• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Tribuna Libera > Antinegazionismo palestinese

Antinegazionismo palestinese

Fra poco sarà la Giornata della Memoria. Il che fa supporre che assisteremo ad una serie di cerimonie dal vago sapore di déjà-vu, qualche incontro commovente accompagnato dalla sempre più flebile voce dei superstiti, ma anche molta retorica. E qualche convegno storico-filosofico che gira sempre intorno alla stessa domanda: perché è accaduto?

Ma ci sarà anche, prevedibilmente, una serie di tentativi (politicamente orientati) di “allargare” il ricordo ad ogni singola vittima di ogni singola strage perpetuata dall'umanità durante tutta la sua lunga storia, pur di togliere un po' di visibilità, nei modi più bizzarri, al ricordo della shoah cui la Giornata della Memoria è dedicata. Cose già viste in abbondanza negli anni passati.

A tutto ciò si affiancheranno infine le stonate voci dei negazionisti di ogni ordine e grado che non mancano mai quando si parla di sterminio degli ebrei europei.

Insomma, nulla di nuovo.

A me nel frattempo è capitato di rileggere - me n’ero completamente dimenticato, quando all’improvviso è tornata fuori da un cassetto - una vecchia intervista di Eldad Beck allo storico e politologo libanese Gilbert Achcar, pubblicata dal quotidiano israeliano Yedioth Ahronoth, nel maggio del 2010. L’originale in inglese è qui.

Il professore intervistato, uomo di sinistra, pacifista e, viste le sue origini, per nulla tenero - sia chiaro - con Israele, sostiene che la Shoah fu svalutata agli occhi del mondo arabo per l’uso politico che i governanti israeliani ne fecero accostando Yasser Arafat a Hitler e paragonando i nemici di Israele ai nazisti.

Che ciò sia accaduto è indiscutibile e che i governanti, perlopiù della destra israeliana, abbiano istericizzato l’opinione pubblica del paese ricorrendo per fini strumentali al ricordo dello sterminio nazista credo che sia altrettanto vero.

Questo non toglie che Israele fu aggredito per ben tre volte, da eserciti di stati arabi alleati, nel corso dei suoi primi trent’anni di vita. E che una vasta campagna di attacchi terroristici fu poi compiuta sul territorio metropolitano israeliano nei bar, nelle discoteche, sugli autobus, quindi a danno di civili che non venivano distinti da obiettivi militari secondo le direttive esplicite dei dirigenti di Hamas. Tanto quanto le comunità ebraiche, non israeliane, erano state ritenute obiettivi perseguibili da altre organizzazioni della resistenza palestinese (ma non di Hamas che non ha mai voluto ‘esportare’ al di fuori di Israele la strategia terroristica) nei decenni precedenti. Per non dimenticare poi i ripetuti attacchi di Hezbollah dentro e da fuori la linea verde con il Libano.

Non che Israele non abbia le sue responsabilità nel conflitto, ma credo che se l'ipotizzata “isteria” israeliana è stata sfruttata per fini politici è vero anche che essa veniva regolarmente confermata come realtà dall’attività bellicosa da parte araba.

Sul più recente pericolo iraniano - a parte il conclamato negazionismo dell'ex presidente iraniano Ahmadinejad e i numerosi dubbi circa la trasparenza sul programma atomico di Teheran - c’è invece un elemento ideologico che mi sembra più forte e significativo nelle simpatie heideggeriane del regime degli ayatollah che il filosofo Victor Farìas ha messo in evidenza già qualche anno fa. E Heidegger, forse ogni tanto è opportuno ricordarselo, era un filosofo nazista del quale potremmo leggere fra qualche mese i primi Quaderni neri, fin qui sconosciuti, proposti alle stampe dall'editrice Klostermann, in cui l'antisemitismo del filosofo tedesco pare che emerga in tutta la sua astiosa baldanza. Con buona pace di chi continua tuttora a voler distinguere il suo pensiero filosofico dalle sue simpatie politiche.

A parte tutto ciò, un aspetto di importanza non minore nell’intervista che ho ricordato all’inizio riguarda un particolare che smentisce le tesi riduzioniste e che non so quanto sia stato mai ricordato nelle polemiche antinegazioniste.

Achcar ricorda che il maggior esponente del nazionalismo palestinese (antisionista e antibritannico) dell’epoca, il Gran Mufti di Gerusalemme, Hajj Amin al-Husseini, che trascorse quasi tutto il periodo bellico ospite di Hitler a Berlino “nelle sue Memorie racconta che Himmler gli disse, nel 1943, che la Germania stava sterminando gli ebrei e ne aveva già ucciso tre milioni”.

Il massimo dirigente palestinese aveva saputo dunque, a distanza di un solo anno dalla conferenza di Wannsee dove fu deciso di risolvere con lo sterminio l’annoso “problema ebraico”, che già tre milioni di ebrei europei erano stati massacrati dai nazisti a insaputa (forse, sussistono su questo molti dubbi) dell’intero mondo non nazista.

Una notizia che ci potrebbe rivelare un Himmler in vena di confidenze con una strana voglia di vantarsi alla grande agli occhi di un insignificante rappresentante di un insignificante popolo, sovrastimando all’eccesso l’attività antisemita del regime nazista (ma vista l’enorme differenza di “peso” politico fra i due personaggi la spiegazione appare del tutto ingiustificata) o, più semplicemente, che i fatti raccontati erano la cruda verità di quanto stava accadendo.

Da notare che il Gran Muftì, pur essendo a conoscenza dei fatti, non solo non prese posizione contro lo sterminio di tre milioni di persone innocenti, e delle altre che ne avrebbero presto seguito il destino, ma che nemmeno ebbe quel minimo di sensibilità umana da informarne la Croce Rossa Internazionale. C'è al contrario da immaginare che la voce trapelasse almeno all'interno della cerchia dei maggiorenti arabi filonazisti e filofascisti. Quanto poi sia arrivato alle orecchie di più vaste platee del mondo islamico lo potremmo supporre, ma non ci è dato sapere; sappiamo invece che molti gerarchi nazisti in fuga furono accolti dopo la guerra in Egitto, Siria, Iraq. Una via di fuga parallela a quella preparata e gestita dal Vaticano in direzione dell'America latina.

Quello che però qui ci interessa è in particolare che “egli, così, conferma - conclude lo studioso libanese nell’intervista - il numero conosciuto delle vittime della Shoah”.

Non il numero complessivo destinato a crescere nell’anno e mezzo di guerra che ancora doveva svolgersi macinando carne umana a tutte le latitudini, ma abbastanza per poter affermare che la questione non si può proprio risolvere parlando di qualche migliaio di morti per stenti come fa l'inconsistente propaganda negazionista.

Una ulteriore conferma che la shoah c’è stata, è stata voluta e pianificata ed ha avuto le dimensioni che ormai gli storici hanno ben delineato. Una conferma che viene da un alto dirigente del popolo palestinese (ferocemente antisemita e antisionista), ricordata da uno storico libanese (radicalmente antisionista e antiisraeliano), non dalla propaganda di qualche oscura lobby ebraica finalizzata a usare lo sterminio per suoi reconditi fini politici o economici.

 

Nella foto: al centro il rettore Heidegger durante una manifestazione pubblica.

Commenti all'articolo

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox


Pubblicità




Pubblicità



Palmares

Pubblicità