storico, Biennale College nasce con l’obiettivo di promuovere giovani talenti, offrendo loro di operare a contatto con Maestri per la messa a punto di “creazioni” che diventeranno parte dei programmi dei Settori artistici.

Per la prima volta quest’anno ha incluso la Biennale College Architettura, che si è svolta dal 25 giugno al 22 luglio, fornendo uno spazio operativo ai partecipanti, i quali si sono confrontati - criticamente e creativamente, tra loro e con gli esperti - sulle due questioni più urgenti del nostro tempo: decolonizzazione e decarbonizzazione.

La nascita di questo College si prefigura di importanza decisiva per il Settore Architettura della Biennale. Tale programma di attività permanenti, “oltre la Mostra”, assume così una configurazione del tutto inedita, volta a favorire lo sviluppo di nuove riflessioni ed energie creative.

 

Concludo con un interessante intervento di Lesley Lokko, prima dell’inaugurazione, che può essere utile per comprendere meglio il significato profondo dell’esposizione.

 

Che cosa significa essere “un agente di cambiamento”? È questa la domanda che ha accompagnato il periodo di gestazione di The Laboratory of the Future (Il Laboratorio del Futuro) e che ha fatto da contrappunto e da forza vitale alla Mostra, mentre si sviluppava nell’occhio della mente, dove si trova tuttora, in bilico, sul punto di nascere.

Negli ultimi nove mesi, in centinaia di conversazioni, messaggi di testo, videochiamate e riunioni, è emersa più volte la domanda se esposizioni di questa portata, sia in termini di emissioni di carbonio, sia di costi, possano essere giustificate.

A maggio dell’anno scorso (in occasione dell’annuncio del titolo) ho parlato più volte della Mostra come di “una storia”, una narrazione che si evolve nello spazio. Oggi ho una visione diversa. Una mostra di architettura è allo stesso tempo un momento e un processo. Prende in prestito struttura e formato dalle mostre d’arte, ma se ne distingue per aspetti critici che spesso passano inosservati. Oltre al desiderio di raccontare una storia, anche le questioni legate alla produzione, alle risorse e alla rappresentazione sono centrali nel modo in cui una mostra di architettura viene al mondo, eppure vengono riconosciute e discusse di rado.

È stato chiaro fin dal principio che The Laboratory of the Future avrebbe adottato come suo gesto essenziale il concetto di “cambiamento”. Nell’ambito di quelle stesse conversazioni che tentavano di giustificare l’esistenza della Mostra, sono state affrontate riflessioni difficili e spesso emotive sulle risorse, sui diritti e sui rischi.

Per la prima volta, i riflettori sono puntati sull’Africa e sulla sua diaspora, su quella cultura fluida e intrecciata di persone di origine africana che oggi abbraccia il mondo. Che cosa vogliamo dire? In che modo ciò che diremo cambierà qualcosa? E, aspetto forse più importante di tutti, quello che diremo noi come influenzerà e coinvolgerà ciò che dicono gli “altri”, rendendo la Mostra non tanto una storia unica, ma un insieme di racconti in grado di riflettere l’affascinante, splendido caleidoscopio di idee, contesti, aspirazioni e significati che ogni voce esprime in risposta ai problemi del proprio tempo?

Spesso si definisce la cultura come il complesso delle storie che raccontiamo a noi stessi, su noi stessi. Sebbene sia vero, ciò che sfugge a questa affermazione è la consapevolezza di chi rappresenti il “noi” in questione. Nell’architettura in particolare, la voce dominante è stata storicamente una voce singolare ed esclusiva, la cui portata e il cui potere hanno ignorato vaste fasce di umanità – dal punto di vista finanziario, creativo e concettuale – come se si ascoltasse e si parlasse in un’unica lingua. La “storia” dell’architettura è quindi incompleta. Non sbagliata, ma incompleta. Ecco perché le mostre sono importanti. Costituiscono un’occasione unica in cui arricchire, cambiare o rinarrare una storia, il cui uditorio e il cui impatto sono percepiti ben oltre le pareti e gli spazi fisici che la contengono. Ciò che diciamo pubblicamente è fondamentale, perché è il terreno su cui si costruisce il cambiamento, sia a piccoli che a grandi passi.

 

Il 2024 sarà l’anno della 60esima Esposizione Internazionale d’Arte, curata dal brasiliano Adriano Pedrosa, direttore del MASP, Museo di San Paolo, realizzato dall’architetta di origine italiana Lina Bo Bardi.

Il titolo scelto, Stranieri Ovunque – Foreigners Everywhere, è tratto da una serie di lavori realizzati a partire dal 2004 dal collettivo Claire Fontaine, nato a Parigi e con sede a Palermo.

Le opere consistono in sculture al neon di vari colori che riportano in diverse lingue le parole “Stranieri Ovunque”. L’espressione è stata a sua volta presa dal nome di un omonimo collettivo torinese che nei primi anni Duemila combatteva il razzismo e la xenofobia in Italia.

Pedrosa lo ha spiegato con queste parole :

L’espressione Stranieri Ovunque ha (almeno) un duplice significato. Innanzitutto vuole intendere che ovunque si vada e ovunque ci si trovi si incontreranno sempre degli stranieri: sono/siamo dappertutto. In secondo luogo, che a prescindere dalla propria ubicazione, nel profondo si è sempre veramente stranieri.

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