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Banche e soldi pubblici. L’alternativa all’uso di fondi pubblici esiste

Prosegue il “negoziato” tra Commissione Ue e governo italiano per salvare le nostre solidissime banche. Lo scorso 3 luglio è filtrata la possibilità che, sotto date condizioni, la Ue possa accettare ricapitalizzazioni con fondi pubblici. Le condizioni in realtà sono quelle già previste dal testo della direttiva BRRD, ma pare vengano scoperte solo ora. E così, si attende l’esito degli stress test, pubblicato a fine luglio, per sperare di attivare l’intervento, almeno su qualche nome. Almeno uno, uno su tutti, sempre quello. Eppure, se si leggessero con attenzione le norme esistenti e le premesse della loro genesi, si riuscirebbe ad intravvedere una exit strategy alternativa all’uso di soldi pubblici.

Prendete ad esempio il punto 46 delle “considerazioni” di Parlamento e Consiglio europeo contenute nella BRRD. Che recita:

«Si dovrebbe sempre vagliare l’ipotesi della liquidazione dell’ente in dissesto con procedura ordinaria di insolvenza prima di applicare strumenti di risoluzione. Un ente in dissesto dovrebbe essere mantenuto in attività mediante l’uso di strumenti di risoluzione ricorrendo, per quanto possibile, a fondi privati, attraverso la vendita o la fusione con un acquirente del settore privato o previa svalutazione delle passività dell’ente, ovvero previa conversione del debito in capitale per effettuare una ricapitalizzazione»

 

Riuscite a cogliere il senso dell’ultimo suggerimento? Aguzzate la vista, non è difficile. E senza un centesimo pubblico, pensate. Invece, pare avremo nuovi impieghi di denaro pubblico, nel supremo interesse della “stabilità”, anche se non è ben chiaro di chi, o forse lo è anche troppo. La cosa singolare è che, aprendo il cuore alla speranza di soldi pubblici nel capitale delle nostre banche, molti giornali utilizzano come premessa e preambolo giustificativo dell’intervento la situazione indotta da “condizioni di turbolenza dei mercati internazionali, causate dalla Brexit e dalle difficoltà di Deutsche Bank”. Il destino cinico, baro e tedesco si accanisce sul nostro paese.

Ma noi non abbandoniamo la speranza di riuscire a capire, nel caso italiano, dove termina la sprovvedutezza e dove inizia la malafede.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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