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Agrigento: beni culturali e legalità

Inizio subito col dire che occorre accostare il concetto di rispetto della legalità, nella tutela dei beni culturali, a quello di rispetto del bene comune, nella tutela delle risorse immateriali.

Faccio questa riflessione perché osservando la nostra regione, con gli occhi di una donna che da trent’anni è impegnata in politica e nel sociale, mi si ripropone l’eterno dilemma se questa isola antichissima e dalle nobili origini deve rassegnarsi ad essere luogo tipico da basso impero o candidarsi a centro moderno nel cuore del Mediterraneo.
 
Una risposta, apparentemente incontrovertibile, a questo dilemma, arriva dalle numerose statistiche che da altrettanto tempo ci posizionano in coda a diverse classifiche ma un primo posto per mafia attribuito dal CENSIS.
 
Passerei, quindi, dalla condizione del “mi vergogno” ad una fase di ottimistica costruzione. La costruzione di un percorso di lavoro ed un processo di miglioramento costante, ma, soprattutto, il suo successo, così come la sua continuità, dipende dal grado di partecipazione e di condivisione della comunità locale, a tutti i suoi livelli e in tutte le forme presenti.
 
E’ un processo che può partire anche subito con azioni concrete, ma richiede la capacità di cambiare il tipo di sviluppo da progettare perché sono cambiate le prospettive, e quindi va cambiato principalmente l’approccio culturale.
 
Cominciando dal binomio legalità e sviluppo che bisogna inquadrare nella maniera più corretta, adottando una terapia a base di solidarietà, ricerca del bene comune e lotta all’indifferenza, facendo riferimento all’impegno prioritario delle agenzie educative e della scuola in particolare.
 
Il messaggio fondamentale che va proposto riguarda la capacità di vedere la legge come un bene collettivo, in un contesto che registra un alto tasso di criminalità, d’inosservanza delle leggi e, come se non bastasse, uno dei punti più bassi di partecipazione politica.
 
Educare alla legalità è dunque anche un’occasione specifica per una verifica operativa di un processo formativo che è destinato a creare, in tutti cittadini, una forte cultura civile e ad inserire nel circuito democratico persone sempre più coscienti dell’importanza che rivestono la correttezza dei rapporti giuridici, la salvaguardia dei diritti individuali, il rifiuto di qualsiasi forma di contiguità tra società del diritto e società della sopraffazione.
 
Ma la lotta per affermare la legalità e lo sviluppo si conduce soprattutto con comportamenti coerenti e con azioni concrete che diano il segno di un processo virtuoso che è possibile avviare, puntando su un largo consenso. In questo senso il primato della legalità nella tutela dei beni culturali non è solo un modo per rispettare la memoria storica di un popolo ma anche la difesa di una risorsa economica e della stessa identità di un territorio.
 
Lo sbocco professionale per un numero crescente di persone, in questo settore, per creare attività economicamente sane necessita non solo però di capacità personali, di impegno, di idee e di risorse economiche, quanto piuttosto di una cultura delle legalità che diventa precondizione per valorizzare gli asset culturali. Su questo versante gli enti locali si devono spendere con il massimo impegno, individuando quelle strade che possono promuovere e sviluppare azioni formative, assieme alle associazioni degli imprenditori, alle articolazioni istituzionali e ad altri soggetti che operano in questo ambito, in relazione alle specifiche istanze territoriali.

 
Questa strategia sarà funzionale a promuovere la comunicazione con le facoltà universitarie presenti sul territorio, a raccordarsi con il sistema produttivo, a coordinare le iniziative e a predisporre la definizione delle azioni congiunte.

In questa cornice si potranno sviluppare alcune azioni specifiche che si possano inquadrare nelle pratiche per una buona amministrazione, capace di aiutare lo sviluppo dell’ economia del territorio guardando ad una progettualità più ambiziosa e non per questo meno concreta o efficace.
 
Non a caso nella mia città Naro, avevamo scelto come metafora della rinascita, soprattutto dopo l’evento franoso del 2005, la difesa di un simbolo culturale come l’antico Duomo. Azioni indispensabili per cercare di capire se in quest’ambito si è passati veramente dal government alla governance, cioè al coinvolgimento di tutti gli attori, istituzionali, economici, sociali verso un comune obiettivo di sviluppo.
 
Azioni che servono non solo a premiare le buone idee, ma anche la capacità di portare a termine un progetto, andando a verificare sul campo i risultati. Azioni che si servono di un lavoro di rete che deve portare alla creazione di un circolo di qualità dove istituzioni pubbliche e soggetti privati possono scambiarsi e far circolare soluzioni e idee. Azioni che contribuiscono a diversificare la tipologia delle leve attivate per governare e indirizzare la crescita dei sistemi locali, ma tenendo, al centro, una comune visione dello sviluppo attraverso la creazione di solide forme di alleanze e partnership con le forze vitali del territorio: soggetti economici, associazionismo, istituzioni.
 
E’ dalla cooperazione che nascono i migliori esempi di promozione delle economie locali ed è attraverso questa metodologia che i giovani si devono accreditare come attori che accrescono il valore di un territorio non solo in termini economici, ma soprattutto culturali.
 
Ma dietro le parole, come si costruisce un nuovo patto sociale che tenga conto del fatto che stiamo transitando, obbligatoriamente, dalla cultura delle garanzie a quella delle opportunità?
 
Attraverso un recupero della politica e del suo irrinunciabile apporto alla costruzione del futuro. Una politica che non può più ignorare quelle domande di senso che provengono, sempre più numerose, dalla collettività. Ansie ed incertezze che investono i destini esistenziali, la qualità della vita, la stessa condizione umana.
 
Su questo versante esiste oggi la necessità di restituire un’anima alla politica per dare un senso più alto alla vita pubblica. Rispetto a questi problemi l’arena pubblica non può rimanere indifferente, anche perchè si coglie un umore diffuso che reclama alla politica maggiore eticità e più attenzione ai bisogni spirituali dell’individuo, in un momento nel quale i nuovi indirizzi tendono a ridurre la protezione sociale.
 
In conclusione vorrei sottolineare come per un cammino di riscatto occorrono: una strategia di sviluppo; la capacità di coniugare la legalità con un progetto culturale condiviso e la coerenza nel testimoniare quei valori che si richiamano.
 
Se riusciremo ad accreditare il linguaggio della legalità nella tutela dei beni culturali, con convinzione, il patrimonio di cui dispone Agrigento, la Sicilia è tale da farne non solo il nord del Mediterraneo, ma anche il cuore dell’Europa.
 

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