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“Bes 2013”, sintesi della sostenibilità del benessere in Italia

Sintesi dei risultati del rapporto Bes 2013 sul Benessere equo e sostenibile in Italia elaborato da Cnel e Istat. Si vive più a lungo, ritardo in istruzione e formazione, grave spreco di risorse umane, deprivazione e povertà in crescita, bassa fiducia negli altri, forte carico sulle reti familiari, reti sociali importanti, la politica lontana dai cittadini, buona la soddisfazione per la vita, il patrimonio è una grande ricchezza non adeguatamente tutelata, crescente impegno delle imprese nell’innovazione.

Il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro (Cnel) e l’Istituto nazionale di statistica (Istat) presentano con il Bes 2013 uno strumento per monitorare le condizioni economiche, sociali e ambientali in cui viviamo, informare i cittadini, indirizzare le decisioni politiche e quelle individuali, con l’intento di offrire un riferimento costante e condiviso dalla società italiana in grado di segnare la direzione del progresso.

Benessere Equo e Sostenibile” (www.misuredelbenessere.it) è un progetto che si è prefissato l’obiettivo di analizzare livelli, tendenze temporali e distribuzioni delle diverse componenti analizzate giungendo a identificare punti di forza e di debolezza, particolari squilibri territoriali o gruppi sociali avvantaggiati/svantaggiati, anche in una pro­spettiva intergenerazionale.

La vita media continua ad aumentare. Le donne sono più svantaggiate in termini di qualità della sopravvivenza: in me­dia, oltre un terzo della loro vita è vissuto in condizioni di salute non buone. Nel Mezzogiorno si ha una vita media più breve e un numero minore di anni vissuti senza limitazioni.

Le donne che risiedono in quest’area, a 65 anni, possono contare di vivere in media ancora 7,3 anni senza problemi di limitazione nelle attività quotidiane, mentre le loro coetanee del Nord hanno davanti 10,4 anni da vivere in tale condizione. Comportamenti a rischio sono l’obesità in crescita (circa il 45% della popolazione maggiorenne è in sovrappeso o obesa), l’abitudine al fumo e tra i giovani si sono diffuse pratiche di abusi nel consumo di bevande alcoliche.

Circa il 40% degli adulti non svolge alcuna attività fisica nel tempo libero e in Italia oltre l’80% della popolazione consuma meno frutta e verdura di quanto raccomandato.

Un ritardo rispetto alla media europea e fortissimo divario terri­toriale si riscontra in tutti gli indicatori che rispecchiano istruzione, formazione continua. Il livello d’istruzione e competenze che i giovani riescono a raggiungere dipende in larga misura dall’estrazione sociale, dalla situazione socio-economica e dal territorio. I figli di genitori con la scuola dell’obbligo hanno un tasso di abbando­no scolastico del 27,7%, a fronte del 2,9% rilevato tra i figli di genitori con almeno la laurea. 

I giovani di 15-29 anni che non lavorano e non studiano sono il 22,7%, la partecipazione culturale delle persone passa al 32,8% e nel 2011 la quota di persone di 25-64 anni con almeno il diploma superiore era del 59% al Nord e del 48,7% nel Mezzogiorno.

Vi è un cattivo impiego delle risorse umane del Paese, soprattutto nel campo del lavoro femminile e dei giovani. Nella classe 20-64 anni il tasso di occupazione è sceso al 61% nel 2011 e il tasso di mancata partecipazione è aumentato al 17,9%, mentre cresce la popolazione di lavoratori sovra-istruiti rispetto alle attività svolte (nel 2010 il 21,1%).

Per le donne la qualità dell’occupazione dipende an­che dalla possibilità di conciliare tempi di lavoro e di vita. Le famiglie italiane sono tradizionalmente caratterizzate da un’elevata propensione al ri­sparmio, una diffusa proprietà dell’abitazione, un contenuto ricorso all’indebitamento. La famiglia ha funzionato da ammortizzatore sociale a difesa dei membri più deboli (minori, giovani e anziani).

Nel nostro Paese sono tradizionalmente forti le solidarietà “corte” e i legami “stretti”, in particolare quelli familiari. La famiglia rappresenta una rete di sostegno fondamentale, un punto di riferimento importante. L’associazionismo e il volontariato rappresentano per il Paese una ricchezza che è meno presente nel Mezzogiorno dove chi dichiara di svolgere attività di volontariato è il 6% rispetto al 13,1% della popolazione di 14 anni e più residente nel Nord. Nel 2012 solo il 20% delle persone di 14 anni e più ritiene che gran parte della gente sia degna di fiducia e tale quota scende al 15,2% nel Mezzogiorno.

Il patrimonio storico e artistico, soffre di un insufficiente rispetto delle norme (oltre 15 abitazioni abusive ogni cento costruite legalmente) e di una non puntuale azione di controllo da parte delle Amministra­zioni. Il dissesto idrogeologico rappresenta ancora un grave rischio, distribuito su tutto il territorio nazionale. La quota di differenziazione dei rifiuti è arrivata al 35,3%, anche se nel Paese quasi la metà è destinata alle discariche. Nel trasporto pubblico il tempo che le persone devono dedicare quotidianamente agli spostamenti è di 76 minuti.

La quota di famiglie che lamenta irregolarità nella distribuzione dell’acqua è all’8,9% nel 2012 e rimane critica la situazione di Calabria e Sici­lia, dove ancora più di un quarto della popolazione denuncia interruzioni del servizio. L’utilizzo di Internet è aumentato negli ultimi anni fino a coinvolgere il 54% della popolazione ma rima­ne ancora 16 punti sotto la media europea. Inoltre. Il divario tecnologico vede sfavorito il Mezzogiorno, gli anziani, le donne e le persone con bassi titoli di studio.

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