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Berlusconi: quando l’immagine conta. E costa

"La sua incapacità congenita di parlare il linguaggio della serietà, ha sempre fatto considerare Silvio Berlusconi, all’estero, anche prima che si sapesse delle Noemi e delle Ruby, poco più che una macchietta. Un personaggio assolutamente minore della scena politica mondiale; buono per un articolo di colore, durante i vertici internazionali, grazie ai suoi comportamenti da scolaretto discolo in gita di classe" (citazione tratta da un commento a un post di Vittorio Zucconi).

Siamo il secondo paese produttore ed esportatore d'Europa, in campo industriale. Abbiamo un'economia reale assai più solida di quella inglese e alla Francia solo possiamo invidiare, e anche in quel settore stiamo serrando le distanze, il comparto agro-alimentare.

Il nostro debito pubblico è elevatissimo, ma da due decenni, in buona sostanza, non ne generiamo di nuovo. Non siamo un paese che vive al di sopra dei propri mezzi; lo siamo stati durante gli anni '80, e di quella follia paghiamo le conseguenze, ma siamo orami molto più sobri di tutti o quasi gli altri stati europei.

Cresciamo poco; questo è l'unico nostro vero problema. Un problema serio, ma non irresolubile, specie considerando che abbiamo una base produttiva quasi intatta e che sfruttiamo pochissimo il nostro potenziale turistico.

Non c'è nulla d'ineluttabile o di fatale, quindi, nel fatto che i mercati non si fidino di noi.

Numeri alla mano, l'Italia non ha nulla a che vedere con la Grecia e dovrebbe essere considerata assai più affidabile della derelitta Spagna, che ormai vive quasi solo di sole e sangria; se così non è, se è accomunata alla Grecia ed il suo debito è considerato più rischioso di quello spagnolo, la colpa è tutta di Silvio Berlusconi, del suo governo e di chi lo ha eletto accentando il suo patto scellerato: la sua promessa, in cambio del voto, proprio quando era prevedibilissimo che fossero necessari dei sacrifici, di un allentamento del rigore che aveva contraddistinto il precedente governo Prodi.

E’ questo la ragione più vera del ritardo con cui il governo ha affrontato la crisi; il motivo per cui, anzi, ne ha negato l’esistenza.

Mentre il transatlantico Italia faceva già acqua, anziché lavorare per turare le falle, il nuovo Presidente del Consiglio ha preferito ordinare all’orchestra di suonare più forte per nascondere, forse anche a se stesso, la tragedia che si stava avvicinando.

I media da lui controllati hanno preso a raccontare un pseudo-realtà: l’Italia, secondo loro e Dio solo sa perché, stava attraversando la crisi meglio di altri; Silvio Berlusconi era un gigante della politica internazionale, amato dalle folle planetarie ed invidiato dai suoi pari di tutto il mondo.

Affermazioni risibili, in particolare la seconda. Può aver affascinato molti italiani, la maniera di fare di Berlusconi, ma la sua incapacità congenita di parlare il linguaggio della serietà lo ha sempre fatto considerare all’estero, anche prima che si sapesse delle Noemi e delle Ruby, poco più che una macchietta. Un personaggio assolutamente minore della scena politica mondiale; buono per un articolo di colore, durante i vertici internazionali, grazie ai suoi comportamenti da scolaretto discolo in gita di classe.

Comportamenti che hanno reso dei segreti, noti solo agli addetti ai lavori, la sostanziale serietà dell’Italia e la realtà del suo settore produttivo.

L’Italia? Rappresentata da un Presidente del Consiglio da repubblica delle banane, tale è considerata dai cittadini francesi o tedeschi.

Non è mai avvenuto nella sua storia, neppure al termine della Seconda Guerra Mondiale: immaginate, forse, che qualcuno abbia mai riso apertamente di De Gasperi?

Esagero nell’attribuire tanta importanza all’immagine dell’Italia così mal rappresentata da Silvio Berlusconi? Gli investitori, specie i più importanti, badano ai conti assai più di quanto prestino attenzione alla personalità del nostro Presidente del Consiglio?

Il punto è che, proprio a causa del pressappochismo del nostro Governo, i nostri conti sono assai meno a posto di quel che avrebbero potuto essere, ma, soprattutto, che i governi degli altri paesi europei, nel momento in cui devono chiedere ai propri cittadini di sacrificarsi per dare una mano all’Italia si trovano in enormi difficoltà: con molti dubbi e scuotendo la testa, renani e bavaresi, l’Italia possono anche pensare d’aiutarla; il Berlusconistan, invece, assolutamente no.

Se ancora non è stato bocciato in Parlamento, Silvio Berlusconi ha perso la fiducia del paese e, soprattutto, non ha mai avuto quella del resto d’Europa e del mondo; una sfiducia sua personale di cui le risate di Sarkozy e i sorrisi di Merkel sono solo l’ultima, in ordine di tempo, pubblica dimostrazione.

L’Italia avrebbe bisogno di un nuovo De Gasperi? Forse basterebbe un nuovo Ciampi o, perché no, il vecchio Prodi a comunicare al mondo il fatto che sia un Paese solido, dalle spalle larghe e capace di uscire da situazioni peggiori di questa.

Quel che è sicuro è che non ha più bisogno di Berlusconi, se mai lo ha avuto; che il massimo che ci si possa aspettare da lui sia, se solo si decidesse a chiudere il becco, di risultare completamente irrilevante.

Un lusso, ad ogni modo, per cui nessuno, specie fuori d’Italia, è più disposto a pagare.

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