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Alternanza Scuola-Lavoro all’Unindustria di Bologna

Il 4 aprile 2016 a Bologna si è svolto l’incontro di avvio attività del Club dell’Alternanza, l’insieme delle 49 aziende bolognesi che hanno aderito all’omonima iniziativa di Unindustria Bologna. L’iniziativa recepisce l’introduzione obbligatoria dell’alternanza scuola-lavoro, secondo la legge 107/2015 nota anche come la “Buona Scuola” che prevede, per gli ultimi tre anni di scuola superiore, un totale di 400 ore obbligatorie di alternanza per gli Istituti Tecnici e Professionali e di 200 ore per i licei. Gli studenti saranno accompagnati in un progetto triennale, seguiti dal terzo al quinto anno da un’azienda. L’Italia è in ritardo, come capita spesso purtroppo, su questo fronte: in Germania e Francia questo tipo di attività arriva da anni al livello universitario, comunque meglio tardi che mai ovviamente.

Il club dell’alternanza di Unindustria Bologna si è concentrato, viste le caratteristiche del tessuto industriale della Regione Emilia Romagna, principalmente su Istituti Tecnici. Più in dettaglio, il modello proposto dal Club dell’Alternanza bolognese prevede di suddividere le 400 ore in 120 ore al terzo anno per capire cosa sia un’impresa, come funzioni e per sviluppare competenze trasversali, 200 al quarto per approfondire e applicare in azienda le conoscenze scolastiche mettendosi al lavoro in un vero ambiente lavorativo, e 80 al quinto per la preparazione del progetto/prototipo finale.

Già nella seconda e terza settimana di aprile sono partite le prime attività del Club per le classi terze, le uniche coinvolte in questo primo anno di attività per un totale di circa 350 studenti (saranno circa 1.000 già dal prossimo anno): i ragazzi hanno incontrato in classe alcuni manager che hanno spiegato loro come funzioni e come sia organizzata un’azienda, oltre che illustrato i ruoli aziendali. Sono, inoltre, state pianificate visite dei ragazzi presso alcune imprese per i prossimi giorni. Nelle successive settimane, in ulteriori incontri, sarà spiegato ai ragazzi come si pianificano le attività di un’impresa e come si passa da un’idea di business a un prototipo. Queste prime attività si concretizzeranno nel progetto, da parte dei ragazzi supportati dai docenti delle scuole e dai manager aziendali, di un’idea di business e nella realizzazione di veri e propri prototipi.

I benefici dell’alternanza scuola lavoro saranno ben presto evidenti: gli studenti entreranno istituzionalmente in contatto con le imprese prima del diploma, arrivando al lavoro o scegliendo di proseguire gli studi in modo più consapevole; le imprese, d’altro canto, potranno valutare i profili degli studenti, le loro capacità pratiche nell’ambiente di lavoro e le loro creazioni progettuali potendo scegliere se avviare, subito dopo il diploma, una collaborazione lavorativa.

L’atmosfera dell’incontro del 4 aprile è stata molto positiva, si respirava eccitazione per questa iniziativa evidentemente da tempo attesa e cui l’adesione delle imprese è stata entusiastica. Speriamo che tutte le province italiane possano muoversi con tanta solerzia.

La disoccupazione giovanile è una piaga europea ma soprattutto greca, spagnola e italiana. L’alternanza scuola-lavoro aiuterà certamente l’inserimento dei giovani nelle imprese, aumenterà la produttività media e il grado di coordinamento tra scuola e mondo del lavoro, chiavi di volta per un balzo in avanti del nostro sistema paese.

Ci poniamo adesso due primi interrogativi, uno preoccupato e uno speranzoso:

1 – come faranno le regioni a scarsa presenza industriale a soddisfare i requisiti della legge?

