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 Home page > Tribuna Libera > A che punto è l’Italia?

A che punto è l’Italia?

Italia. La situazione generale non è facile. Anzi: è particolarmente intricata ed arzigogolata. Abbiamo alla maggioranza di governo un Partito che recrimina la secessione e non fa segreto di sbeffeggiare chiunque si proclami semplicemente “italiano”. Come diavolo sia possibile questa cosa, rientra nei misteri italiani senza risposta nè soluzione. Governa chi – addirittura – in alcuni casi ha gesti plateali contro gli italiani e la nazione italiana. Un controsenso terribile. Accettato da tutti, tutto sommato.
 
Visto che la Lega al governo era, è e rimarrà, fino a nuovo ordine. Sta di fatto che, il partito secessionista per eccellenza, dall’Italia di cui non vuol far parte (...) ha ottenuto seggi, poltrone, voti. E si vede versare puntualmente generosi stipendi per ogni componente politico leghista. Soldi che provengono da quella “Roma ladrona” tanto vituperata. Valli a capire ‘sti leghisti.

La crisi economica che prima “non c’era” – almeno a detta della solita maggioranza di governo –, poi c’era ma “controllata e non grave”, poi c’è e gravissima... Un modo, aberrante, per dissestare del tutto equilibri interni e comprensione degli accadimenti da parte dei cittadini.

Le guerre in atto cui stiamo partecipando: vicino e medio oriente, cui siamo amici/nemici a seconda dei casi e deglio accadimenti. Centinaia di milioni ogni anno, vengono spesi dall’Italia per le misisoni di “pace”. E di “democratizzazione” di nazioni vicine territorialmente ma lontanissime in merito a tradizioni, religione e cultura. Guerre che non ci appartengono, ma che abbiamo abbracciato per “amicizia” con gli Stati Uniti. Belligeranti ormai da anni per scopi che vanno dall’approvigionamento dell’energia al consolidamento del potere mondiale.

Altro giro: la democrazia in Italia è latitante. Ci vantiamo di “esportarla” dove nessuno la vorrebbe tal quale la nostra. Poi noi cittadini Italiani, che dovremmo essere coloro che partecipando attivamente alle sorti ed alle decisioni per il Paese, verifichiamo continuamente che Democrazia non sia solo una parola senza contenuti, non facciamo assolutamente nulla affinchè esita realmente uno Stato democratico italiano.

Ed in ultimo, ma non per finire, l’enorme ed ingiustificato potere che abbiamo elargito nelle mani di un migliaio fra politici di vario geenere, delegandoli in todo a gestire la nazione e di conseguenza le nostre vite. Nel bene e nel male.

In conclusione, cos’è l’Italia di oggi?

Una nazione allo sbando totale. Vuoi per una politica sempre più distante dalle necessità nazionali reali che invece sembra lavorare alacremente per consentiere a se stessa poteri sempre maggiori. Vuoi perché da sempre o quasi, il cittadino medio italiano non partecipa più di tanto – assurdo ma vero – a tutto ciò che fa parte della nazione e quindi, della propria esistenza. Modello del tutto sbagliato di un vivere sempre lontani dalla realtà bruciante che eppure a tutti appartiene.

Vuoi anche perché, delegando di volta in volta, di governo in governo tutte le attività istituzionali a persone che hanno operato solo a vantaggi personali ed individuali, ecco che ci ritroviamo tutti – forse politici compresi – nel fondo di un pozzo melmoso ed appiccicaticcio. Derisi dal resto del mondo per questioni che nulla hanno a che fare con la nazione in sé. Percossi quotidianamente da diatribe senza fine e senza costrutto. Annientati dalla totale mancanza di attività politica reale e vissuta sul territorio.

Come uscirne?

La soluzione, da sempre, è a portata di mano. Forse talmente tanto, che nessuno ci pensa.

I cittadini – in massa – devono tornare innanzitutto a poter decidere a chi dare delega di gestione della nazione. E per questa questione, possiamo sperare in cambiamenti sostanziali dell’attuale legge elettorale, visti i risultati sorprendenti della raccolta firme appena conclusa.

Ma poi, dopo aver eventualmente potuto scegliere i propri rappresentanti all’interno delle istituzioni, tutti i cittadini devono operare continue verifiche sia per ciò che riguarda il lavoro legislativo, sia – e credo sia un punto fondamentale – sia per ciò che riguarda l’operato globale di ogni singolo personaggio politico.

Tutto questo riporterà ad una nuova presa di coscienza e partecipazione dell’opinione pubblica, latente anch’essa da troppo tempo, che decreterà il successo o il fallimento del lavoro del mondo politico verso la nazione. Che deve tornare ad essere il principio prioritario ed unico di chiunque si avvalga della professione di politico.

In caso contrario: tutti a casa. Senza possibilità di ritorno.
 
Un vecchio detto recitava “Chi sbaglia paga. O chi rompe, paga”. Ricordiamocene da oggi e per il futuro.

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