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Amnesty chiede all’Eni di impegnarsi nella bonifica del delta del Niger

Amnesty International si sta occupando dei notevoli problemi ambientali che caratterizzano il territorio del delta del fiume Niger, in Nigeria. Questo territorio è ricco di enormi giacimenti di petrolio che da decenni generano ricavi per miliardi di dollari, a favore di poche multinazionali, mentre la maggior parte della popolazione vive in estrema povertà. Le attività estrattive di Shell, Eni e Total hanno contaminato la terra, l’acqua e l’aria mettendo a rischio la salute e il diritto a un ambiente sano, a condizioni di vita dignitose, al cibo, all’acqua pulita e a guadagnarsi da vivere attraverso il lavoro.

E secondo Amnesty le aziende citate devono al più presto bonificare tutte le zone inquinate nel delta del Niger e il governo della Nigeria deve rendere più stringente la regolamentazione dell’industria petrolifera.

Amnesty International ha, a tale proposito, realizzato un appello, rivolto all’amministratore delegato dell’Eni Paolo Scaroni, che è possibile firmare visitando il sito www.amnesty.it.

Nel testo dell’appello sono formulate precise richieste e si descrive con precisione la situazione che si sta verificando, da diversi anni ormai, nel territorio del delta del Niger.

Si legge fra l’altro nell’appello:

“Siamo seriamente preoccupati per l’impatto che le attività petrolifere di Eni stanno avendo sull’ambiente e sui diritti umani della popolazione del delta del Niger, in Nigeria.

Le fuoriuscite di petrolio dagli oleodotti gestiti da Agip continuano ad essere un fenomeno ricorrente e hanno contaminato la terra, le falde acquifere, le paludi e i fiumi dai quali le comunità traggono l’acqua per tutte le esigenze della vita quotidiana. Le conseguenze delle fuoriuscite sono inoltre talvolta aggravate dal verificarsi di incendi e da ritardi nella bonifica dei siti inquinati.

Nei siti produttivi di Agip è inoltre ancora presente il fenomeno del gas flaring a causa del quale gli abitanti sono costretti a vivere con una polvere nera che si deposita sulle case, sui vestiti e sugli alimenti e in molti lamentano problemi di salute, per effetto degli agenti nocivi e cancerogeni sprigionati da tali torce. La qualità di vita viene inoltre compromessa dal rumore delle torce di gas nonché dall’odore acre e dall’illuminazione che esse producono nell’area circostante ventiquattr’ore su ventiquattro.

Sebbene l’Eni dichiari da anni di essere impegnata nella realizzazione di iniziative volte a una riduzione del fenomeno del gas flaring, anche attraverso l’utilizzo del gas associato all’estrazione petrolifera per la produzione di energia elettrica, annunciando ripetutamente l’obiettivo di diventare la prima compagnia petrolifera a porre termine a tale pratica in Nigeria, presso gli impianti di Agip il fenomeno del gas flaring è tuttora una realtà.

Inoltre, sebbene Eni affermi di essere impegnata a contribuire a mitigare le grandi diseguaglianze in termini di accesso all’energia elettrica nei paesi in cui opera, diverse comunità del delta del Niger residenti in prossimità dei suoi stabilimenti estrattivi e produttivi continuano a lamentare il fatto di non disporre di elettricità…

Per questi motivi, Le chiediamo di dichiarare pubblicamente l’impegno di Eni a intraprendere una revisione dell’impatto di tutti i progetti relativi al petrolio e al gas sui diritti umani, assicurando una piena consultazione e un’adeguata informazione alle comunità colpite e rendendone pubblici i risultati.

Le chiediamo di assicurare che Eni intraprenda una bonifica di tutte le zone inquinate consultando le comunità locali, le autorità di monitoraggio e rendendo note le informazioni con regolarità.

La sollecitiamo inoltre a rendere pubblici i rapporti d’indagine e i dati di ogni fuoriuscita di petrolio che avviene nelle aree in cui opera.

Relativamente alla pratica illegale del gas flaring, tuttora attiva in alcuni degli impianti di Eni, Le chiediamo urgentemente che l’azienda vi ponga fine…”.

A me sembra che il comportamento dell’Eni nel territorio del delta del Niger sia inaccettabile. Condivido tutte le richieste contenute nell’appello, che invito a firmare. Ritengo comunque che vi debba essere anche una presa di posizione precisa da parte del governo (vorrei ricordare che l’Eni è una società di cui lo Stato è l’azionista di maggioranza) che recepisca le richieste di Amnesty International e nell’ambito della quale si proponga all’Eni di accoglierle. Il governo lo può fare, anzi lo deve fare.

Credits Foto: Amnesty International

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