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Approvata la costituzione di Orbàn: un lutto per l’Ungheria e per l’Europa

In un paese che per bandiera ha il tricolore, verde, bianco e rosso, ed una piazza della propria capitale intitolata a Giuseppe Garibaldi, che tanti suoi figli seguirono da Marsala al Volturno, dopo una lunga e dolorosa agonia, oggi è morta la democrazia.

Sto parlando dell’Ungheria, dove l’ Orszaghàz (la casa della Patria, vale a dire il parlamento), in assenza dell’opposizione socialista che per protesta ha abbandonato l’aula, ha approvato a stragrande maggioranza la riforma della costituzione fermamente voluta dal capo del partito nazionalista-socialista Fidesz, l’antieuropeista Primo Ministro Viktor Orban.

L’elenco delle nuove norme è un rosario di libertà e garanzie soppresse, a cominciare dall’esautoramento della Corte Costituzionale, che da oggi potrà giudicare le modifiche alla Costituzione solo dal punto di vista formale, senza poterne sindacare i contenuti. E’ la fine del sistema di controlli che sta alla base di qualunque democrazia parlamentare; è, meglio tenerlo bene a mente, quel che in fondo sarebbe piaciuto anche ad un nostro ex presidente del Consiglio, che non ha mai nascosto la propria insofferenza nei confronti dei giudici costituzionali.

Al primo ministro ungherese (per la gioia, immagino, di chi, anche dentro la nostra politica, ha poca stima dei giornalisti), da oggi sarà pure possibile zittire la stampa, qualora venisse messa pericolo una non meglio precisata “dignità della nazione”. Per salvaguardare la stessa dignità, ai senzatetto da ora in poi sarà proibito dormire per strada, mentre, per risolvere il problema della forte emigrazione intellettuale, in un paese in preda ad una crisi tanto grave quanto quella greca, da ora in poi, con buona pace dell’Unione Europea e della libera circolazione dentro i suoi confini, i laureati e diplomati non potranno andare a lavorare all’estero per almeno dieci anni dopo la fine degli studi.

Sempre in tema di libertà di stampa, televisioni e radio private (queste ultime vere spine nel fianco del nascente regime) non potranno più ospitare dibattiti elettorali, mentre, a conferma dell’attenzione di Fidesz ai più sacri valori del bigottismo (il partito, per vergogna di questi ultimi, fa ancora parte dei Popolari Europei), il termine famiglia potrà esser legalmente applicato solo alle coppe eterosessuali legittimamente sposate.

Da ultimo, un tocco da maestro, da parte di Orbàn. Il vecchio Partito Comunista è ora definito una “organizzazione criminale”. Criminali, dunque, sono stati tutti coloro che ne furono membri (vale a dire una larga fetta della popolazione ungherese ultracinquantenne e, ovviamente, dei dirigenti del partito socialista che, come in altri paesi del vecchio blocco orientale, di quello comunista è diretto discendente); meglio che ci pensino due volte gli oppositori, da ora in poi, prima di alzare la testa: un breve processo e potrebbero ritrovarsi, per i “crimini” del passato, senza stipendio o pensione.

E l’Europa accetta una simile mostruosità? Lascia che si instauri un regime fascista nel proprio cuore? Fanno quel che possono le istituzioni comunitarie; protestano, come d’altra parte hanno fatto finora senza ottenere il minimo risultato. Lo fanno con tutta la forza di cui sono capaci, eccezionalmente in un comunicato congiunto, José Manuel Durao Barroso, presidente della Commissione europea, e Thorbjorn Jagland, il segretario generale del Consiglio d'Europa, affermando che le modifiche alla costituzione ungherese “sollevano preoccupazioni per quanto riguarda il principio del primato del Diritto”.

Viktor Orbàn, riesce a trasformare anche questo in occasione di propaganda. “E ‘assurdo pensare che possiamo prendere ordini dall’estero”, ha replicato, a beneficio dei propri sostenitori, oltre ad aver ribadito che gli ungheresi hanno da pensare “alle bollette, prima che alla Costituzione”.

Frasi già sentite, in bocca a politicanti vecchi e nuovi di un altro paese del tricolore, la cui storia è spesso corsa parallela a quella magiara. Antieuropeismo d’accatto e nazionalismo plebeo per nascondere la propria incapacità di affrontare i problemi dell’economia ed offrire alla popolazione un bersaglio contro cui sfogare il proprio rancore; gli strumenti di sempre, di tutti i populismi. Qualunque sia il nome dell’Orbàn che riesce a dare l’ultima spallata alle libertà costituzionali, di tutti i nazional-socialismi.

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