2 – a quando l’estensione di quest’alternanza, in modo obbligatorio e più esteso nel tempo, alle Università? Da troppo tempo molte di esse riescono a preparare gli studenti a diventare prevalentemente ricercatori (cioè a emigrare, vista la scarsità e l’esiguità di finanziamenti stabili alla ricerca in Italia), senza riuscire a prepararli a svolgere un’attività lavorativa, per dare loro la possibilità di scegliere il loro futuro in modo realmente libero. Questo problema riguarda anche le Scuole di Economia e Ingegneria.

In termini più ampi, concludiamo con questa riflessione. Tanto si è già fatto e tanto si farà per creare modelli organizzativi in grado di inserire e gestire giovani talenti nello sviluppo dei piani aziendali. Tuttavia, per creare valore e vantaggio strategico sfruttando l’evolversi dei tessuti industriali e sociali, serve una comprensione molto ampia e, in particolare, non limitata alla singola direttiva o legge.

Questo ci porta a tre ulteriori considerazioni:

3 – non sarebbe importante diffondere su territorio una maggiore comprensione di come le scelte economiche e politiche (come la “Buona Scuola”) impattano sulle traiettorie strategiche delle imprese e come queste politiche possono stimolare la creazione di vantaggio competitivo e leadership industriale? Crediamo di sì;

4 – sarebbe a nostro giudizio vantaggioso integrare le classiche dimensioni dei piani industriali (mercato, produzione e bilancio preventivo) con strumenti di gestione degli impatti politici ed economici del punto 3. Ciò abiliterebbe la comprensione di sistemi più ampi e complessi dove gli stakeholder (termine inteso qui in senso ampio – scuole, governo, regioni, imprese concorrenti, famiglie, enti, banche e così via) creano una “rete di nodi” in cui ogni nodo influenza gli altri e, nel loro insieme, tutti influenzano la strategia;

5 – in un tale sistema crediamo che la Corporate Social Responsibility giocherà un ruolo fondamentale. Quanto è diffusa la comprensione e la conoscenza di questa disciplina in Italia? Non sarebbe il caso di informare e formare il management italiano su questi temi?

Ecco i nomi delle 49 imprese coinvolte nel Club dell’Alternanza di Bologna: Alfacod, Automobili Lamborghini, Bonfiglioli Riduttori, Costruzione Emiliana Ingranaggi, Calzoni, Carpigiani-Ali, Cesab Carrelli Elevatori, Cineca, Cup 2000, Datalogic, Ducati Motor Holding, Galletti, GEA Refrigeration, Giorgio Fanti, Gruppo Ciemme, Iconsulting, Industria Italiana Autobus, Manz Italy, Marchesini Group, Marconigomma, Marposs, Marzocchi Pompe, Meccanica Sarti, Mec-Track, Metalcastello, MG2, Minerva Omega Group, Net Service, Nimax, Noemalife, NSI Nier Soluzioni Informatiche, Nuova Rivetteria Bolognese, O.M.T. Officina Meccanica Tartarini, Officine Maccaferri, OL3 Solutions, Pelliconi & C., Philip Morris Manufacturing & Technology Bologna, Poggipolini, Pulsar, Samputensili Cutting Tools, Samputensili Machine Tools, Sherwin-Williams Italy, Simex, Site, TAS, Tper, TT Tecnosistemi, Wayel e Yoox Net-A-Porter Group.


L’articolo è stato scritto a quattro mani grazie all’aiuto di: Stefano Rabacchi

Stefano Rabacchi, Project Manager, Product Manager e Consulente di Business Development con forte attenzione alle piccole e medie industrie in fase di sviluppo e strutturazione. Formatore in ambito di Project e Program Management nonché del modello Quality Fuction Deployment per lo sviluppo del business, la definizione del pricing e la costificazione di prodotto. Ingegnere Gestionale (Laurea Magistrale, 2006), Master of Business Administration (2014), corso per la certificazione PMP (2013). Interessi professionali e di studio attuali: Business Planning, Sviluppo Territoriale, Corporate Social Responsibility e Stakeholder Management, con l’obiettivo di integrarne comportamento, relazioni e sviluppo.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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