• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Attualità > Cultura > Addio alla patria

Addio alla patria

Sfogliando un vecchio libro di storia riguardante l’era delle rivoluzioni settecentesche ho scovato un frammento di una poesia scritta da un Repubblicano poco prima di essere condannato a morte: sono i giorni immediatamente successivi al crollo della Repubblica Napoletana nel 1799. Non si conosce purtroppo l’identità dell’autore di questi versi. Nell’esporli non v’è alcuna pretesa, se non il semplice gusto di leggerli e di comprendere il pensiero che animava gli uomini fautori della Rivoluzione Francese durante la fine del ’700, magari confrontandolo con piglio (decisamente) critico con quello che invece anima noi e i nostri attuali governanti.

Cara, de’ voti miei unic’oggetto,
Patria, bersaglio dell’iniqua sorte,
In questo di mia vita estremo istante
Gli ultimi sensi del mio spirto accogli,
Che al tuo ben, al tu’onor son tutt’intenti.

Sii tu felice, o Patria, e ’1 cor mio
Del duol, che lo tormenta, il rio veleno
Con piacer gusterà. Gustai la vita;
Poco temo la morte. É sol per voi
Sol è pel vostr’orribile destino,
O miseri Francesi, che a torrenti
Piovonmi amare lagrime dagli occhi.
Voi respirate; e imprigionato, e stretto
Tra pesanti catene il piè traete?
Voi parlate di patria; e le sue grida,
I pianti suoi son tutti al vento sparsi?
Ella soffre, ella geme; e ’1 braccio iniquo,
Che le trapassa atrocemente il seno,
Si venera da voi, da voi s’adora!

Sotto un giogo crudel 1’anime oppresse
Perdon ogni vigor; s’estingue in loro
Di quel maschio pensar l’ardente face,
Che la virtù Repubblicana accende:
Un freddo gelo i cuor restringe, e sono
Affraliti, abbattuti i spirti alteri:
Da stupido Egoismo intormentito
Il coraggio sen giace: ogni sembiante
Per un tetro spavento impallidisce:
Tra gemiti secreti il duol s’asconde;
E dello sfogo l’innocente afflitto
Delle lagrime sue lasso! si priva:
Ogni vil piè la probità calpesta,
E la Giustizia, e delle Leggi il dritto


Innanzi all’Empietà vittima cade.
Sol il Delitto ognor trionfa, e intanto
Geme tra duri ferri il popol mesto...
Ah! sorgi alfin, o popol mesto, infrangi
L’ingiusti ceppi, e l’Universo intero
Farà gli applausi risuonar d’intorno
Pe’ generosi tuoi sforzi sublimi,
Onde l’alma Virtù sia vendicata,
E del Delitto rovesciato il trono.

Io manco... io muojo... ma fin alla tomba
Una dolce speranza ancor mi segue.
Innanzi agli occhi miei spuntar io veggio
Un novello avvenir; veggio nel niente
Le fazioni piombar; la Patria, il Giusto,
Le Virtù ripigliar de i cuor le chiavi.
Morti i tiranni, e i perfidi distrutti,
Già nasce del mio suol nell’orizzonte
Della Felicità la bell’Aurora.
Della sacra sua causa i gloriosi
Martiri io sento celebrar, e leggo
Han conquistato delle leggi il regno:
Il popol trionfante ormai si gode
Delle conquiste lor, la Gloria augusta
Lor cinge il crin di sempreverdi allori;
Ed il su’olivo la ridente Pace
Fa coltivar con franca man ne’ campi,
Colla promessa di sicura sorte.

O santa Libertà, tu sorgi alfine
Dalle ceneri tue, e nell’abisso
Piombar tu vedi i fieri tuoi nemici,
I pregiudizj, i re, li vizj, i mali.
Mira, la Francia è in piè stabile, e ferma
E i tiranni ove son? tutti spariro.

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox







Palmares