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50 miliardi come incentivo per lo sviluppo e la ripresa delle imprese

Crediti alle imprese ed energie rinnovabili. Idee per la ripresa.

Il governo ha deciso di mettere in movimento circa 40 miliardi, nei prossimi due anni, per pagare debiti con le aziende. A giugno, poi, scade il termine per gli incentivi nel campo delle energie rinnovabili, che ammontano a circa 10 miliardi. Due aspetti di un unico problema: come concentrare risorse per accelerare la ripresa.

È ovvio che un'immissione di liquidità agevolerebbe il sistema delle imprese, rimettendo in moto meccanismi di cassa che allevierebbero i morsi della crisi. Ma il punto riguarda l'accelerazione: come si riesce a concentrare gli investimenti produttivi? Il pagamento dei crediti è una forma ma rischia, se rimane isolata, di disperdere le risorse e diluire gli sforzi.

Se invece si collegasse la fase del pagamento dei crediti, che comunque appare cadenzata in due anni, per cui richiederebbe comunque un programma di priorità, e l'imminente scadenza dei contributi per il fotovoltaico. L'idea, infatti, sarebbe di considerare l'intera partita del rinnovamento energetico la priorità delle priorità.

Questo significherebbe, innanzitutto, mettere i comuni in condizione di saldare i debiti ed eventualmente avviare ulteriori iniziative nel settore dell'efficientamento energetico e della riorganizzazione dei sistemi locali di produzione.

In questa prospettiva il rinnovo degli incentivi potrebbe essere affrontato non con la solita generiade di lamentele e di recriminazioni dalle varie parti del sistema, ma come una strategia ancorata direttamente alla ripresa della spinta economica sul territorio.

In sostanza pensiamo ad una serie di misure che intreccino operazioni di cassa e sblocco di procedure per dare una vera spinta al processo di trasformazione urbana del sistema di produzione energetico. Il trasferimento dei centri di produzione dalle aree verdi a quelle metropolitane dovrebbe infatti essere guidato proprio da questa logica incentrata sui comuni. Il tema sarebbe, come strumento di governo e di spesa al tempo stesso, il piano regolatore del calore.

Si tratterebbe di una nuova soluzione che metterebbe i comuni al centro della transizione dalle energie fossili a quelle rinnovabili, dando trasparenza e garanzie sia dal punto di vista normativo che da quello economico.

Premessa dovrebbe essere una sorta di conferenza nazionale promossa da Anci e Ministero della coesione sociale di Fabrizio Barca per elaborare le linee operative del progetto. Contemporaneamente Regioni e comuni dovrebbe aprire veri cantieri energetici per adeguare procedure e norme alla grande transizione.

In regioni come la Puglia e la Campania dovrebbero essere bonificate le giungle normative che stanno ancora impedendo il completamento di ingenti investimenti. Una chiarificazione che dovrebbe coinvolgere direttamente anche l'aspetto giudiziario, visto che l'interpretazione punitiva di interventi imprenditoriali sta costando caro all'intero sistema economico con sequestri e procedimenti che coinvolgono rilevanti realtà industriali.

Stiamo parlando di una leva di grande rilievo e capacità che avrebbe un effetto moltiplicatore sull'intero quadro economico. Inoltre lavorando su un'integrazione di azioni finanziarie, come il saldo dei debiti e l'ottimizzazione dei contributi per le rinnovabili, sarebbe possibile anche realizzare virtuose economie di scala.

 

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