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Appunti di un viaggiatore, rimasto affezionato a locomotive e vagoni

Per decenni, hanno regnato, e resistito, sigle e definizioni semplici, facilmente memorizzabili finanche dai piccoli: Ferrovie dello Stato, per citare l’insieme del trasporto su rotaie e, sul piano operativo, rapidi, direttissimi, diretti e accelerati, come distinzione e orientamenti fra le varie categorie di treni.
 
Ad un certo punto, sono invece arrivati, impetuosi e apparentemente inarrestabili, gli stimoli del rinnovamento nella comunicazione, è venuto affacciandosi il termine e concetto “marketing”, con mille sfaccettature da monte a valle e da destra a manca, sono spuntate colonie, non d’infiorescenze olezzanti, bensì di sigle prima mai immaginate.
 
Così che, ora, accanto al trio di parole “Ferrovie dello Stato”, tocca raccapezzarsi intorno a R.F.I. – Rete Ferroviaria Italiana, Trenitalia, Grandi Stazioni e, quanto ai convogli, in uno scenario ancora più vasto: Eurostar, Eurostar city, Eurocity, Eurocity notte, Intercity, Intercity plus, Espressi, Interregionali, Regionali. 
Ma, in parallelo agli anzidetti cambiamenti, dal punto di vista della qualità del servizio, che evoluzione si è registrata?
 
Purtroppo, si ha la sensazione che, in buona sostanza, esclusi pochi scoppiettii sulle tratte della cosiddetta alta velocità, anziché progredire, si sia andati indietro: tempi medi di percorrenza lunghi e pesanti, ritardi frequentissimi, affollamenti costanti, asfissianti e odiosi sui convogli dei pendolari, mentre, in mezzo a tutto ciò, le condizioni di manutenzione, pulizia e igiene a bordo lasciano notevolmente a desiderare.

Per non parlare delle stazioni, spesso malridotte e circondate da erbacce e sterpaglie, laddove, un tempo, sembrava che si facesse a gara per conservare lindi e decorosi tali edifici, comprese le strutture più piccole e sperdute, molte delle quali, oggi, si presentano, al contrario, miseramente dismesse e sbarrate.
Hai voglia a sostenere che i mutamenti e le attuali precarie condizioni d’insieme non sono altro che un prezzo da pagarsi, senza sconti, in parte per via della modernità schiacciante e costosa, in parte a causa della disaffezione dei cittadini – stregati e schiavizzati da autovetture fiammanti, fuoristrada e SUV – verso i viaggi in treno. E’ una diagnosi non convincente.
 
Del resto, a prescindere da quanto sopra, se in stazioni importanti (ad esempio Brindisi, Bari, Caserta, Bolzano), lungo i marciapiedi a ridosso dei binari, campeggiano ancora le tradizionali e care fontanelle, con zampillo verso l’alto e rubinetto laterale a caduta, ma, per lo meno in parte, tristemente ridotte a minuscoli monumenti abbandonati, secche anzi riarse senza una sola goccia d’acqua, di chi è la colpa? Di tutti o di nessuno? Di sicuro, siffatta penosa condizione è un’ingrata figlia dell’incuria.
 
Sia quel che sia, se durante o alla fine di un viaggio in treno, specialmente nei periodi di afa accentuata, non si riesce neppure a dissetarsi, che genere di reazione si può avere?
 
L’auspicio dello scrivente, uno che si sente a tutt’oggi legato al vecchio treno, è ovviamente che, chi di dovere, dia un’occhiata seria e responsabile alla situazione, affrontando e risolvendo immediatamente almeno i piccoli - ma egualmente reali - problemi.

Commenti all'articolo

  • Di mabo (---.---.---.199) 11 febbraio 2009 19:20
     
    E’ la seconda volta che leggendo un tuo articolo mi sembra di cogliere una vena poetica, non comune, nella moderna stesura di un testo informativo.
     
    Premetto che non ho mai viaggiato per lavoro.
     
    Mi è sembrato di sentire Frrr….“Signori , in carrozza, si parte” e via di corsa su per la scaletta, spingendo dinnanzi la valigia sul predellino.
     
    Grazie per avermi stimolato questo sogno, anche se per molti pendolari, ormai è diventato solo un incubo.
    Grazie comunque. 
     
    Un saluto
    Mauro Bonaccorso
     

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