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ACAB: un film che racconta la celere

Dal romanzo di Carlo Bonini edito da Einaudi il film del regista Stefano Sollima: ACAB All cops are bastard. Lente d’ingrandimento sulla storia del reparto mobile della polizia italiana, ambientato nella stessa Roma di «Romanzo Criminale». Stefano Sollima punta la cinepresa su un argomento sottile e dalla interpretazione ambigua, che apre tematiche differenti e tratta un sottile, ma profondo problema della realtà italiana contemporanea.

I protagonisti di questa storia sono quattro poliziotti Cobra, Negro e Mazinga veterani del mestiere, agenti che hanno attraversato la cronaca del G8 di Genova e che da anni assistono ai fatti della cronaca nera in una città grande come Roma, e Spina, neo-poliziotto della celere. Nel corso del film si susseguono vicende legate al servizio di ordine pubblico e la vita privata degli stessi poliziotti; di ognuno dei quali viene raccontata il volto meno noto delle cronache, il rapporto con la loro storia personale, tra le mure domestiche e la loro vita fuori le centrali e le caserme.

La cinepresa si aggira in una Roma oscura, lontana dai monumenti in cartolina, per raccontare le periferie isolate e le baraccopoli dei rom, i villaggi di prostitute ed extracomunitari, fino al parco di quartiere occupato da stranieri molesti e ubriachi; si racconta la storia di una Roma abusiva, quella dei circondariali quartieri popolari, in cui le case sono occupate illecitamente da gruppi di cittadini irregolari e senza un lavoro. Il gruppo degli ACAB è però quello del servizio d’ordine negli stadi, tra i tifosi – rivoltosi – che attaccano e lottano in una guerriglia urbana sgregolata.



La pellicola si muove tra la cronaca quotidiana di fatti come quelli di Filippo Raciti e Gabriele Sandri, e tra quella cronaca nera, sempre uguale nella sua macabra sceneggiatura, di stupri e delitti. Acab racconta il punto di vista inosservato dall’opinione pubblica nei fatti quotidinani, i poliziotti del film sono gli stessi che sono accusati di essere i violenti, sono il capro espiatorio necessario per le soluzioni facili nei fatti di cronaca. I poliziotti della celere sono i più esposti al fenomeno delle violenze, lo sono stati da sempre nel corso della soppressione e del controllo delle manifestazioni. In questa storia i poliziotti sembrano essere gli eroi, tuttavia assieme ai protagonisti di eventi di cronaca noti alla contemporaneità, rappresentano la faccia di una stessa medaglia, quella di uno Stato privo di fondamenta.

I giovani (tifosi, anarchici ecc.), co-protagonisti nella storia, sono sempre spesso quelli assuefatti da luoghi comuni riguardo una becera politica e dalla retorica attorno il servizio dell’ordine pubblico di accusati e accusatori - «servi di Stato», sono appellati i poliziotti incaricati di mantenere l’ordine – sono i violenti degli stadi che si organizzano in tifoserie senza capi e regole con il solo obiettivo di riversare violenze represse, sempre di più esempi di frustrazioni e ignoranza, nonché di mancanza del senso civico e di Stato. anarchici regrediti all’idea di uno Stato inesistente e anticonformista, basato su congetture prive di storia e concretezza, attori di violenza gratuità e agitatori di lotte urbane.

Cobra, Negro e Mazinga, sono anche l’esempio della polizia autonoma e dell’abuso professionale, con il loro rango di fratellanza con le loro coperture e alleanze contro una inefficienza della polizia stessa, sono gli attori di violenze ingiustificate dalla moralità, tuttavia anche in loro c’è un senso di Stato che si manifesta con istinto e senza razionalità e secondo una logica moralmente sbagliata. Dunque i poliziotti che vogliono ripulire dall’illegalità i quartieri abusivi di Roma, per riconsegnarli ai rispettivi assegnatari, i poliziotti che si vendicano delle guerrieglie giovanili negli stadi, non sono da imitare, ma da comprendere, sono il barlume che deve aprire alla comprensione che c’è un problema maggiore legato alla violenza e alla sgregolatezza, c’è una mancanza dello Stato che si è perso nei meandri dei giochi di potere, nelle ostinate lotte per il posto di comando a discapito dell’efficienza dello Stato stesso, che dovrebbe tutelare l’ordine ed evitare l’ignoranza dilagante attorno al senso civico e all’anarchia popolare, altrimenti accusati e accusatori un giorno si renderanno conto che è meglio unirsi per affrontare chi in realtà li istiga a porsi uno contro l’altro.

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