Berlusoni precipita nei sondaggi. Napolitano sale. E l’opposizione? Sta a guardare

Giorgio Napolitano, che ho spesso criticato (a volte molto duramente) per la sua passività nei confronti di alcune delle più oscene leggi proposte dall’attuale Governo, si sta comportando, in questo momento, assai meglio di quanto avrei mai sperato, conoscendo la sua storia personale di pallido, in tutti i sensi, uomo di partito.
Il Presidente della Repubblica si è esposto più volte in prima persona, andando ben oltre i limiti imposti dalla tradizione più che dalla Costituzione, per richiamare la classe politica alla realtà di una situazione la cui gravità è, ancora oggi, da molti sottostimata e, diversamente da altri (il Presidente del Consiglio per dirne uno), anziché nascondersi, nei momenti di maggiore difficoltà per il Paese, ha fatto del proprio meglio per essere all’altezza della sfida.
E’, per dir così, cresciuto con essa.
La sua figura, cosa inusuale per un Presidente della Repubblica italiano, è cresciuta anche nella considerazione internazionale. Nessuno pensa, all’estero, che sia un grande statista, intendiamoci, ma rappresenta il volto serio di un paese della cui serietà dubitano ormai in moltissimi.
E’, l’Italia rappresentata da Giorgio Napolitano, un’Italia decente; di questi tempi è già moltissimo.
Molti, sempre di più, vorrebbero che facesse tutto il possibile (e certo, proprio grazie alla popolarità che la sua serietà gli ha guadagnato in questi anni, può fare molto anche senza prendere iniziative di dubbia costituzionalità) per levare al capitano Silvio Berlusconi e alla sua ciurma inadeguata il controllo della malconcia nave Italia.
Nessuno, però, dice chi dovrebbe essere il nuovo comandante, chi i suoi ufficiali e su quali nuove rotte, dovrebbero condurre il bastimento.
Mentre la fiducia in Silvio Berlusconi e nel suo governo raggiunge minimi storici (secondo IPR Marketing si fidano di loro, almeno in parte, rispettivamente il 24 ed il 19% degli italiani) quel che lascia davvero perplessi non è il comportamento del Presidente della Repubblica, ma quello delle opposizioni, ancora incapaci di presentare un chiaro progetto alternativo.
I galli e galletti del centro e del centrosinistra sembrano sempre più impegnati a conquistare qualche minuto di esposizione mediatica, con più o meno roboanti dichiarazione estemporanee, che a definire pochi e chiari punti di politica economica e, soprattutto, che a fare i nomi di un nuovo Presidente del Consiglio e del suo ministro delle Finanze.
Farlo, far sapere agli italiani che un’alternativa credibile al duo Berlusconi-Tremonti esiste, sarebbe stato loro dovere dal giorno successivo alla presentazione dell’attuale, scusate il gioco di parole, impresentabile governo.
Non averlo fatto prima del voto di fiducia da cui Berlusconi uscì indenne grazie al miracolo di San Scilipoti è stato demenziale.
Essere incapaci di farlo ora (apparire, anzi, del tutto disinteressati a farlo), è un vero e proprio tradimento nei confronti del proprio mandato.
Le generiche dichiarazioni di apertura ad un eventuale governo tecnico fatte da Bersani, per fare il nome di chi per primo dovrebbe prendere l’iniziativa, a questo punto fanno venire il latte alle ginocchia: non mettono nessuna pressione addosso al governo in carica, non rappresentano alcun obiettivo verso cui attrarre, eventualmente, pezzi di maggioranza e non contribuiscono in alcun modo alla definizione della compagine che, tra un anno e mezzo, dovrà presentarsi agli elettori per sfidare la maggioranza uscente.
Appare evidente, ad ogni modo, che l’arrivo a fine legislatura del governo Berlusconi, magari con qualche cambiamento cosmetico alla lista dei ministri, rappresenti l’ipotesi più probabile e, allo stato delle cose, più sperabile.
Silvio Berlusconi, per quanto possa aver perso la fiducia Paese, con una opposizione così incapace di fare il minimo, conserverà la maggioranza parlamentare fino a che una drammatica evoluzione dei mercati, e delle piazze, non faccia cambiare idea ai suoi alleati; un'eventualità che, pur con tutto il male che penso di lui e del suo governo, da italiano non mi posso certo augurare.
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